Accade sovente di notare l'esistenza di pluviali per lo scarico delle acque provenienti dal lastrico solare condominiale e cadenti su terrazzi a livello.
Come affrontare la questione?
In che modo si qualifica lo scolo delle acque meteoriche così descritto?
Lo stato dei luoghi, così esistente fin dalla costruzione dell'edificio è modificabile? Se sì, su iniziativa di chi?
L'approfondimento sull'argomento ci viene suggerito da un nostro lettore, che ci scrive: «Lungo la facciata dell'edificio in condominio nel quale vivono scorrono dei pluviali che convogliano le acque meteoriche provenienti dal lastrico solare condominiale sulle terrazze a livello dei proprietari delle abitazioni ubicate al primo piano. Io sono tra questi proprietari e, faccio notare, la situazione è questa fin dalla costruzione del palazzo.
Lo scolo delle acque, vista la conformazione dello stato dei luoghi, specie nel caso di piogge di forte intensità, fa sì che i terrazzi siano soggetti ad allagamento; ciò oltre che causare danni, contribuisce in modo determinante al più veloce logorio del piano di calpestio e dell'impermeabilizzazione dei terrazzi medesimi.
Che cosa si può e che cosa si deve fare?»
Innanzitutto è bene inquadrare la fattispecie concreta in una norma di legge. Sussunzione sotto una norma, si dice in gergo.
Lo scarico dell'acqua tramite dei pluviali può essere inquadrato nell'ambito delle servitù.
Scarico delle acque, si tratta di una servitù
Ai sensi dell'art. 1027 c.c. la servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario.
I due fondi prendono rispettivamente il nome di:
- servente, quello che è gravato dalla servitù;
- dominante, quello a favore del quale la servitù esiste.
Si badi: si tratta di servitù prediale in quanto essa ha stretta connessione con predio, cioè con fondo e solo di riflesso col suo proprietario. Ciò fa sì che il diritto così descritto circoli assieme all'immobile a favore della quale è stabilita e contro quella che è gravata, ove trascritta, ovvero ove presente per destinazione del padre di famiglia, senza necessità di specifica menzione nell'atto.
Più nello specifico si tratta di una servitù di stillicidio, ossia del diritto per il proprietario del fondo dominante di far scolare le acque su quello servente. L'utilità è rappresentata proprio dallo scolo e quindi dalla possibilità di eliminare in questo modo le acque in eccesso.
Esattamente, si tratta di una servitù di stillicidio costituita per destinazione del padre di famiglia; anche sul punto vale la pena ricordare che:
«La destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta, mediante qualunque genere di prova, che due fondi, attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario, e che questi ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù.»
Se i due fondi cessarono di appartenere allo stesso proprietario, senza alcuna disposizione relativa alla servitù, questa s'intende stabilita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati (art. 1062 c.c.).
Stillicidio delle acque piovane, manutenzione ed eliminazione
Nel caso di specie la destinazione del padre di famiglia è data dal fatto che il palazzo era così fin dall'origine (pluviali inclusi) e che quindi l'originario unico proprietario l'aveva lasciato in quel modo al momento della prima cessione e quindi della costituzione del condominio.
In questo contesto fattuale e giuridico, per riprendere le domande iniziali che cosa si può fare, che cosa si deve fare e chi deve farlo?
Il proprietario del fondo servente non deve fare nulla per consentire l'esercizio della servitù (così detto principio servitus in facere consistere nequit).
Al contrario spettano al proprietario del fondo dominante (nel caso di specie il condominio) tutte le opere necessarie per conservare la servitù. Ciò è stabilito da un preciso articolo di legge, vale a dire l'art. 1069 c.c.
Queste ultime si sostanziano in tutti quegli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria che l'esercizio della servitù rende necessari per continuare ad utilizzarla.
D'altra parte non si può arrivare all'assurdo che la servitù distrugga il fondo servente.
Nessuna eccezione, cioè nessuna possibilità, per il proprietario del fondo servente di ottenere un alleggerimento della propria posizione, o meglio della posizione del proprio fondo? Non propriamente.
Recita l'art. 1068, secondo comma, c.c. «tuttavia, se l'originario esercizio è divenuto più gravoso per il fondo servente o se impedisce di fare lavori, riparazioni o miglioramenti, il proprietario del fondo servente può offrire al proprietario dell'altro fondo un luogo egualmente comodo per l'esercizio dei suoi diritti, e questi non può ricusarlo».
Detta diversamente: se si è in grado di dimostrare che la servitù di stillicidio è divenuta gravosa in quel modo d'esercizio e v'è la possibilità di spostarla in altro luogo, sempre nel fondo servente (si pensi all'interramento del pluviale fino allo scarico), allora il titolare del fondo servente potrà chiederlo.
Unica soluzione? Non proprio: se esiste lo spazio, l'assemblea avrebbe sempre la possibilità di deliberare lo spostamento del pluviale in altro luogo (in proprietà comune) purché l'arrivo dello scarico resti inalterato.