La questione è spesso oggetto di decisioni giurisprudenziali. L'ultima che ha affrontato il tema è la sentenza del Tribunale di Velletri n. 400 del 22 febbraio 2022.
Vediamola nel dettaglio.
Lavori di manutenzione straordinaria, vizi e difetti delle opere: Il caso di specie
La vertenza nasce dall'ingiunzione ottenuta dall'impresa per lavori appaltati dal condominio inerenti la manutenzione straordinaria del palazzo.
Si ricorda che la materia inerente la manutenzione straordinaria attiene alla sfera di competenza dell'assemblea del condominio ex art. 1136 c.c., diversamente da quella ordinaria che è di pertinenza dell'amministratore.
Nella fattispecie in esame, il condominio promuove opposizione all'ingiunzione osservando che vi erano stati vizi e difetti nell'esecuzione dell'opera nonché chiedendo la differenza di quanto già versato e ciò che non risultava a regola d'arte.
L'impresa, costituendosi in giudizio, contesta le asserzioni del condominio e insiste per l'accoglimento della condanna al pagamento della somma di cui all'ingiunzione. Asserisce che mai è stata sollevata la questione dei vizi e difetti da parte del condominio prima della vertenza.
I principi in tema di vizi e difetti in ambito appalto
Nel caso di specie, l'attore è il convenuto in senso sostanziale, essendo in ambito di opposizione all'ingiunzione. Com'è noto, si tratta di un'inversione di posizioni che deriva dalla fattispecie di nascita monitoria.
L'onere probatorio spettante al denunciante
Il Tribunale ricorda che nella disciplina dei vizi e difetti relativi ad un contratto avente ad oggetto l'esecuzione di un'opera, come è l'appalto, spetta al denunciante fornire la prova sia della fonte negoziale, che degli inconvenienti che l'opera presenta, in coerenza peraltro col principio di vicinanza della prova, espresso dalla SSUU nella sentenza n. 13533/01, al fine di attribuire l'onere della prova al soggetto che è concretamente dotato delle "possibilità di provare i fatti e le circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione".
Non vi è dubbio, infatti, che nell'azione prevista dall'art. 1668 c.c. il committente che agisce è il soggetto maggiormente vicino alla prova del fatto costitutivo del proprio diritto alla risoluzione o alla modificazione (quanto al prezzo) del contratto e, pertanto, grava sullo stesso l'onere di dimostrare l'esistenza dei vizi.
Nel caso di specie, osserva il Giudice, non sono oggetto di contestazione la conclusione del contratto e l'importo dei lavori visto che il condominio non li ha contestati.
Questi ha sollevato una serie di "criticità" riguardanti l'esecuzione dei lavori che presentavano "difetti e vizi" tempestivamente denunciati all'impresa. Questa allegazione di vizi e difetti è rimasta del tutto generica nella capitolazione della prova orale, laddove la difesa del condominio ha chiesto di poter dimostrare le "svariate criticità in ordine alla corretta esecuzione dei lavori i cui vizi necessitavano di essere eliminati", senza però mai specificare quali essi fossero.
Nella narrativa della citazione, invece, il condominio ha richiamato sull'argomento le richieste del direttore dei lavori rivolte all'impresa individuale dei "vizi e difetti emersi", il cui testo, però, ha tutt'altro tenore, sia perché si tratta di una relazione indirizzata ai condomini e non all'impresa, sia perché in tale nota sono elencate solo una serie di lavorazioni non eseguite e completate, anziché di vizi, oltre a doversi evidenziare che tale relazione, di cui non vi è prova che sia stata inviata all'impresa.
Essa è coerente con la missiva indirizzata all'impresa a firma dell'amministratore la quale non contiene alcuna denuncia di vizi, ma si sollecita genericamente il completamento di alcune lavorazioni. Dello stesso tenore è anche la missiva del legale.
Collaudo provvisorio e la sua efficacia giuridica nell’appalto
Osserva poi il Tribunale che è in atti il documento di "collaudo provvisorio" redatto dal direttore dei lavori in cui certificava la buona e completa esecuzione dei lavori, "da considerare conclusi in ogni loro parte", derivandone che certamente a tale data i lavori erano stati completati e, pertanto, il collaudo, ancorché denominato come provvisorio, era quello finale ai sensi dell'art. 1665 c.c. in cui il condominio, per opera del suo direttore dei lavori, ha riscontrato che i lavori erano stati interamente conclusi e correttamente eseguiti.
Da ciò consegue che la contestazione della mancata realizzazione di alcune lavorazioni, contenuta nella relazione postuma del direttore dei lavori è intervenuta tardivamente rispetto al termine stabilito dall'art. 1667 c.c., dovendosi il termine per la denuncia far decorrere, stante la tipologia delle difformità, dal collaudo.
Si ricorda che la il collaudo consiste in un negozio giuridico bilaterale, a scopo liberatorio per l'appaltatore, avente funzione di accertamento mentre l'accettazione consiste in quel negozio giuridico unilaterale e recettizio con il quale il committente manifesta all'appaltatore la sua completa condivisione dell'opera e ne accetta, appunto, la sua globalità.
"in tema di appalto, l'accettazione dell'opera da parte del committente è atto ontologicamente diverso da quelli della verifica e del collaudo, attesane la natura di vera e propria manifestazione di volontà negoziale, e da essa soltanto (che può risultare tanto espressa quanto tacita) deriva la liberazione dell'appaltatore dalla garanzia per i vizi" (Cass., 06 settembre 2002 n. 12981).
In ultimo, occorre fare attenzione alla valenza della presa in consegna dell'opera, atteso che essa "non equivale, "ipso facto", ad accettazione della medesima senza riserve, e quindi ad una accettazione tacita pur in difetto di verifica, ex art. 1665, comma 4, c.c., occorrendo in concreto stabilire se nel comportamento delle parti siano o meno ravvisabili elementi contrastanti con la presunta volontà di accettare l'opera senza riserve" (Cass., 12 luglio 2004 n. 12829).
Esito della controversia sul collaudo e vizi nelle opere condominiali
Le varie osservazioni del Tribunale di Velletri hanno portato alla conclusione che, nella fattispecie in esame, l'opposizione va respinta e, di conseguenza, va anche rigettata la domanda riconvenzionale, dando invece conferma della portata e validità del decreto ingiuntivo.