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Il mutamento di destinazione d'uso del bene comune non si piega all'interesse individuale

Anche se nel cortile comune ai singoli sono stati assegnati spazi per parcheggiare i propri veicoli, la destinazione impressa non può essere altro che questa.
Avv. Adriana Nicoletti 

Il tema del "mutamento della destinazione d'uso" ricorre sia con riferimento all'utilizzo delle proprietà individuali sia per quelle comuni. Quanto alle prime è il regolamento di condominio di natura contrattuale che può porre dei limiti, che però devono essere espressi in termini chiari e non equivocabili.

Il regolamento di natura assembleare che, poi, è quello disciplinato dall'art. 1138 c.c. non ha alcun potere in questo senso.

Per quanto concerne, invece, la modificazione dell'utilizzo delle parti condominiali la giurisprudenza ante-riforma aveva costantemente sostenuto la necessità del consenso di tutti i condomini per poter realizzare un cambiamento radicale e che sostanzialmente snaturasse l'originaria essenza del bene. Il Tribunale di Locri, con la recente sentenza n. 259 del 7 maggio 2024, ha affrontato un caso singolare e nuovo nel suo genere.

Nulla la delibera che consenta un diverso utilizzo del posto macchina sito in area comune destinata a parcheggio. Fatto e decisione

Nel corso di una assemblea condominiale veniva approvata una delibera avente ad oggetto la "regolamentazione dell'uso dei parcheggi condominiali", con conseguente riconoscimento ai condomini di disporre dell'area di parcheggio secondo l'uso dagli stessi ritenuto più consono, a condizione di non arrecare ostacolo al parcheggio delle autovetture degli altri partecipanti.

Un condomino impugnava detta delibera chiedendo che ne fosse dichiarata la nullità.

Si costituiva in giudizio il Condominio il quale, contestando le difese avversarie, rilevava come la delibera impugnata fosse stata annullata da altra successiva, per cui era venuto meno l'interesse dell'attore all'impugnativa. Nel merito, il convenuto evidenziava come non vi fosse stato alcun mutamento della destinazione d'uso del parcheggio condominiale, ma un uso dello stesso ai sensi dell'art. 1102 c.c.

Il Tribunale, preso atto della cessazione della materia del contendere affermava che, in ogni caso, "il Giudice deve decidere sulle spese di lite in quanto la causa si è comunque resa necessaria per via di un comportamento della parte che ha reso doveroso sopportare alcuni esborsi che la parte eventualmente vittoriosa altrimenti non avrebbe sostenuto (anche detto "principio di causalità"). Quindi l'esame della controversia proseguiva ai fini della liquidazione delle spese di lite secondo il principio della soccombenza virtuale.

L'eccezione preliminare di carenza di interesse ad agire del condomino, sollevata dal convenuto, doveva essere disattesa dal momento che l'attore, tramite il proprio delegato, aveva espresso in assemblea il proprio voto contrario e sulla base di questo aveva incardinato il giudizio di impugnativa della delibera condominiale. Peraltro, la tempistica degli atti compiuti dall'attore era stata conforme alla normativa.

Infatti, era stato azionato il procedimento di mediazione obbligatoria, concluso negativamente per la mancata partecipazione del Condominio; quindi, era stato notificato l'atto di citazione quando la delibera impugnata era ancora vigente e, da ultimo, la delibera di annullamento era intervenuta a giudizio in corso.

Detto questo, nel merito, il giudicante ha ritenuto fondata la domanda per diverse ragioni.

L'area comune, qualificabile come "corte", doveva essere necessariamente adibita a parcheggio a servizio dei condomini in forza dell'art. 41 sexies l. 1150/1942 e art. 18 l. 765/1967. Inoltre, in precedenti assemblee i condomini avevano espresso la volontà di attenersi alla legge deliberando una ripartizione tra aree private e condominiali, adibendo queste ultime a parcheggio e precisando che ogni condomino aveva il diritto ad un solo posto auto nel cortile negli spazi appositamente individuati, tanto è vero che gli stessi venivano, poi, delimitati con strisce visibili. Ergo - come testualmente risulta dalla motivazione della sentenza - i condomini avevano confermato la "granitica volontà di destinare le parti comuni a parcheggi con indicazione di destinazione, delimitazione e attribuzione specifica".

Questo, quindi, non poteva che rendere illegittima la delibera nel punto in cui un condomino era stato autorizzato dall'assemblea ad utilizzare il posto allo stesso assegnato come area di parcheggio, con la diversa ed incompatibile destinazione rappresentata dal posizionamento in detta area di un tavolo con sedie uso pranzo, sia pure limitatamente al periodo in cui lo stesso avrebbe soggiornato nel proprio immobile.

La norma che era stata violata, ad avviso del Tribunale, non poteva che essere l'art. 1117 ter, c.c. (essendo estranei alla fattispecie gli artt. 1102 e 1120 c.c.) il quale disciplina, appunto, le modificazioni delle destinazioni d'uso che sono ammesse se finalizzate a soddisfare esigenze di interesse condominiale e se approvate con un numero di voti pari ai quattro quinti dei partecipanti al condominio e del valore dell'edificio.

Nel caso specifico mancando entrambe le condizioni la delibera non poteva che essere dichiarata nulla e tale riconoscimento valeva ai fini della liquidazione delle spese in favore dell'attore ed in base al principio della virtuale soccombenza del Condominio.

Parcheggio in condominio e delibera di regolamentazione.

Considerazioni conclusive

Come rilevato dal Tribunale, in forza della normativa urbanistica rappresentata nello specifico dell'art. 41 sexies l. n. 1150/1942 come introdotto dall'art. 18 l. n. 765/1967 (meglio nota come "legge ponte"), è stato stabilito che "nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione".

Disposizione successivamente modificata dall'art. 2 l. n. 122/1989 (c.d. "legge Tognoli"), che ha ridotto il rapporto tra aree per parcheggi e cubatura delle costruzioni ad un metro quadrato ogni dieci metri cubi di costruzione.

L'area condominiale oggetto di controversia, pertanto, non poteva che essere destinata al parcheggio delle autovetture dei condomini e tutte le delibere, che nel tempo si erano susseguite sull'argomento, avevano confermato tale destinazione che, doveva essere rispettata su tutta l'area, indipendentemente dalla circostanza che gli spazi finalizzati alla sosta degli autoveicoli fossero stati delineati da strisce ed assegnati in uso a ciascun condomino.

Proprio il fatto che i singoli spazi compresi nell'intera superficie condominiale avessero costituito oggetto di utilizzo ma non di assegnazione in proprietà rende condivisibile l'applicazione alla fattispecie dell'art. 1117 ter c.c., entrato in vigore per effetto della l. n. 220/2012.

Se, come risulta dal testo della disposizione legislativa, lo scopo è quello di favorire la modifica di destinazione d'uso delle parti comuni con il solo fine di soddisfare esigenze di interesse condominiale, evitando che una esigua minoranza possa ostacolare una finalità di utilità comune, è evidente che - nella fattispecie - l'assemblea aveva palesemente violato la norma stessa.

Sentenza
Scarica Trib. Locri 7 maggio 2024 n. 259
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