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Analisi dei problemi legati alle aree destinate a parcheggio riservate ai condomini ex Legge Ponte

La Corte di cassazione ribadisce che gli spazi destinati a parcheggio sono riservati ai condomini occupano le singole unità immobiliari.
Avv. Caterina Tosatti 

L'ordinanza n. 1445 emessa dalla Corte di Cassazione il 18 gennaio 2022, nel suo complesso articolato motivo, conferma una pronuncia della Corte d'Appello di Napoli in merito ad una vicenda inerente gli spazi destinati ad aree di parcheggio a favore dei condòmini ai sensi dell'art. 41 sexies della Legge 17 agosto 1942, n. 1150 (c.d. Legge Urbanistica), come modificato dall'art. 18 della Legge 06 agosto 1967, n. 765 (c.d. Legge Ponte).

La pronuncia che commenteremo risulta di particolare interesse perché applica una disciplina, rimaneggiata molte volte dal Legislatore nel corso degli ultimi 40 anni, dando conto di vari aspetti e principi più volte affermati dalla medesima Cassazione.

Analisi dei problemi delle aree di parcheggio riservate ai condomini: La pronuncia

Alcuni condòmini di un edificio, sito in Portici, convengono in giudizio Tizio, proprietario del piano seminterrato del medesimo edificio.

L'edificio era stato costruito da Tizio e Caio, riuniti in società in nome collettivo, in forza di una concessione amministrativa del 28 agosto 1968, la quale conteneva un riferimento espresso all'art. 18 della Legge Ponte, in virtù del quale all'edificio erano annesse aree di parcheggio destinate ai proprietari delle unità immobiliari site nel medesimo, aree che avrebbero dovuto essere permanentemente destinate a tale uso; tanto è vero che il progetto depositato in uno con la richiesta di concessione prevedeva che le aree di parcheggio in parola fossero individuate nel piano seminterrato, avente una superficie pari a mq 845.

Il seminterrato era poi pervenuto in proprietà al solo Tizio, a seguito dello scioglimento della Snc Tizio e Caio e Tizio aveva concesso detta area in locazione a Mevio, che l'aveva adibita a rimessaggio di autoveicoli di proprietà di terzi estranei al Condominio, contemporaneamente permettendo ai condòmini attori di parcheggiarvi, ma domandando, a partire dal 2003, un canone per detto servizio.

I condòmini attori domandano pertanto che venga accertato e dichiarato il loro diritto di parcheggio nel piano seminterrato e che Tizio fosse condannato a ricondurre in pristino l'area ed al risarcimento del danno.

Tizio si costituisce ed eccepisce la nullità della domanda dei condòmini attori, sostenendone l'indeterminatezza poiché, a suo dire, i condòmini attori non avevano indicato in modo preciso l'area sulla quale avrebbero vantato il diritto azionato; contestualmente, Tizio proponeva domanda riconvenzionale, sostenendo di aver acquistato a titolo originario la proprietà dell'intera area per l'intervenuta usucapione, vuoi ventennale (per possesso), vuoi abbreviata (cioè, decennale, in forza del contratto di cessione a seguito dello scioglimento della società con Caio), avendo ceduto a Mevio, conduttore, solamente la detenzione.

Vengono successivamente chiamati in causa i figli di Tizio, in qualità di donatari della nuda proprietà dell'area, con atto precedente l'atto di citazione notificato dai condòmini attori.

Il Giudice di I° rigetta tutte le domande, sia quella dei condòmini attori che quella di Tizio.

A questo punto, i condòmini attori propongono appello e i figli di Tizio propongono appello incidentale, rivolto all'accoglimento della domanda riconvenzionale di Tizio ed alla pronuncia circa la nullità dell'atto di citazione dei condòmini attori.

La Corte d'Appello di Napoli, pronuncia sentenza non definitiva, con cui accoglie l'appello dei condòmini attori e rigetta quello incidentale dei figli di Tizio ed accerta, in capo ai condòmini attori, il diritto reale d'uso sull'area di cui al piano seminterrato, nei limiti di cui all'art. 18 della Legge Ponte, mentre rimette la causa sul ruolo, allo scopo di eseguire una CTU per acquisire gli elementi tecnici necessari a determinare l'oggetto e l'estensione del diritto di uso dei condòmini attori, cioè, in buona sostanza, l'estensione dell'area che costoro avrebbero potuto utilizzare per il parcheggio delle proprie autovetture.

Il Collegio del II° premette alcune considerazioni allo scopo di circoscrivere l'ambito delle domande svolte dalle parti:

  • i condòmini attori hanno domandato di vedersi riconosciuto il diritto reale d'uso sull'area posta al piano seminterrato, non hanno invece richiesto l'attribuzione di detta intera area in loro proprietà esclusiva, hanno contestato il diritto di proprietà dei figli di Tizio
  • nella domanda relativa al diritto reale d'uso, per come formulata dai condòmini attori, è insito ed intrinseco anche l'accertamento della totale gratuità di detto diritto reale, date le lagnanze circa la richiesta del canone per il parcheggio da parte del conduttore di Tizio, Mevio
  • quanto sopra si evince anche dall'art. 41 sexies della Legge Urbanistica, come modificato dall'art. 18 della Legge Ponte, per cui non è previsto il trasferimento della proprietà dell'area di parcheggio contestualmente al trasferimento delle unità immobiliari facenti parte dell'edificio cui afferisce l'area
  • altrettanto si evince, però, dalle medesime norme, un vincolo pubblicistico che crea, in capo all'acquirente delle unità immobiliari del Condominio cui l'area è asservita, un diritto reale d'uso sull'area medesima
  • chi sia proprietario dell'area di parcheggio ha l'obbligo di non eliminare detto vincolo
  • la violazione del vincolo si può avere sia con disposizioni che espressamente o in modo univoco si pongano in contrasto con il vincolo, sia con pattuizioni che ne comportino un'elusione sostanziale - secondo la Corte, è tale la disposizione dell'area di parcheggio da parte del proprietario che, pur mantenendone immutata la destinazione a parcheggio, la conceda in locazione a terzi
  • quanto alla domanda di Tizio, quella riconvenzionale circa l'usucapione, la Corte d'Appello sottolinea che non ritiene configurabile l'usucapione della libertà di un immobile dai pesi che gravino sullo stesso, mentre una siffatta domanda dovrebbe essere correttamente riqualificata come eccezione di prescrizione estintiva, per non uso, del diritto reale parziario su cosa altrui, cosicché ritiene la Corte di esaminare la domanda riconvenzionale di Tizio come richiesta di accertamento dell'intervenuta estinzione del diritto reale d'uso dei condòmini attori a causa del suo mancato esercizio per 20 anni dall'acquisto delle rispettive unità immobiliari
  • chiarita così la fattispecie cui dare risposta, la Corte afferma che, agli effetti dell'estinzione, va computato, nel ventennio, anche il tempo per il quale il diritto reale non è stato esercitato dai proprietari precedenti e che la prova del mancato utilizzo, ai sensi dell'art. 2697 c.c., incombe su Tizio, in quanto soggetto che intende avvantaggiarsi di detto mancato uso
  • a fronte di ciò, gli stessi figli di Tizio, che proseguono il giudizio per il padre, nelle more deceduto, hanno affermato, nelle proprie difese, la sussistenza dell'esercizio del diritto d'uso da parte dei condòmini attori, dato che hanno fatto acquiescenza (cioè, non hanno contraddetto) alla richiesta di prova testimoniale avanzata dai condòmini attori per dimostrare proprio il possesso dell'area, cosicché la loro domanda riconvenzionale va rigettata
  • nemmeno l'eccezione di nullità sollevata da Tizio contro la domanda dei condòmini attori può essere accolta, perché, secondo la Corte, la domanda è determinata in quanto volta ad ottenere la rimessione dell'area in questione in loro favore in virtù di norme (gli artt. 41 sexies Legge Urbanistica e 18 Legge Ponte) che prevedono precisi criteri di calcolo per determinare l'estensione del diritto d'uso in questione; tanto è vero che la CTU viene disposta dalla Corte al solo scopo di determinare, in concreto, l'esatta superficie da attribuire ai condòmini attori

Espletata la CTU, che attribuisce ai condòmini attori un'area di mq 217 per l'esercizio del diritto reale d'uso, la Corte d'Appello di Napoli pronuncia sentenza definitiva assegnando detta area ai condòmini attori e condannando i figli di Tizio a metterla a disposizione dei condòmini attori.

In particolare, la CTU aveva accertato che la superficie destinata a parcheggio dalla licenza edilizia del 1968, cioè mq 845, sarebbe stata superiore a quella che sarebbe derivata dall'applicazione del calcolo matematico di cui all'art. 41 sexies Legge Urbanistica (cioè, mq 797), ma, di fatto, la superficie utilizzabile era pari a mq 728, perché decurtata di alcune porzioni destinate all'utilizzo dei negozi posti al piano terra; la CTU pertanto conclude che l'area spettante ai condòmini attori fosse pari, in base al calcolo di cui alle norme citate, a mq 217.

La Corte specifica che il provvedimento giudiziale da adottare in applicazione delle norme richiamate può avere ad oggetto unicamente le aree destinate a parcheggio nei provvedimenti abilitativi all'edificazione, senza possibilità di ubicazioni alternative e che, sebbene la zona dell'area originariamente destinata a parcheggio sia stata, nel caso in esame, in parte trasformata, lo spazio complessivamente adibito a parcheggio è ancora più che sufficiente a soddisfare le esigenze dei condòmini attori, mentre non rileva la posizione degli altri condòmini, rimasti estranei alla lite, i quali possono al massimo, laddove non residui posto per il loro diritto d'uso, domandare il risarcimento del danno conseguente all'indisponibilità dell'area adibita a parcheggio.

I figli di Tizio ricorrono per cassazione sia avverso la sentenza non definitiva che avverso quella definitiva.

I motivi di ricorso censurano le decisioni del Collegio del II° in merito ai seguenti motivi:

  • secondo i figli di Tizio, il diritto reale d'uso, riconosciuto ai condòmini attori in forza degli artt. 41 sexies Legge Urbanistica e 18 Legge Ponte, deriva non tanto e non solo da dette norme, bensì dall'atto di acquisto delle singole unità immobiliari site nel Condominio cui afferisce detta area di parcheggio, cioè di un edificio realizzato in costanza di applicazione di dette norme; se ciò è vero, al venditore va riconosciuta, anche d'ufficio e in assenza di specifica domanda in merito, un'integrazione del prezzo di vendita, in quanto l'alienazione 'originaria' prevedeva, come oggetto e contropartita del prezzo pagato, unicamente l'immobile e non anche il diritto d'uso del parcheggio
  • per far luogo a ciò, sarebbe stato necessario integrare il contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari, cioè i danti - causa dei condòmini attori (coloro che avevano venduto agli attori i loro appartamenti), con rimessione della causa al I° per la disposizione dell'integrazione del contraddittorio
  • circa il rigetto della domanda riconvenzionale qualificata come eccezione di prescrizione del diritto d'uso, i figli di Tizio contestano di non aver fatto acquiescenza alla stessa, perché il godimento in capo ai condòmini attori non era avvenuto come esercizio del diritto d'uso, bensì come mera tolleranza da parte di Mevio, conduttore di Tizio e non era stato riconosciuto dalle difese dei figli di Tizio, i quali anzi avevano affermato che detto godimento era esercitato in ragione dei rapporti direttamente intercorsi con Mevio
  • lamentano i figli di Tizio che la Corte avesse omesso di accertare la coincidenza dell'area effettivamente realizzata come parcheggio rispetto alla metratura prevista dalle norme applicabili e rispetto all'area concessa in locazione a Mevio, non potendo pertanto procedere ad attribuire l'area in uso ai condòmini attori prima di conoscere di quale area si stesse parlando
  • avverso la sentenza definitiva, i figli di Tizio lamentano che, pur avendo accertato l'area destinata nella licenza come soltanto parzialmente realizzata, la Corte ha comunque condannato gli stessi a porre l'area nella disponibilità gratuita dei condòmini attori, senza considerare che la superficie destinata a parcheggio come individuata nella licenza rilasciata al costruttore non può essere modificata consensualmente dalle parti e il Giudice ordinario non può attribuire agli acquirenti delle singole unità immobiliari il diritto di impiegare a parcheggio uno spazio anche solo in parte diverso rispetto a quello a tal fine riservato nel provvedimento abilitativo, cosicché il diritto d'uso in capo ai condòmini attori, difettandone l'oggetto (l'area di parcheggio esattamente individuata in licenza, ma non realizzata), non era mai venuto in essere

Vediamo come la Corte di cassazione ha dato risposta alle censure sopra riportate, le quali, anticipiamo, sono poi state tutte rigettate.

Diritto d'uso, litisconsorzio ed integrazione del prezzo di vendita

Le Legge Ponte (Legge n. 765/1967) ha introdotto nel nostro ordinamento il principio per cui, nella pianificazione urbanistica, vanno individuate necessariamente delle aree destinate al parcheggio pubblico e che, per quello che qui ci interessa, nella edificazione degli edifici privati, si devono realizzare superfici destinate al parcheggio, calcolate in base alla proporzione rispetto alla cubatura dell'intero edificio ed a favore di tutti i condòmini - in particolare, l'art. 18 ha introdotto il criterio di 1 mq di parcheggio per ogni 20 mc di costruzione.

Questo tipo di legislazione ha fatto sorgere una limitazione legale della proprietà (dell'area da adibire a parcheggio), di natura pubblicistica, ma la giurisprudenza ha sempre interpretato queste norme nel senso che il costruttore dell'edificio può anche riservare per sé la proprietà dell'area da adibire a parcheggio oppure trasferirla a terzi, purchè sia mantenuto il diritto di uso a favore dei condòmini (proprietari delle unità immobiliari del fabbricato cui l'area è asservita).

La giurisprudenza ha anche riconosciuto, con costanza, il diritto all'integrazione del prezzo di vendita (a favore del venditore) ogniqualvolta gli atti di acquisto di unità appartenente ad un edificio soggetto alla legislazione del 1967 non includessero l'area adibita a parcheggio, proprio sull'assunto per cui l'oggetto del contratto di vendita comprendeva unicamente l'immobile e non anche l'area di parcheggio, così da essere necessario un riequilibrio contrattuale.

Nella pronuncia in commento, la Cassazione deve operare un ragionamento in parte differente.

La Corte sottolinea come, stante la norma imperativa di cui all'art. 41 sexies della Legge Urbanistica, modificato dall'art. 18 della Legge Ponte, la limitazione legale della proprietà (con parallelo diritto d'uso delle aree adibite o da adibire a parcheggio) possa essere fatta valere erga omnes, inclusi i terzi che contestino l'esistenza e l'efficacia di tale limitazione; quando sono coloro che hanno acquistato dal costruttore un'unità, senza però vedersi incluso il diritto d'uso dell'area, a far valere tale mancanza, essi possono agire sia contro il costruttore - venditore sia contro i suoi aventi - causa, cioè verso gli altri soggetti ai quali costui abbia venduto la proprietà dell'area.

Ma in tali casi, precisa la Corte, non sussiste litisconsorzio necessario del costruttore- venditore, nemmeno per fargli ottenere il diritto all'integrazione del prezzo di vendita, perché quel diritto deriva dai singoli atti di acquisto (al contrario del diritto d'uso che deriva dalle norme citate), cosicché sarebbe liquidabile solamente nei confronti del costruttore - venditore in apposito giudizio da costui promosso o attivato contro costui, ma non può essere 'trasferito', 'liquidato', a favore del suo avente - causa, trattandosi di obbligazione personale e non connessa alla cosa.

Parimenti, afferma la Corte, il fatto che, nella causa così instaurata tra l'acquirente ed il terzo (che a sua volta abbia acquistato dal costruttore - venditore) non sia presente il costruttore - venditore non impedisce l'accertamento e la dichiarazione del diritto d'uso in capo all'acquirente, posto che quel diritto discende, come più volte ribadito, direttamente dalla legge e non dall'atto di acquisto e che è esercitabile erga omnes, cioè verso tutti, incluso il terzo acquirente dal costruttore - venditore.

Nel caso in esame, i condòmini attori non hanno proposto l'azione verso la Tizio e Caio S.n.c. (costruttore - venditore), bensì verso il solo Tizio, che aveva acquistato l'area dalla Snc sciolta, il quale però è estraneo al contratto di vendita delle singole unità immobiliari intercorso tra i condòmini attori e la Snc, cosìcché nel giudizio non possono essere esaminate le questioni relative all'integrazione del prezzo pagato alla Snc dai condòmini attori per la vendita delle rispettive unità immobiliari.

Pertanto, possiamo trarre i seguenti insegnamenti:

  • il contratto che trasferisce la proprietà di un appartamento in condominio che non preveda anche il contestuale trasferimento del posto - auto va integrato ope legis, ai sensi dell'art. 1374 c.c., con il riconoscimento del diritto reale d'uso su quello spazio in favore del condòmino e, al tempo stesso, con il diritto del venditore ad una integrazione del prezzo, nel caso in cui esso sia stato determinato solo sulla base del valore dell'appartamento
  • il diritto all'integrazione del prezzo di vendita deve essere parametrato rispetto al prezzo di mercato dell'area adibita a parcheggio, presumendosi che, in difetto di pattuizione tra le parti, il prezzo normalmente praticato dal venditore, cui occorre riferirsi ai sensi dell'art. 1474, 1° comma, c.c., corrisponda a quello di mercato
  • l'integrazione del prezzo spetta al venditore e solamente a questi, non anche al terzo che da costui abbia comprato e che sia convenuto in giudizio dal compratore che reclama l'accertamento del diritto d'uso.

Estinzione del diritto reale di uso

La Corte di cassazione ha occasione di precisare, soffermandosi sulla censura rivolta contro il rigetto dell'eccezione di prescrizione del diritto d'uso in capo ai condòmini attori, che, trattandosi di diritto disponibile e reale, esso si prescrive con il decorso di 20 anni, ai sensi degli artt. 1014 e 1026 c.c., fermo rimanendo in ogni caso il vincolo di destinazione dell'area a parcheggio, che è di carattere pubblicistico e permanente.

La prescrizione, come osservato anche dalla Corte d'Appello di Napoli, decorre dall'acquisto dell'unità immobiliare a favore della quale dovrebbe essere asservita l'area pertinenziale del Condominio cui l'unità appartiene.

Altrettanto confermata l'osservazione della Corte d'Appello circa il riparto dell'onere probatorio, per cui, trattandosi di eccezione in senso proprio, il mancato uso per 20 anni dall'acquisto deve essere provato da colui che lo afferma - quindi, da colui che eccepisce la prescrizione in capo alla sua controparte (nel nostro caso, Tizio ed i suoi figli verso i condòmini attori).

Determinazione dell'area da adibire a parcheggio

Ribadisce la Corte di cassazione che, il vincolo previsto dall'art. 41 sexies della Legge Urbanistica è subordinato alla condizione che l'area destinata a parcheggio esista e non sia stata adibita ad un uso incompatibile con la sua destinazione.

Pertanto, se il costruttore, in violazione al vincolo urbanistico, non ha previsto, ad origine, un'area fisica, adiacente o sottostante all'edificio, da destinare al parcheggio per i condòmini del futuro complesso, gli stessi, una volta acquistata l'unità immobiliare priva dell'area di parcheggio non potranno domandare al Giudice di accertare il proprio diritto d'uso - non esistendo l'oggetto di tale diritto, ovvero l'area di parcheggio sulla quale posteggiare - bensì solamente di condannare il costruttore al risarcimento del danno.

Se, invece, come accaduto nella fattispecie in esame, l'area è stata prevista dal progetto e inserita nel provvedimento abilitativo, nonché realizzata in conformità, ma poi se ne è disposto in maniera difforme, anche eventualmente trasformandola, il Giudice, cui alcuni solamente dei condòmini chiedano l'accertamento del proprio diritto d'uso, correttamente calcola ed attribuisce loro la quota proporzionale dell'area spettante, in virtù dei calcoli derivanti dal criterio di cui all'art. 18 della Legge Ponte (1 mq per ogni 20 mc di costruzione) ed altrettanto correttamente non procede a preoccuparsi delle aree eventualmente destinate a parcheggio spettanti a tutti gli altri condòmini non intervenuti nel giudizio.

Infatti, delle due l'una: o l'area era stata correttamente prevista in progetto e licenza e, pertanto, gli altri condòmini, con loro domanda, potranno ottenere l'accertamento della porzione loro spettante; oppure l'area era stata malamente calcolata, così da non essere proporzionale a tutte le unità facenti parte dell'edificio, caso in cui chi viene escluso può solamente proporre la tutela risarcitoria.

La Corte precisa ulteriormente che, se l'area è stata prevista in progetto, ma poi è stata realizzata in maniera difforme, così da divenire altro - ad esempio, realizzandovi opere o manufatti, anziché lasciarla adibita e predisposta al parcheggio di vetture e veicoli -, anche in tale caso si potrà unicamente ottenere il risarcimento del danno, ma non il riconoscimento del diritto d'uso.

Nuova costruzione e spazio riservato a parcheggio inadeguato

Riserva dell'area a favore del Condominio

La Corte di cassazione ribadisce che, in virtù della normativa pubblicistica più volte citata, gli spazi destinati a parcheggio sono riservati all'uso diretto delle persone che stabilmente occupano le singole unità immobiliari e costituiscono parti comuni dell'edificio, a norma dell'art. 1117 c.c.

  • quando appartengono in comunione ai singoli condòmini
  • quando sono oggetto di un diritto reale d'uso spettante a ciascun condòmino (laddove i proprietari dell'area siano terzi o alcuni soltanto dei condòmini)
  • quando l'atto di acquisto dal costruttore ai primi acquirenti abbia ceduto a ciascuno di loro la comproprietà in comune con gli altri delle aree destinate a parcheggio, laddove il successivo acquisto di unità immobiliare e quota di comproprietà delle parti comuni attribuisca all'acquirente la qualità di condòmino su tutte le stesse ed il diritto paritetico di usufruire dell'area di parcheggio

In tale ultimo caso, non rileva l'eventuale insufficienza dell'area di parcheggio rispetto alle complessive esigenze del Condominio e in tal caso si potrà domandare un risarcimento del danno al costruttore.

Rispetto alle aree 'in eccedenza', cioè laddove l'area adibita a parcheggio superi la quota da riservare secondo il calcolo di cui all'art. 18 della Legge Ponte, esse, secondo la Corte, rimangono nella libera disponibilità del costruttore - venditore (o del suo avente - causa, cioè chi ha acquistato da costui).

Ci corre l'obbligo di segnalare che la disciplina esaminata dalla Corte di cassazione, benchè sia quella applicabile ratione temporis al caso di specie, rimane valida rispetto alle questioni qui discusse, perché le modifiche intervenute a partire dal 1997 e sino al 2013 hanno maggiormente interessato la qualifica di pertinenzialità dello spazio auto o parcheggio e la possibilità (o meno) di trasferirlo insieme o separatamente rispetto all'unità immobiliare.

Regolamento ed esonero dalle spese del costruttore, chi può fare valere la nullità della clausola?

Sentenza
Scarica Cass. 18 gennaio 2022 n.1445
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