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Trasferimento di proprietà di immobile in condominio: la comunicazione all'amministratore e la prova in giudizio del mutamento della titolarità

È il titolo che determina il trasferimento del diritto di proprietà, la fonte di prova valida per l'individuazione del soggetto tenuto al pagamento delle spese condominiali deliberate dall'assemblea.
Avv. Eliana Messineo 

Il condòmino è obbligato al pagamento delle spese condominiali. Ciascun condòmino, infatti, ai sensi dell'art. 1118 c.c., deve partecipare alle spese per la conservazione dei beni comuni.

Le obbligazioni condominiali, ossia le prestazioni consistenti nel versamento delle somme di denaro necessarie alla conservazione delle parti comuni ed all'erogazione dei servizi, sono obbligazioni propter rem ossia derivanti dalla contitolarità del diritto sulle cose, sugli impianti e sui servizi comuni.

Tali obbligazioni sono anche dette "ambulatorie" poiché la persona del debitore può mutare in dipendenza del rapporto di proprietà o di altro diritto reale di godimento sulla cosa; in altre parole, la persona del debitore si individua per relationem con il bene.

In caso di trasferimento di proprietà, dunque, è fondamentale individuare il soggetto obbligato al pagamento degli oneri condominiali. Potrebbe, infatti, accadere che le spese relative a lavori effettuati in condominio, per la gestione dell'ente e per l'erogazione dei servizi, vengano ripartite anche tra chi non è più proprietario di un'unità immobiliare in condominio, per averla trasferita ad altri.

È il caso portato al vaglio del Tribunale di Roma relativo all'impugnazione di una delibera assembleare che aveva ripartito le spese per la gestione del condominio, le spese di riscaldamento nonché le spese relative ai lavori ascensore, rete fognaria e sostituzione della centrale termica, ammontanti ad una cospicua somma, anche tra chi non era più proprietario.

In particolare, l'"ex" condòmino sosteneva di non risultare più proprietario di alcun immobile nel condominio per effetto di una sentenza di usucapione che aveva decretato il suo acquisto a favore di terzi.

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 333/2022 che ha deciso per il rigetto dell'impugnazione, ci offre degli spunti di riflessione sul tema del trasferimento di proprietà di un immobile in condominio: sull'importanza della comunicazione all' amministratore del cambio di proprietà nonché sulla prova da fornire in un eventuale giudizio di impugnazione delle deliberazioni assunte in tema di ripartizione delle spese, al fine di dimostrare la perdita di proprietà di un bene immobile.

È evidente, infatti, che in mancanza di collaborazione del condòmino con l'amministratore al fine di tenere aggiornato il registro di anagrafe condominiale, può accadere che venga ancora considerato condòmino chi non lo è più per aver trasferito il diritto ad altri e, che, conseguentemente, la delibera di ripartizione delle spese venga assunta anche nei suoi confronti.

Unica soluzione rimane, pertanto, l'impugnativa della delibera stessa, tenendo in considerazione, però, l'obbligazione solidale tra "vecchio" e "nuovo" proprietario prevista dall'art. 63 disp. att. c.c., nonché il fatto che in giudizio è necessario fornire valida prova del cambio di proprietà. Vediamo come, procedendo con ordine.

Trasferimento di proprietà di immobile in condominio: l'obbligo di comunicazione all' amministratore della variazione dei dati

Il condòmino che subentra nei diritti di un altro condòmino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente.

Si tratta del principio di solidarietà biennale stabilito dal quarto comma dell'art. 63 disp. att. c.c. al quale si unisce una solidarietà sine die, prevista dall'ultimo comma del predetto articolo, secondo cui il cedente diritti su un'unità immobiliare rimane obbligato con il cessionario al pagamanto dei contributi, fino al momento in cui trasmette all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

In altre parole, in caso di trasferimento della proprietà di un immobile in condominio al nuovo proprietario, è necessario che il cedente comunichi all'amministratore il cambio di proprietà; in caso di inerzia, il "vecchio proprietario" rimane obbligato a pagare le spese non solo relative al biennio come previsto dal quarto comma dell'art. 63 disp. att. c.c., bensì fino alla comunicazione della cessione all'amministratore.

La norma va interpretata unitamente all'art. 1130 n. 6 che disciplina gli obblighi di informativa e di reperimento, aggiornamento e conservazione dei dati in capo all'amministratore prevedendo una collaborazione dei condòmini per la regolare tenuta del registro di anagrafe condominiale.

La collaborazione dei condòmini, infatti, consiste nell'obbligo di comunicare all'amministratore in forma scritta ogni variazione dei dati e, dunque, anche il mutamento di proprietà, entro sessanta giorni dal suo verificarsi.

Dalla omessa comunicazione all'amministratore del trasferimento della proprietà di un immobile in condominio può derivare la mancata ed incolpevole convocazione del nuovo condòmino nonché l'erronea ripartizione delle spese anche tra chi non ha più la proprietà dell'immobile.

La comunicazione della variazione della proprietà si concretizza nella trasmissione di copia autentica del titolo di trasferimento del diritto.

Ne deriva che la prova idonea a dimostrare la perdita di proprietà di un bene immobile e dunque il suo acquisto da parte di un terzo, è il titolo che determina il trasferimento del diritto.

E ciò vale, sia quando si comunica all'amministratore la variazione di proprietà dell'immobile sia nell'eventuale giudizio che si determina a causa dell'erroneo coinvolgimento di chi non è più proprietario nella ripartizione delle spese condominiali.

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Trasferimento di proprietà dell'immobile in condominio: la prova in giudizio

La società condòmina nel giudizio de quo assumeva di non essere più proprietaria dei beni che avevano portato alla ripartizione delle spese come approvate con le delibere impugnate per effetto di una sentenza di usucapione che ne aveva decretato l'acquistato a titolo originario a favore di terzi.

A sostegno di tale tesi, l'attrice produceva la nota di trascrizione della sentenza anziché il titolo dal quale derivava il trasferimento della proprietà ossia la sentenza di usucapione stessa.

Il Tribunale di Roma ha precisato che la nota di trascrizione non è valida prova per dimostrare il trasferimento di proprietà.

Secondo orientamento costante in giurisprudenza, infatti, "al fine di dimostrare la perdita di proprietà di un bene immobile - comunque il suo acquisto da parte di un terzo - non può ritenersi sufficiente la mera produzione di una nota di trascrizione la quale, essendo mera documentazione amministrativa, non costituisce né atto di parte né valida fonte di prova in ordine al contenuto del titolo cui si riferisce, ma esclusivamente uno degli elementi sui quali il giudice può fondare il proprio convincimento" (cfr. Cass. n. 20641/2013 e 14577/2007).

Come spiegato dal Tribunale, la sentenza di accertamento, qual è quella di usucapione, non è efficace prima del relativo passaggio in giudicato e la nota di trascrizione non prova tale circostanza che rende definitiva la sentenza.

Invero, il requisito del passaggio in giudicato non è espressamente richiesto ai fini della trascrizione della sentenza e della relativa annotazione ai sensi dell'art. 2655 c.c., con la conseguenza che l'aver trascritto la sentenza non significa che questa sia già divenuta definitiva e quindi efficace.

Da qui, il principio secondo il quale unica prova utile per dimostrare il cambio di proprietà di un bene immobile è il relativo titolo dal quale deriva il trasferimento del diritto.

Chi deve comunicare il cambio di proprietà all'amministratore?

Sentenza
Scarica Trib. Roma 12 gennaio 2022 n.333
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