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Attivi di gestione, giusta la ripartizione per millesimi

Se l'esercizio della gestione condominiale si conclude con un attivo, come deve essere ripartito tra i condomini?
Avv. Anna Nicola - Foro di Torino 
11 Feb, 2021

Aspetti fondamentali della gestione economica condominiale

La gestione economica del condominio è annuale. Se il regolamento dell'edificio non dispone alcunchè al riguardo della scadenza dell'esercizio, esso si chiude l'ultimo giorno dell'anno, altrimenti alla data indicata dal regolamento.

È vero che nella quasi totalità dei casi la chiusura è a pareggio se non in negativo, ma può verificarsi anche la fattispecie di chiusura con un attivo.

Se l'attivo non viene riportato a nuovo, ci si deve interrogare su come questo attivo debba essere ripartito tra i condomini.

Si tratta della fattispecie analizzata dalla Suprema Corte con la decisione del 9 febbraio 2021 n. 3043.

Attivi di gestione. La fattispecie di cui alla Cass. 9 febbraio 2021, n. 3043

Nel caso di specie, la materia del contendere è data dalla ripartizione dei proventi delle locazioni del lastrico di copertura di un edificio in condominio, concesso in uso a diverse compagnie telefoniche per ubicarvi impianti ripetitori dei segnali audio.

Le deliberazioni dell'assemblea chiamate a pronunciarsi sui bilanci preventivo e consuntivo d'anno hanno suddiviso le rendite derivanti dai canoni di locazione in compensazione degli importi dovuti a titolo di contributi da ciascun condomino in ragione dei millesimi di proprietà.

Una condomina lamenta di essersi vista attribuire dette rendite solo in relazione a quanto detratto per far fronte alle spese, con violazione dei criteri legali di riparto. Da questa arbitraria imputazione sarebbe, a suo dire, derivato il debito intimato alla stessa in sede monitoria, altrimenti insussistente.

Questa condomina impugna le delibere assembleari in questione, ritenendole invalide per contrasto alle norme in tema di ripartizione spese condominiali, a partire dall'art. 1123 c.c.

Attivi di gestione in condominio. La decisione dei giudici di merito

La Corte d'Appello, come già anche il giudice di primo grado, ha rigettato l'impugnazione ritenendo non fondate le doglianze della condomina.

Le sentenze in questione si basano sul fatto che le delibere impugnate erano state assunte all'unanimità, decidendo l'assemblea di "imputare i canoni di locazione delle antenne telefoniche a parziale copertura dei costi di gestione condominiale".

Esse vedevano inoltre la propria matrice anche nel regolamento di condominio laddove dispone che "l'assemblea ordinaria delibera sulla erogazione dei sopravanzi della gestione e delle eventuali rendite dei beni comuni".

Attivi di gestione in condominio. La decisione della Suprema Corte.

Si giunge quindi davanti alla Corte di Cassazione dietro ricorso della condomina. La Suprema Corte conclude come già anticipato dai giudici di merito. Essa infatti osserva che le delibere in questione sono materia prettamente assembleare.

Attivi di gestione in condominio. Competenza dell'assemblea

L'art. 1135, comma 1, al n. 3), c.c., conferisce all'assise condominiale la competenza non solo all'approvazione del rendiconto, ma anche all'impiego del residuo attivo della gestione.

Rientrando nelle questioni ordinarie, l'assemblea ne può deliberare disporre a maggioranza la destinazione, per finalità condominiali. L'eventuale saldo attivo, pur potendo essere riferito ai singoli condomini, soggiace al potere deliberativo dell'assemblea dell'edificio quale organo supremo.

Va da sé che il principio da applicarsi nel caso in esame è il seguente: qualora la rendita sia data da canoni di locazione di beni comuni, nasce in capo al singolo condomino un credito in misura corrispondente alla rispettiva quota millesimale.

Come da insegnamento unanime della Suprema Corte, non invalida la deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto il fatto che con la medesima provveda all'impiego degli eventuali attivi di gestione, costituiti dai proventi che il condominio trae dalla locazione a terzi di parti comuni, al fine di ridurre, per parziale compensazione, l'importo totale delle spese da ripartire tra i singoli condomini, con conseguente proporzionale incidenza sui conti individuali di questi ultimi e sulle quote dovute dagli stessi.

Al fine di rendere meglio comprensibile quanto appena detto, la Cassazione riporta un esempio chiarificatore.

Se vi sono spese generali di gestione pari a € 1.000,00 da ripartire ex art. 1123, comma 1, c.c., e proventi attivi pari a € 500,00, nulla cambia per il condomino titolare di quota di proprietà pari a 308 millesimi se allo stesso siano dapprima corrisposti € 154,00 come quota dei proventi e poi richiesti contributi pari ad € 308,00, oppure se, ridotta dapprima la spesa da ripartire ad € 500,00 (€ 1.000,00 di voci di uscita - € 500,00 voci di entrata), gli venga direttamente intimato di contribuire per l'importo di € 154,00.

A conferma di ciò, la Suprema Corte evidenzia che nel caso di specie non è stato comunque dimostrato che il condominio abbia utilizzato l'attivo per ridurre l'importo di spese dovute dai singoli in misura diversa proporzionata all'uso delle cose, ovvero di spese da porre a carico soltanto di un più ristretto gruppo di condomini.

Spese condominiali. La clausola del regolamento non deve creare pregiudizi ai condomini

Conclude quindi con il seguente principio di diritto: In tema di condominio negli edifici, non è causa di invalidità della deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto presentato dall'amministratore la circostanza che in essa si provveda all'impiego degli attivi di gestione, costituiti dai proventi che il condominio trae dalla locazione a terzi di parti comuni, al fine di ridurre, per parziale compensazione, l'importo totale delle spese da ripartire tra i singoli condomini, con conseguente proporzionale incidenza sui conti individuali di questi ultimi e sulle quote dovute dagli stessi, non pregiudicando tale decisione, espressione del potere discrezionale dell'assemblea, né l'interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio, né il loro diritto patrimoniale all'accredito della proporzionale somma, perché compensata dal corrispondente minor addebito degli oneri di contribuzione alle spese.

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile e la ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.

E' vero che il saldo resta sempre riferibile al singolo condomino, non potendo l'assemblea distrarre una somma maturata da un condomino ma è altrettanto vero che l'assemblea ha il potere di deliberare sulla sua destinazione.

Se l'assemblea non delibera sul residuo attivo

Ci si può allora interrogare per il caso in cui l'assemblea condominiale non decida nulla in merito.
In assenza di specifica deliberazione, si può affermare che il condomino può domandare la restituzione di quanto di sua spettanza.

Pagamento spese condominiali e sfratto

Poniamo caso che al termine dell'esercizio risulti dal rendiconto che molti condòmini hanno versato una somma maggiore rispetto a quanto disposto in sede di preventivo come spesa necessaria.
L'assemblea può deliberare circa una determinata destinazione di questo fondo, rispettando sempre la riferibilità delle quote ai condòmini che le hanno versate in eccedenza.

Il fondo così creato e istituito dall'assemblea deve avere una specifica destinazione così permettendo che il trattenimento delle somme non sia un arbitrario aumento degli oneri condominiali (cfr. Trib. Milano 5 febbraio 2013 n. 1658).

Così ad esempio, per la costituzione del fondo per le spese ordinarie, o di determinate opere straordinarie già deliberate o ancora se per fini specifici, quali quelle per le vertenze di recupero credito da intraprendersi e così via.

Definizione e implicazioni del residuo attivo in condominio

Secondo parte della giurisprudenza, poiché la norma parla di "residuo", deve trattarsi di somma minima (Trib. Milano 5 febbraio 2013, n. 1658)

A mio parere, deve considerarsi residuo semplicemente ciò che eccede
rispetto ad una somma già versata con una sua specifica funzione e che è stata maggiore rispetto alle necessità della compagine, pertanto residuata.

Sentenza
Scarica Cass. 9 febbraio 2020 n. 3043
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