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Parcheggio in condominio? I proprietari dei box non sempre ne hanno diritto

Quale è l'area destinata al parcheggio delle autovetture di proprietà dei condòmini?
Avv. Rosario Dolce del Foro di Palermo 

Il caso che ci apprestiamo a trattare riguarda l'interpretazione di una clausola regolamentare ai fini della determinazione della esatta titolarità di una parte comune dell'edificio condominiale, qual è l'area destinata al parcheggio delle autovetture di proprietà dei condòmini.

Gli esiti della causa in questione sono talmente "estremi" che saranno in grado di modificare la prassi in uso invalsa in un condominio capitolino, dall'atto della relativa costituzione...

Si potrebbe dire, terminando la lettura della Sentenza, che anche in Condominio l'apparenza inganna. Ma procediamo con ordine.

Il fatto. L'articolo 20 del regolamento di un residence romano stabilisce: "Il condòmino è tenuto a parcheggiare le autovetture nell'apposito locale di sua proprietà e che per quanto concerne i posti utilizzabili senza intralcio questi vengono attribuiti ogni anno ai condòmini richiedenti previo pagamento di un contributo mensile che verrà stabilito annualmente dall'assemblea e che andrà a costituire il fondo comune per la manutenzione, la conservazione ed il miglioramento delle parti comuni dell'edificio…".

L'area destinata a parcheggio condominiale può essere usucapita con il termine breve

Orbene, tale disposizione, nel corso degli anni, sarebbe stata sempre interpretata dai condòmini nel senso che l'area di parcheggio in questione fosse riconducibile ad un "condominio parziale" per cui la relativa gestione doveva fare capo ai proprietari dei box che insistevano nell'area.

Quest'ultimi costituendo un'assemblea dei condòmini ad essi riservata hanno deliberato la costituzione di una commissione interna col compito di procedere all'assegnazione, a rotazione, dei posti auto in favore dei condòmini non proprietari dei box.

Tizia, condòmina non proprietaria dei box, decide di impugnare la deliberazione, contestandone la legittimità. Il principale motivo di doglianza che si rinviene in atti riguarda precipuamente il diritto dei condòmini proprietari dei box di affermare che l'area in questione fosse comune a loro stessi e non anche ai condòmini tutti, con le conseguenze del caso.

Tizia, per legittimare, l'assunto evoca, a tal fine, anche un precedente arresto giurisprudenziale intervenuto sul merito che avrebbe escluso che l'area antistante i box fosse riconducibile solamente ai proprietari di tali immobili.

Il Condomino del residence romano, viceversa, costituendosi in giudizio, ha contestato la pretesa già a monte, affermando, in punto, la carenza di legittimazione ad agire da parte di Tizia: in quanto estranea, per l'appunto, al condominio parziale di che trattasi. Questi i fatti, in sintesi. La decisione del giudice romano perviene con Sentenza del 26 febbraio 2019, recante il seguente tenore.

L'utilizzo atipico del parcheggio condominiale

Il provvedimento. Il decidente, al fine di dirimere la querelle, ha, dapprima, contestualizzato l'ampiezza della parte comune, secondo le previsioni del regolamento. In particolare, il giudice capitolino ha contestualizzato l'area in ragione del precedente arresto giurisprudenziale e ha rilevato che, in effetti, gli stalli ove i condòmini (non proprietari dei box) avrebbero dovuto e potuto parcheggiare la propria autovettura facessero capo non solo all'area antistante il corpo basso (all'interno del quale sono ubicati i box privati), ma andava anche oltre sino ad arrivare alla rampa di accesso.

Lo stesso regolamento, in punto, così recita: …costituiscono proprietà comune indivisibile… le rampe di accesso ai box...

Sulla scorta di tale premessa assorbente, la conclusione ricavata dal Tribunale di Roma è stata quella di considerare perfettamente legittima la pretesa formulata da parte di Tizia, nella misura in cui si è doleva della circostanza per cui la decisione in ordine all'assegnazione e/o all'uso dei parcheggi "esterni" non poteva essere rimessa ad un nugolo dei condòmini, siccome proprietari dei box, ma doveva, diversamente, rimanere riservata all'ambito decisionale dell'assemblea generale, formata da tutti i partecipanti, nessuno escluso, del condominio in disamina.

Conclusione. Ciò che risalta nella fattispecie è che la causa in questione è stata decisa dal giudice ricorrendo ai canoni ermeneutici. Nello specifico in tema di interpretazione del contratto (id est regolamento), ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni quivi utilizzate, il cui rilievo però deve essere verificato alla luce dell'intero contesto negoziale.

Le singole clausole vanno considerate - per costante giurisprudenza - in correlazione tra loro, dovendo procedersi al loro coordinamento a norma dell'art. 1363 codice civile, a mente del quale "Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuno il senso che risulta dal complesso dell'atto".

Sentenza inedita
Scarica Tribunale di Roma Sentenza del 26 febbraio 2019
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