La disciplina dei parcheggi condominiali è molto complessa e variegata. Basti considerare la successione nel tempo delle norme speciali che sono intervenute sul merito: le quali rendono, di volta in volta, peculiare, a secondo della data di costituzione del fabbricato, la querelle da dirimere.
Un effetto "distorto" (permetteteci l'espressione)discendente dalla rispettiva applicazione si coglie, in tutta la relativa portata, in una recente sentenza emessa dalla Suprema Corte qualche giorno addietro (22 aprile scorso), con la quale è stato riconosciuto a terzi l'usucapione (breve) del posto auto e quindi del "sito" ove doveva e poteva esercitarsi il predetto diritto d'uso.
Il fatto. Il caso è come quello di uno dei tanti in cui il costruttore di un edificio condominiale, pur ottenendo la licenza di costruzione con l'asservimento di una porzione del fabbricato al parcheggio (secondo misura) in favore dei condòmini (prima dell'anno 2005), aliena a terzi gli spazi anzidetti, così violando il vincolo pubblicistico del caso.
A distanza di anni, i condòmini defraudati del propria prerogativa giuridica citano in giudizio la società costruttrice e i terzi che ebbero ad acquistare, (talvolta) sotto forma di altre unità immobiliare (negozi et similia), gli anzidetti spazi comuni.
Questi, dapprima ottengono una Sentenza che gli riconosce il diritto d'uso sugli spazi comuni anzidetti, e successivamente il riconoscimento della violazione da parte del costruttore delle norme pubblicistiche postevi a presidio e vincolo.
Successivamente, agiscono nuovamente in giudizio per mettere in esecuzione il provvedimento (passato in giudicato, frattanto), proprio nei confronti del terzi acquirenti e degli eredi del liquidatore della società costruttrice.
La Sentenza. Il giudice di legittimità non gli verrà però del tutto incontro. Questi, intanto, ha necessariamente contestualizzato, dal punto di vista normativo, il regime giuridico da applicare nella fattispecie.
In proposito, ha precisato che l'art.12, comma 9, della legge 28 novembre 2005, n. 246, che ha modificato l'art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (in base al quale gli spazi per parcheggio possono essere trasferiti in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari) non ha effetto retroattivo, né ha natura imperativa [cfr, Cass.Civ. 5 giugno 2012, n. 9090; 1 agosto 2008, n. 21003].
Ora, posto che, nel caso in esame, al momento dell'entrata in vigore della predetta disciplina risultavano già stipulati gli atti di vendita delle singole unità immobiliari, il Decidente ha ritenuto che trovi applicazione alla fattispecie la disciplina anteriore, di cui al citato art. 41 sexies della legge n. 1150 del 1942.
Ergo, il vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dal predetto articolo 41-sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, secondo il testo introdotto dalla legge 6 agosto 1967 n. 765, art. 18 - norma di per sé imperativa- non può subire deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla medesima norma imperativa.
In un giudizio - qual è quello in esame -, intercorrente tra gli acquirenti degli immobili illegittimamente privati del diritto all'uso dell'area pertinente a parcheggio ex art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, ed i terzi che abbiano acquistato porzioni di tale area, la nullità dei negozi stipulati dai primi, nella parte in cui sia stata omessa tale inderogabile destinazione, con conseguente loro integrazione "opelegis", è rilevabile anche "incidenter tantum".
Cionondimeno, la Corte Cassazione ha quivi ritenuto - richiamando altri precedenti giurisprudenziali (Cass. 15 novembre 2002, n. 16053; Cass. 7 giugno 2002, n. 8262), che "la proprietà delle aree interne o circostanti ai fabbricati di nuova costruzione, su cui grava il vincolo pubblicistico di destinazione a parcheggio, può essere acquistata per usucapione, non comportandone tale vincolo indisponibilità, inalienabilità e incommerciabilità".
Tale possesso utile - sempre secondo la citata sentenza - a fini di usucapione decorre in danno del proprietario dal momento dell'atto di acquisto, essendo soltanto a far tempo da esso possibile considerare distintamente il diritto dominicale (trasferito) e quello al parcheggio (non trasferito) sull'area destinata a parcheggio.
E però, atteso che non è stata oggetto di censura la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha riconosciuto l'usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c. in favore degli appellanti, è stato riconosciuto configurabile, alla fattispecie, il profilo dell'usucapione decennale, ai sensi dell'art. 1159 c.c., in favore di colui che abbia acquistato, come nella specie, un'area di parcheggio asseritamente vincolata al diritto d'uso "ex lege".
Conclusione. Ciò non toglie che i condòmini defraudati dal costruttore, a tal punto, possano invocare altra tutela risarcitoria per equivalente in danaro. In effetti: "Ove sia, diversamente, accertato che, pur previsto negli atti d'obbligo e nella concessione edilizia, lo spazio da adibire a parcheggio non sia stato affatto riservato a tal fine in corso di costruzione e sia stato impiegato, invece, per realizzarvi manufatti od opere d'altra natura (quali, nella specie, negozi) da destinare a diversa utilizzazione (ipotesi, cioè diversa, da quella in cui allo spazio realizzato conformemente al progetto sia stata successivamente data una diversa destinazione in sede di vendita), non può dirsi nemmeno mai costituito il rapporto di pertinenzialità ex lege voluto dalla legge urbanistica, sicché non può ravvisarsi la nullità parziale dei contratti di vendita aventi ad oggetto quei diversi manufatti, né farsi luogo a tutela ripristinatoria per ottenere la realizzazione ex novo dello spazio da destinare a parcheggio non riservato in corso d'edificazione, ammettendosi unicamente una tutela risarcitoria (Cass. 18 aprile 2003, n. 6329; Cass. 5 maggio 2009, n. 10341)".