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Il pozzo luce o cavedio è un bene comune anche se sorto a seguito di una sopraelevazione

Il pozzo luce è condominiale anche se sorge dopo la nascita del condominio?
Avv. Alessandro Gallucci 

Il pozzo luce di un edificio, o cavedio, vanella o chiostrina, è parte comune dell'edificio in condominio.

Tale conclusione, come evidenziato dalla Corte di Cassazione, va tratta in ragione della funzione di questo elemento edilizio.

Il cavedio, nelle sue varie declinazioni, è definito come «un cortile di piccole o di piccolissime dimensioni, che serve prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (bagni, gabinetti, disimpegni, servizi etc.)» (Cass. 7 aprile 2000, n. 4350).

Da ciò la sua condominialità: status che va considerato tale sia nelle ipotesi in cui esso esista fin dalla costruzione dello stabile, tanto quando sia creato a seguito di un intervento di sopraelevazione.

Ciò chiaramente fatte sempre salve eventuali diverse disposizioni contenute negli atti d'acquisto.

In tal senso si è espressa, qualche anno fa, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17556 dell'1 agosto 2014, sancendo (meglio ribadendo quanto già detto nei giudizi di merito) la condominialità del pozzo luce.

È utile per comprendere la portata del principio espresso dalla Suprema Corte di Cassazione alcuni aspetti inerenti la condominialità delle parti di un edificio e quindi la nascita del condominio medesimo.

Quando sorge un condominio?

Come valutare la condominialità delle parti dello stabile oggetto di controversia?

Di fatto, leggere la sentenza in esame, oltre a chiarire rispetto al caso concreto la natura condominiale del pozzo luce, serve anche a ricordare le risposte ai due quesiti appena posti.

Prima di vedere che cosa, simbolicamente, ha risposto la Corte di Cassazione è utile da risposta ad un'altra domanda preliminare, ossia: che cos'è un condominio?

Il condominio, non lo dice la legge ma la definizione comunemente accolta dalla comunità giuridica, è una particolare forma di comunione nella quale coesistono parti di proprietà comune e parti di proprietà esclusiva (le unità immobiliari). Si tratta di una comunione forza che non può essere sciolta, se non in particolari casi previsti dalla legge (si vedano in tal senso art. 1119 c.c. e 61-62 disp. att. c.c.)

Il rapporto di condominialità, lo vedremo oltre andando a dare soluzione al secondo dei quesiti posti in principio, è fondamentale al fine di poter dire che una parte dell'edificio è soggetta al regime del condominio.

Esso, ha detto in più occasioni la Suprema Corte «sorge ipso iure et facto, e senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni, nel momento in cui l'originario costruttore di un edificio diviso per piani o porzioni di piano, aliena a terzi la prima unità immobiliare suscettibile di utilizzazione autonoma e separata, perdendo, in quello stesso momento, la qualità di proprietario esclusivo delle pertinenze e delle cose e dei servizi comuni dell'edificio» (così Cass. 4 ottobre 2004, n. 19829).

Non è detto, quindi, che al completamento dell'edificazione corrisponda la nascita del condominio: esso può sorgere anche qualche tempo dopo, perfino decenni dopo, cioè alla cessione della prima unità abitativa da parte dell'originario unico proprietario. Quanti edifici sono divenuti condomini (specie condomini minimi) in ragione di eredità o divisioni da parte del genitore? Non si contano.

Il concetto così espresso è stato ribadito nella sentenza n. 17556; in particolare, nel caso di specie, il condominio non era sorto al momento dell'originaria costruzione dell'edificio, ma al momento della sua sopraelevazione, decisa e realizzata dall'unico proprietario dello stabile che aveva poi venduto le unità immobiliari scaturite da quell'intervento edilizio.

In questo contesto e soprattutto nel silenzio dei titoli (leggasi atti d'acquisto e regolamenti contrattuali), come fare per valutare se una parte dell'edificio sia da considerarsi comune oppure no? In buona sostanza: come valutarne la condominialità?

Cavedio sorto dopo la costruzione dell'edificio, quando va considerato condominiale?

La Corte di legittimità ricorda che per valutare tale requisito è necessario considerare, com'era stato fatto nel caso sottoposto alla sua attenzione, "la sussistenza di un collegamento funzionale tra il bene in contestazione e le unità immobiliari in proprietà esclusiva facenti parte del condominio" (Cass. 1 agosto 2014 n. 17556).

Nel caso del pozzo luce, dicono i giudici di piazza Cavour, questo legame funzionale sussiste in quanto «il cavedio (talora denominato chiostrina, vanella o pozzo luce) - cortile di piccole dimensioni, circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell'edificio comune - essendo destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (quali ad esempio bagni, disimpegni, servizi), è sottoposto al medesimo regime giuridico del cortile, espressamente contemplato dall'art. 1117, n. 1, cod. civ. tra i beni comuni, salvo titolo contrario (Cass., Sez. II, 7 aprile 2000, n. 4350)» (Cass. 1 agosto 2014 n. 17556).

Si nota la citazione del precedente riportato in principio, a dimostrazione dell'uniformità di giudizio nel tempo.

Nel caso di specie questa parte d'edificio era venuta alla luce dopo la sopraelevazione e l'originario unico proprietario non se n'era riservata la proprietà al momento della cessione dei piani superiori, sicché il pozzo luce doveva considerarsi soggetto al regime del condominio. Anche se la sopraelevazione fosse avvenuta successivamente alla nascita del condominio, quella parte dell'edificio, considerata la funzione svolta, sarebbe stata da ritenersi condominiale.

Tutti devono partecipare alle spese di conservazione del cavedio?

Sentenza
Scarica Cass. 1 agosto 2014 n. 17556
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