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Problema: se tolgo un pilastro, il palazzo potrebbe crollare?

Il pilastro posto all'interno dell'abitazione, se ha funzione strutturale, è un parte condominiale e se la sua rimozione pregiudica la stabilità dell'edificio va vietata.
Avv. Valentina Papanice 

Se il pilastro è in casa, il condominio può mettere bocca?

In un alquanto singolare caso - non ci si sorprenda che gli operatori del diritto spesso decidano di darsi ai romanzi nel loro tempo libero, data la fonte di ispirazione che traggono dalla realtà -, il giudice del Tribunale di Milano, nella lite decisa con la sentenza n. 7/2019, si è trovato a decidere se una delibera condominiale con cui si vietava ad un condomino di rimuovere un pilastro posto all'interno della sua abitazione fosse legittima oppure no.

Ma vediamo quali sono le argomentazioni delle due parti, incuriosiscono in particolare quelle del condomino, e poi vediamo come ha deciso il giudice

Carenza di potere o competenza a decidere su una parte comune?

Il condomino attore contestava la delibera affermando che era stata emessa in carenza di potere. Non è esplicitato nel provvedimento il motivo per il quale per l'attore la delibera sarebbe inficiata da tale vizio, ma a giudicare dalla decisione del giudice, con ogni probabilità il motivo della contestazione è perché si tratta di un bene posto all'interno di una proprietà individuale (che abbia una funzione strutturale è, dice il Giudice, pacifico, dunque non contestato) quindi non sarebbe parte comune.

Siamo in un caso di intervento in casa propria che pregiudica la stabilità dell'edificio?

Inoltre, la delibera avrebbe violato l'art. 1122 c.c. nonché norme del regolamento di condominio.

Ricordiamo che l'art. 1122 c.c., nella sua attuale formulazione, al co.1 prevede che "Nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio".

Il pilastro strutturale è un bene comune, e quindi l'assemblea è competente

Mentre il condominio afferma la totale legittimità della decisione, spiegando che si tratta di un pilastro che avendo funzione strutturale, è una parte condominiale, ex art. 1117 c.c.

Il giudice afferma "è pacifico che il "pilastro tubolare" che l'attore intende rimuovere, sebbene collocato all'interno dell'unità immobiliare di proprietà" del condomino e che "costituisce elemento strutturale dell'edificio e, in quanto tale, rientra tra le parti comuni condominiali; va, quindi, escluso che la delibera impugnata abbia travalicato i poteri riconosciuti all'assemblea".

In conclusione, la parte è condominiale, e dunque la delibera non ha travalicato alcunché rientrando le relative decisioni nella competenza del condominio. Ricordiamo infatti che riguardo alle cose comuni la competenza dell'assemblea è generale ed incontra solo il limite del potere dell'amministratore.

Nel caso di specie, poi, l'art. 1122 co.2 prevede che "In ogni caso è data preventiva notizia all'amministratore che ne riferisce all'assemblea".

In condominio, dentro la proprietà privata c'è sempre una parte comune...e l'amministratore è comunque responsabile (anche se la legge non gli offre strumenti di controllo)

Uno dei limiti alla decisione assembleare è quello della proprietà individuale, ma a sua volta questa deve arrestarsi davanti al pregiudizio di un interesse collettivo e cioè del decoro, della sicurezza e della stabilità della cosa comune, come prevede l'art. 1122 c.c., richiamato dallo stesso attore.

Bisogna quindi vedere se la delibera sia anche fondata nel merito, cioè se è legittimo il divieto imposto al condomino.

Passando proprio all'art. 1122, il giudice ne esclude la violazione così come dell'art. 9 del Regolamento condominiale: tali nome ammettono infatti solo le opere all'interno delle unità immobiliari che rispettino il decoro architettonico e la stabilità dell'edificio; nel caso di specie, osserva il Giudice, trattandosi di una parte posta all'interno dell'edificio, ciò che rileva è solo l'aspetto della staticità e non anche quello del decoro.

Ebbene, l'accertamento disposto con consulenza tecnica d'ufficio ha rilevato in sostanza che se tutti facessero come il condomino attore, cioè se ognuno togliesse il suo pezzo di pilastro, la staticità dell'edificio sarebbe compromessa.

In soldoni, ciò che non possono fare tutti non può farlo nessuno.

Infatti, conclude il giudice "in definitiva, è indubbio che l'eliminazione del pilastro modificherebbe in senso peggiorativo la stabilità della costruzione e che, comunque, rispetto all'eliminazione dell'elemento strutturale, non sarebbe consentito il pari uso (cioè, l'analoga eliminazione) agli altri partecipanti al condominio".

In conclusione, affermata la competenza dell'assemblea a decidere sul punto, deve anche dirsi che anche nel merito la decisione dell'assemblea è legittima: in effetti, l'intervento programmato mette a rischio la staticità dell'edificio e dunque viola le norme ex artt. 1122 c.c. e del regolamento condominiale; non solo l'intervento potrebbe pregiudicare la stabilità dell'edificio; ma esso violerebbe anche la norma che consente l'utilizzo della parte comune nei limiti in cui ciò sia possibile anche da parte degli altri condomini (ex art. 1102 c.c.).

Il giudizio si conclude con la condanna del condomino soccombente alla refusione al condominio oltre che delle spese di consulenza tecnica d'ufficio e di parte, anche le spese di giudizio, che sono liquidate nella misura di 8000 euro per compensi oltre spese generali e oneri di legge.

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Sentenza
Scarica Trib. Milano 2 gennaio 2019 n. 7
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