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Va rimosso l'ascensore che non rispetta le distanze dalle vedute

Finestre, vedute e installazione ascensore. Si devono rispettare le distanze legali.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo 

L'ascensore realizzato tra fabbricati adiacenti deve rispettare le distanze legali delle vedute se installato all'interno della proprietà individuale

Niente deroghe alle distanze legali se l'ascensore privato sorge in un cortile non comune ma di proprietà esclusiva e i manufatti che circondano il cortile, pur aderenti, non costituiscono un unico fabbricato. Non si applica la disciplina speciale prevista dalla normativa anti-barriere architettoniche.

Questo, in sintesi, quanto deciso dalla seconda sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 13358/2016, pubblicata ieri.

L'ascensore realizzato tra fabbricati adiacenti deve rispettare le distanze legali delle vedute se installato all'interno della proprietà individuale, dunque non comune o condominiale.

Inutile invocare le deroghe alle distanze legali previste dalla legge n. 13/1989 sulle barriere architettoniche: l'ascensore va rimosso se sorge in un cortile di proprietà esclusiva e i manufatti, pur aderenti, non costituiscono un unico fabbricato.

La Suprema corte ha rigettato il ricorso del proprietario di un immobile con annesso cortile interno, che aveva realizzato un ascensore senza rispettare le distanze legali rispetto alle finestre dell'edificio confinante, di proprietà diversa, che si affaccia sullo stesso cortile.

Nel caso di specie mancano i presupposti per poter invocare la disciplina anti-barriere architettoniche. Innanzitutto, il cortile che ospitava la struttura dell'ascensore non è di proprietà comune o di uso comune a più fabbricati, ma di proprietà e uso esclusivo del ricorrente.

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Inoltre, i due edifici, anche se aderenti, non fanno parte di un unico fabbricato e costituiscono due proprietà distinte.

"Se è vero- osserva la suprema Corte - che il primo comma dell'articolo 3 della legge 13/1989 (relativo alla deroga alle distanze previste dai regolamenti edilizi) contempla, oltre ai cortili "comuni o in uso comune a più fabbricati", anche i cortili "interni", indipendentemente dal regime dominicale di questi ultimi, ciò tuttavia non consente di pervenire alla cassazione della sentenza gravata, perché quest'ultima risulta autonomamente sorretta dall'affermazione che l'obbligo del ricorrente di rispettare le distanze dai confini e dalle vedute previste dal codice civile deriva, nella fattispecie, dal disposto del secondo comma del suddetto articolo".

Per comprendere il caso in esame, è utile anzitutto ricordare quanto previsto dall'art. 3 della Legge n. 13/1989. Tale articolo dispone che le innovazione dirette ad eliminare le barriere architettoniche (tra le quali l'installazione di ascensori) "possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, anche per i cortili e le chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di uso comune a più fabbricati".

Il secondo comma dispone che "E' fatto salvo l'obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile nell'ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune"

Nella vicenda in oggetto di giudizio, Tizia, premesso di essere proprietaria di un appartamento in un fabbricato che chiude interamente un cortile interno di proprietà esclusiva di Caio, e che in tale cortile quest'ultimo aveva realizzato un ascensore che non rispettava le distanze legali rispetto alla finestra dell'attrice che sul medesimo si affaccia, citava Caio per la rimozione dell'ascensore.

Caio contestava la fondatezza della domanda, affermando la legittimità dell'opera, realizzata a norma di legge n. 13/1989 sul superamento delle barriere architettoniche.

Come anticipato, il Tribunale prima, e la Corte d'appello poi, hanno accolto la domanda dell'attrice ed escluso la possibilità di derogare alla disciplina sulle distanze per eliminare le barriere architettoniche, sulla base di una duplice ratio decidendi

  1. La deroga di cui al primo comma dell'art. 3 della legge n. 13/89 alle distanze previste dai regolamenti locali non è applicabile alla fattispecie perché il cortile ove è stato collocato l'ascensore è in proprietà individuale e non in proprietà comune o condominiale;
  2. In ogni caso, l'obbligo di rispettare le distanze dai confini e dalle vedute previste dal codice civile deriverebbe, nella fattispecie, dal disposto del secondo comma del suddetto articolo.

La decisione è stata conformata dalla Corte di Cassazione, a cui il proprietario dell'ascensore era ricorso per contestare la sentenza d'appello. Secondo quest'ultimo, entrambi i punti sopra elencati erano errati.

Quanto alla prima ragione, sarebbe irrilevante che il cortile sia in proprietà esclusiva, perché il citato art. 3 della L. n. 13/89 fa rifermento non solo ai "cortili comuni a più fabbricati" ed ai "cortili in uso comune a più fabbricati", ma anche ai "cortili interni", indipendentemente dalla circostanza che essi siano in proprietà comune o condominiale o individuale.

Quanto al secondo punto, nella fattispecie non si applicherebbe la disposizione di cui al secondo comma del suddetto art. 3, perché la stessa riguarderebbe la distanza tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni, mentre l'ascensore di cui si tratta è collocato all'interno di un fabbricato condominiale.

La suprema Corte, però, è di avviso contrario. Se è vero che il primo comma dell'art. 3 della L. n. 13/89 (relativo alla deroga alle distanze previste dai regolamenti edilizi) contempla, oltre ai "cortili i uso comune a più fabbricati", anche i cortili "interni", tuttavia nel caso di specie l'obbligo di rispettare le distanze legali dai confini e dalle vedute previste dal codice civile deriva, nella fattispecie, dal disposto del secondo comma del suddetto articolo.

Nella sentenza impugnata, infatti, è stato accertato non solo che non condominiale il cortile in cui è installata la colonna dell'ascensore, ma anche che non è condominiale, cioè non appartiene al medesimo fabbricato di cui fa parte l'unità immobiliare della controparte, la muratura perimetrale a cui detta colonna si appoggia.

Non ci sono dunque i presupposti per poter applicare la disciplina anti barriere architettoniche. Di conseguenza niente deroga alle distanze legali: l'ascensore va rimosso.

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Sentenza
Scarica Cassazione civile, n. 13358 del 28 giugno 2016
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