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Ascensore installato dal singolo condomino: un'operazione possibile ma le opere accessorie non devono ledere il decoro

L'installazione dell'ascensore sulle parti comuni, a cura e spese della sola parte attrice, costituisce un utilizzo legittimo della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 c.c.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

In linea generale la giurisprudenza sostiene che l'installazione dell'ascensore sulle parti comuni, a cura e spese della sola parte attrice, costituisce un utilizzo legittimo della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 c.c., non ricorrendo una limitazione della proprietà degli altri condomini incompatibile con la realizzazione dell'opera, non arrecando pregiudizio all'uso della cosa comune, né alla stabilità, sicurezza e decoro del fabbricato.

Tale ragionamento riguarda però l'impianto in questione e non opere collegate che possono incidere negativamente sul decoro del caseggiato.

A tale proposito merita di essere esaminata una vicenda recentemente esaminata dal Tribunale di Bergamo (sentenza n. 87 del 15 gennaio 2024).

Installazione di ascensore da parte del singolo condomino e opere accessorie lesive del decoro. Fatto e decisione

Due condomini presentavano alla collettività condominiale un progetto per la realizzazione, nel giardino di pertinenza della lor unità immobiliare, di un ascensore con annessi un vano di ingresso al piano terreno, un disimpegno al piano primo e un terrazzo a sbalzo, anch'esso al piano primo.

L'assemblea, dopo aver valutato le tavole del progetto, esprimeva, all'unanimità dei presenti, ferma contrarietà all'esecuzione di tali opere in quanto sostenevano che fossero idonee a modificare l'estetica delle facciate nelle forme, nel colore e nel volume (tale decisione invece non faceva alcun riferimento alla stabilità del fabbricato e alla violazione delle norme sulle distanze legali).

I detti condomini si rivolgevano al Tribunale per sentire dichiarare l'illegittimità della delibera impugnata, previo accertamento del loro diritto di realizzare le opere indicate nel progetto sottoposto ai condomini.

A sostegno della domanda, gli attori notavano che la delibera impugnata era in contrasto con l'art. 10, comma 3, del D.L. n. 76/2020, convertito nella L. n. 120/2020, in materia di abbattimento delle barriere architettoniche.

In particolare, hanno evidenziato come la loro iniziativa rientrasse nell'ambito di applicazione dell'art. 1102 c.c. e non fosse soggetta al rispetto del decoro architettonico. Il Tribunale non ha dato ragione agli attori. Secondo il giudicante, anche a prescindere dall'età obiettivamente piuttosto avanzata deli attori, quest'ultimi hanno diritto di avvalersi della disciplina di favore prevista dalla L. n. 13/1989 per l'abbattimento delle barriere architettoniche.

Come ha precisato lo stesso giudice però le opere che gli attori hanno deciso di realizzare a propria cura e spese interessano le facciate dell'unità abitativa di loro proprietà, le quali costituiscono beni comuni condominiali ai sensi dell'art. 1117 c.c.

Il Tribunale ha evidenziato che non tutti gli interventi prospettati dagli attori sono volti alla eliminazione delle barriere architettoniche. Questo fatto per il giudice lombardo è risultato determinante per respingere la bontà del progetto.

In particolare, il Tribunale ha messo in rilievo come esuli da tale finalità la realizzazione del terrazzo a sbalzo, opera accessoria alla quale non è applicabile la deroga al divieto di realizzare innovazioni che ledano il decoro architettonico dell'edificio, introdotta dall'articolo 10 comma 3 del D.L. n. 76/2020.

Ascensore tra presunzione di condominialità e regime delle innovazioni gravose.

Considerazioni conclusive

Bisogna considerare che qualora un condominio intenda installare un ascensore su parti comuni dell'edificio e a proprie spese, non trova applicazione l'art. 1120 c.c. (ed in particolare, la necessità che tali innovazioni siano deliberate dall'assemblea con la maggioranza c.d. "qualificata" e la spesa sia ripartita fra tutti i condomini su base millesimale), atteso che l'esborso è assunto interamente da un solo partecipante al condominio. Entra "in gioco" invece la disciplina di cui all'art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, e secondo cui ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto (Cass. civ. sez. II, 14/06/2022, n. 19087).

Con la conseguenza che ogni condomino può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa comune, senza il preventivo assenso degli altri condomini.

L'art. 1102 c.c. presuppone che l'opera del singolo condomino non impedisca l'altrui paritario uso, nè alteri la destinazione o arrechi pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edifici. Il comma 3, art. 10 del D.L. 76/2020 (cosiddetto "Decreto Semplificazioni"), convertito in legge dalla L. 11/09/2020, n. 120, ha aggiunto, alla fine dell'art. 2 della legge n. 13/1989, i seguenti periodi: «Le innovazioni di cui al presente comma non sono considerate in alcun caso di carattere voluttuario ai sensi dell'articolo 1121, primo comma, del codice civile.

Per la loro realizzazione resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di cui al quarto comma dell'articolo 1120 del codice civile». Per effetto di tale novella, l'art. 2 della L. n. 13/1989, nel testo attualmente vigente, prevede, quale unico limite alle innovazioni finalizzate ad abbattere barriere architettoniche, quello del pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato (non si parla di decoro).

In caso di inoperatività della deroga sopra detta, va dichiarato illegittimo l'uso particolare o più intenso del bene comune, ai sensi dell'art. 1102 c.c., ove si arrechi pregiudizio al decoro architettonico dell'edificio condominiale. L'art. 1102 c.c. non consente infatti qualsivoglia uso particolare del bene comune da parte del condomino, ma pone il principio del rispetto dell'estetica del caseggiato decoro, quale condizione della legittimità dell'uso della cosa comune.

Si comprende allora perché la sentenza in esame abbia parlato di lesione al decoro architettonico in relazione al terrazzo a sbalzo contemplato dal progetto architettonico degli attori, non essendo ad esso estensibile la disciplina di cui alla legge n. 13/1989, da qualificarsi di stretta interpretazione. In altre parole per il giudicante detta opera è accessoria e non strettamente indispensabile per l'eliminazione delle barriere architettoniche.

Sentenza
Scarica Trib. Bergamo 15 gennaio 2024 n. 87
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