Nei fabbricati dove non c'è ascensore, l'installazione del medesimo oltre ad aumentare il valore dell'edificio e delle singole proprietà, potrebbe tornare utile a molti. Si pensi ad esempio ai residenti degli ultimi piani, magari avanti con l'età, che avrebbero la possibilità di caricare e scaricare la spesa con molto più agio. Oppure si immagini il condòmino diventato disabile per un accidente improvviso che, con l'ascensore, sarebbe in grado di accedere agevolmente al proprio appartamento.
In questi come in altri casi, sappiamo che l'installazione non necessita di alcuna autorizzazione assembleare. Lo ha ricordato, recentemente, anche la sentenza del Tribunale di Napoli n. 5735 del 8 giugno 2022.
Infatti, secondo l'ufficio partenopeo, «l'installazione dell'ascensore non richiede il preventivo parere favorevole dell'assemblea: l'installazione dell'ascensore, trattandosi di bene del quale si può usufruire separatamente, può essere attuata anche a cura e spese di uno o di taluni soltanto, con i limiti di cui all'art. 1102 c.c., salvo il diritto degli altri partecipanti in qualunque momento di avvantaggiarsi della innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera».
Nella vicenda in commento, però, è stata valutata la distanza dell'impianto da una proprietà privata. Approfondiamo meglio, però, il caso concreto.
Limiti all'installazione dell'ascensore in condominio: il caso specifico
In un condominio, con due assemblee del luglio del 2017 e del giugno del 2018, la maggioranza deliberava l'installazione di un ascensore all'interno dell'edificio. In particolare, secondo il progetto approvato, l'impianto avrebbe avuto la sua collocazione nel cortile comune.
Ebbene, per le comproprietarie degli immobili posti al pian terreno, in quel momento destinati ad attività commerciali, la scelta del consesso era stata illegittima. La struttura, infatti, sarebbe stata troppo a ridosso di questi cespiti e, nello specifico, all'area dove questi caricavano e scaricavano le merci dall'interno del cortile.
Inoltre, con l'ascensore, non sarebbe stato possibile nemmeno mutare la destinazione di queste proprietà (come box auto), poiché non ci sarebbe stato più lo spazio per manovrare a tale scopo.
Insomma, l'installazione dell'ascensore era illegittima, poiché lesiva del diritto di proprietà delle attrici. Per questi motivi, i deliberati erano impugnati ed era chiesto il loro annullamento.
Ovviamente, il condominio si costituiva, contestando in toto le avverse deduzioni.
La causa si esauriva senza alcuna particolare attività istruttoria. Al termine della stessa, il Tribunale ha rigettato la domanda e ha condannato le attrici al pagamento delle spese di giudizio.
Installazione ascensore e uso della cosa comune
Nel caso in esame, così come in altre circostanze, assume rilievo l'uso della cosa comune. Nello specifico si tratta del cortile condominiale di questo fabbricato in Napoli, oggetto di parziale occupazione da parte dell'ascensore.
Ebbene, sembra questo l'unico limite che l'installazione in commento deve rispettare. L'ascensore, infatti, non può alterare la destinazione dell'anzidetto bene e tanto meno impedire che i vari condòmini possano servirsene ed utilizzarlo «Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto (art. 1102 co. 1 cod. civ.)».
Tale conclusione ha trovato riscontro nella sentenza in esame «ove il giudice verifica il rispetto dei limiti di cui all'art. 1102 c.c., deve ritenersi legittima l'opera realizzata» e, altresì, nella giurisprudenza della Cassazione.
Per gli Ermellini, infatti, «in tema di eliminazione delle barriere architettoniche, la I. n. 13 del 1989 costituisce espressione di un principio di solidarietà sociale e persegue finalità di carattere pubblicistico volte a favorire, nell'interesse generale, l'accessibilità agli edifici», pertanto, al fine di valutare la legittimità dell'installazione di un ascensore in condominio, del suo ampliamento o della sua sopraelevazione, è «necessario solo verificare il rispetto dei limiti previsti dall'art. 1102 c.c., da intendersi, peraltro, alla luce del principio di solidarietà condominiale (Cass. civ. ord. n. 31462/2018)».
Evidentemente, per il Tribunale di Napoli, l'ascensore in questione non mutava la destinazione del cortile e tanto meno impediva a tutti i condòmini di usare e servirsi del medesimo. Ecco perché la domanda diretta ad accertare l'illegittimità dell'impianto è stata respinta.
Installazione ascensore nel cortile: la normativa sulle distanze è applicabile?
Per il Tribunale di Napoli, in ciò confortato dalla giurisprudenza della Cassazione, è possibile installare l'ascensore in condominio, anche nel cortile comune, senza dover, necessariamente, rispettare la normativa codicistica o quella espressa nei regolamenti edilizi in tema di distanze «la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulle distanze».
Sull'argomento, una recente pronuncia della Cassazione, spiega che, a prescindere dal fatto che ci sia un disabile che, concretamente, acceda o meno ad un fabbricato, l'installazione dell'impianto de quo mira ad eliminare le barriere architettoniche e a realizzare un «principio di solidarietà condominiale, secondo il quale la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento, al fine dell'ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali (Cass. civ. sent. n. 30838/2019».
Perciò, sempre per la citata pronuncia, l'unico limite che occorre considerare è quello dell'uso della cosa comune che l'ascensore non può assolutamente frustrare. Nulla quaestio invece, per la normativa sulle distanze che, per le anzidette ragioni, non ha motivo di essere presa considerazione e può essere disapplicata «non vi è dunque ragione per escludere, in via di principio, come ha fatto la Corte di appello, l'operatività, anche riguardo all'ascensore, del principio secondo cui negli edifici condominiali l'utilizzazione delle parti comuni con impianto a servizio esclusivo di un appartamento esige non solo il rispetto delle regole dettate dall'art. 1102 c.c., comportanti il divieto di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, ma anche l'osservanza delle norme del codice in tema di distanze, onde evitare la violazione del diritto degli altri condomini sulle porzioni immobiliari di loro esclusiva proprietà».