Come individuare il proprietario dell'ascensore installato dopo la nascita del condominio?
Con l'ordinanza n. 10850 del 2020 la Corte di Cassazione, facendo applicazione di un principio già enunciato, ha statuito che chi ha installato l'ascensore successivamente alla nascita del condominio è il proprietario - insieme a chi eventualmente ha voluto aggiungersi in seguito contribuendo alle spese - e dunque può (anche) deciderne la rimozione.
La controversia di cui si occupa la Corte in questo caso sorge dalla decisione, da parte di chi aveva installato l'ascensore in epoca successiva alla nascita del condominio, di rimuoverlo, e dalla conseguente richiesta di reinstallarlo da parte di un altro condomino.
In secondo grado la Corte d'Appello, accogliendo il gravame, avevano riformato la sentenza di primo grado e condannato la parte appellata a ripristinare la situazione di fatto reinstallando l'ascensore.
La decisione si basava sulla presunzione di condominialità del bene - l'ascensore è espressamente incluso dall'art. 1117 c.c. tra le parti che sono comuni salva diversa disposizione del titolo - e stanti le prove che attestavano "il dato dell'asservimento funzionale e del costante utilizzo dell'ascensore al servizio" nonché in assenza di prova del titolo di acquisito di da parte di chi si affermava unico proprietario e dunque rivendicava il potere di rimuovere il bene.
Il fatto che l'ascensore fosse stato realizzato in epoca successiva al fabbricato non incideva sull'applicazione della norma di cui all'art. 1117 c.c.
Se l'innovazione è installata dopo la nascita del condominio le regole sono quelle dell'art. 1121 c.c.
Di diverso avviso rispetto alla Corte d'Appello, la Corte di Cassazione, per la quale la questione va risolta facendo ricorso alle norme contenute nell'art. 1121 c.c., secondo cui
"I. Qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.
II. Se l'utilizzazione separata non è possibile, l'innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa.
III. Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera."
Pertanto, secondo l'art. 1121 c.c., nel caso di innovazioni gravose - quale certamente è l'ascensore - la decisione di installare il bene può provenire anche da solo alcuni dei condomini, salva sempre la possibilità degli altri di aggiungersi nel godere dei benefici del bene contribuendo alle spese.
L'art. 1121 c.c. esclude la condominialità dell'innovazione realizzata da un solo condomino
Secondo il ricorrente in Cassazione, la questione va risolta alla luce di tale previsione normativa. Il ricorrente (ri)spiega infatti che il bene era stato installato a spese del suo dante causa (in sostanza, il precedente condomino), perché potesse raggiungere senza troppe difficoltà l'abitazione sua e quelle dei suoi parenti, e quindi sostiene che debba applicarsi quanto previsto dall'art. 1121 c.c., che esclude la condominialità dell'innovazione realizzata da un solo condomino.
Sostiene il ricorrente che il bene è di sua proprietà esclusiva, essendo stato installato dal suo dante causa, e non avendo gli altri condomini manifestato espressamente l'intenzione di partecipare all'innovazione, e che quindi ben poteva da solo deciderne la rimozione.
Come si decide in condominio l'installazione ex post di un ascensore
La questione quindi riguarda essenzialmente l'individuazione di chi può decidere di rimuovere un'innovazione, nella specie un ascensore, voluta e pagata da solo alcuni condomini ai sensi dell'art. 1121 c.c.; chi cioè in questi casi è da ritenersi proprietario.
Premette la Corte che dal momento che la richiesta attorea, di ripristino della situazione precedente, è da qualificarsi come "domanda di risarcimento in forma specifica volta a chiedere la reintegrazione dell'ascensore rimosso", "l'indagine sulla spettanza all'attrice del diritto di (com)proprietà si sostanzia nell'accertamento della qualità di titolare del credito risarcitorio", che richiede la prova dell'acquisto (valido) del bene (anche se non le più rigorose prove richieste per l'azione di rivendicazione) in quanto fatto costitutivo della pretesa: insomma, per pretendere il ripristino della situazione, l'attrice deve dimostrare di vantare il diritto di proprietà.
Le conclusioni della Corte d'Appello, basate sull'applicazione dell'art. 1117 c.c. e sulla prova dell'utilizzo comune del bene, sono errate.
La Corte territoriale infatti non ha fatto applicazione dell'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, secondo cui: l'installazione ex novo dell'ascensore (le cui spese vanno ripartite in base ai millesimi ai sensi dell'art. 1123 c.c. - a differenza di quelle relative alla manutenzione e ricostruzione dell'ascensore già esistente, che vanno ripartite ai sensi dell'art. 1124 c.c.- si richiama ad es. il precedente di Cass. n. 5975/2004) è da qualificarsi come innovazione; come tale, essa può essere deliberata dall'assemblea (con le maggioranze previste dall'art. 1136 c.c.) oppure direttamente da tutti i condomini: in entrambi i casi l'impianto diviene di proprietà comune.
Vi è però una via ulteriore, che è quella segnata dall'art. 1121 c.c.; si spiega infatti che, trattandosi di impianto suscettibile di utilizzazione separata, "quando l'innovazione, e cioè la modificazione materiale della cosa comune conseguente alla realizzazione dell'ascensore, non sia stata approvata in assemblea (come si desume dallo stesso art. 1121 c.c., che, al comma 2, parla di maggioranza dei condomini che abbia "deliberata o accettata" l'innovazione), essa può essere attuata anche a cura e spese di uno o di taluni condomini soltanto (con i limiti di cui all'art. 1102 c.c.), salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera (Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20713; Cass. Sez. 2, 18/08/1993, n. 8746; Cass. Sez. 2, 18/11/1971, n. 3314; Cass. Sez. 2, 13/03/1963, n. 614)."
La "particolare comunione parziale" dell'innovazione gravosa pagata solo da alcuni
A differenza di quanto concluso dalla Corte d'Appello, dunque, l'ascensore che sia installato nell'edificio dopo la costruzione di quest'ultimo per iniziativa di alcuni dei condomini, non appartiene a tutti i condomini, ma solo a coloro che l'hanno voluto sostenendone le spese.
Come è stato già affermato dalla stessa Corte di Cassazione, "ciò dà luogo nel condominio ad una particolare comunione parziale dei proprietari dell'ascensore, analoga alla situazione avuta a mente dall'art. 1123, comma 3, c.c., comunione che è distinta dal condominio stesso, fino a quando tutti i condomini non abbiano deciso di parteciparvi".
Possibilità, quest'ultima, riconosciuta a tutti i condomini dall'art. 1121, co. 3, c.c. (v. Cass. n. 20713/2017).
La relazione strumentale del bene costruito successivamente non è indice di condominialità
La presunzione di condominialità di cui all'art. 1117 c.c. non opera riguardo ai beni costruiti dopo la realizzazione dell'edifico condominiale.
In questi casi, infatti, tra i due criteri, quello dato dall'art. 1117 c.c. e quello offerto dall'art. 1121 c.c., "vince" il secondo.
Il collegamento funzionale, insomma l'attitudine del bene ad essere utilizzato da parte di tutti - utilizzazione che peraltro secondo parte avversa nel caso di specie è avvenuta solo per sua cortesia - mentre su un bene presente dall'inizio porterebbe a concludere, in assenza di diversa prova nel titolo, per la proprietà comune, non ha questo rilievo ove invece il bene sia realizzato successivamente: in tal caso, se è dimostrato che il bene è stato realizzato soltanto da alcuni dei condomini, si applica l'art. 1121 c.c.
Ricordiamo in proposto che l'elenco dei beni indicati dall'art. 1117 c.c. è puramente indicativo: non solo quelli ivi indicati ma anche altri, ove assolvano alla relazione strumentale nei confronti delle unità immobiliari, sono da considerarsi di proprietà comune, salvo che, come detto, il contrario non risulti provato dal titolo.
Come dice qui la Corte, "la presunzione legale di comunione di talune parti dell'edificio condominiale, stabilita dall'art. 1117 c.c., si basa sulla loro destinazione all'uso ed al godimento comune, e deve risultare da elementi obiettivi, cioè dalla attitudine funzionale della parte di cui trattasi al servizio od al godimento collettivo".
Se il titolo tace sul bene sorto successivamente, questo non vuol dire che sia comune
Né ha rilievo il fatto che quando le parti hanno acquistato l'immobile, l'ascensore fosse già presente ed il fatto che il titolo d'acquisto nulla dica circa le vicende dei beni che sono assistiti dalla presunzione di condominialità, "non comporta che essi possano validamente includere pro quota il diritto di comproprietà di beni originariamente sottratti alla presunzione e rientranti perciò nella proprietà esclusiva di uno o più condomini".
Dunque, conclude la Corte: al fine di dare prova del diritto di proprietà, il ricorso alla presunzione della condominialità di cui all'art. 1117 c.c. è possibile solo dimostrando che l'ascensore destinato all'uso comune fosse già esistente al momento della nascita del condominio o che, benché installato successivamente alla costruzione dell'edificio, fosse stato comunque realizzato con il consenso della medesima condomina o del suo dante causa.