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Nell'installazione di un ascensore in edifici “anziani” si deve tenere conto delle prescrizioni di cui alla legge n. 13/1989 e del decreto attuativo n. 236/1989?

L'impianto di ascensore è funzionale al perseguimento di finalità non limitabili alla sola tutela delle persone versanti in condizioni di minorazione fisica, ma individuabili anche nell'esigenza di migliorare la fruibilità dei piani alti dell'edificio.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 
25 Set, 2022

Le prescrizioni di cui alla legge n. 13/1989 e al decreto attuativo n. 236/1989 si applicano, conformemente al principio di irretroattività fissato dall'art. 11, primo comma, delle preleggi, ai soli edifici realizzati successivamente all'entrata in vigore della legge o agli edifici preesistenti la cui integrale ristrutturazione sia successiva.

In particolare, l'art. 1, primo comma, della legge n. 13/1989, precisa che i progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici, ovvero alla ristrutturazione di interi edifici, ivi compresi quelli di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata, presentati dopo sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, sono redatti in osservanza delle prescrizioni tecniche previste dal comma 2.

Deroghe alle prescrizioni tecniche per l'accessibilità degli edifici

In tema di accessibilità degli edifici e di eliminazione delle barriere architettoniche, le prescrizioni tecniche dettate dall'art. 8 del D.M. n. 236/1989, in ordine alla larghezza minima delle rampe delle scale (indicata nella misura di m. 1,20), possono essere derogate mediante scrittura privata, poiché l'art. 7 del medesimo Decreto consente, in sede di progetto, di adottare soluzioni alternative alle suddette specificazioni e soluzioni tecniche, purché rispondenti alle esigenze sottintese dai criteri di progettazione (Cass. civ., sez. II, 24/01/2019 n. 2050).

La riduzione delle scale "legittima"

Secondo i giudici supremi, considerate attentamente le abitudini attuali di vita e le esigenze degli abitanti delle grandi città, nonché le attuali caratteristiche della popolazione italiana (composta in misura di gran lunga prevalente da persone non giovani), tale installazione è legittima anche se comporta la riduzione della larghezza delle scale che costituisce il sacrificio minore.

Infatti - ad avviso della Cassazione - l'interesse all'installazione, nonostante il dissenso di alcuni condomini, dell'impianto di ascensore è funzionale al perseguimento di finalità non limitabili alla sola tutela delle persone versanti in condizioni di minorazione fisica, ma individuabili anche nell'esigenza di migliorare la fruibilità dei piani alti dell'edificio da parte dei rispettivi utenti, apportando una innovazione che, senza rendere talune parti comuni dello stabile del tutto o in misura rilevante inservibili all'uso o al godimento degli altri condomini, faciliti l'accesso delle persone a tali unità abitative, in particolare di quelle meno giovani (Cass. civ., sez. II, 14/06/2022, n. 19087).

Nel caso di specie alcune condomine dei piani alti citavano in giudizio i proprietari degli altri quattro appartamenti posti ai piani primo e secondo dello stabile, chiedendo che fosse accertato il loro diritto di installare, a proprie spese, un ascensore all'interno dell'edificio realizzato nell'anno 1960, che ne era sprovvisto.

In particolare, come da progetto di fattibilità, le attrici intendevano occupare con il vano ascensore la tromba delle scale e piccola parte degli scalini.

I convenuti eccepivano che nell'edificio mancava uno spazio idoneo ad alloggiare l'ascensore all'interno del vano scala, poiché non vi era la tromba delle scale; di conseguenza precisavano che l'installazione dell'ascensore avrebbe gravemente compromesso l'uso delle scale e della cabina al condomino.

Quando l'ascensore costituisce innovazione vietata

In ogni caso sostenevano come la riduzione in questione (che si intendeva effettuare mediante taglio parziale dei gradini per consentire l'alloggiamento del vano ascensore) fosse vietata dalla legge.

Il Tribunale dichiarava il diritto delle attrici all'installazione dell'ascensore, a loro cura e spese, all'interno dell'edificio. La Corte di Appello confermava la decisione di primo grado.

A sostegno dell'adottata pronuncia i giudici rilevavano che la legge n. 13/1989 e il decreto attuativo n. 236/1989 non regolavano il caso esaminato, con la conseguenza che la realizzabilità dell'opera era stata esaminata sotto il profilo della comparazione tra i vantaggi e gli svantaggi che essa avrebbe potuto determinare; che doveva essere confermata la valutazione del giudice di prime cure in ordine alla conformità dell'installazione dell'ascensore alle condizioni prescritte dall'art. 1102 c.c.; che, considerate attentamente le abitudini attuali di vita, il sacrificio minore si sarebbe realizzato incidendo sulla larghezza delle scale, ridotta a cm. 77,00, al netto del corrimano, per tutte le rampe, e a cm 74,00, sempre al netto del corrimano, per la sola prima rampa, peraltro con la possibilità che l'ingombro del corrimano potesse essere ridotto mediante accorgimenti particolari. La Cassazione come detto ha confermato la bontà del ragionamento dei giudici di secondo grado.

Sentenza
Scarica Cass. 14 giugno 2022 n. 19087
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