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L'ascensore è illegittimo se la gabbia esterna limita la visibilità

Ascensore esterno la cui gabbia limita la visuale di uno dei proprietari. Nulla la delibera dell'assemblea condominiale.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo - Foro Lecce 
14 Mar, 2016

È nulla la delibera dell'assemblea condominiale con la quale si approva la costruzione di un ascensore esterno la cui gabbia limita la visuale di uno dei proprietari. È quanto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 4726 del 10 marzo 2016.

La Corte ha respinto il ricorso dell'amministratore di un condominio di Cortina, che sosteneva la validità della delibera che aveva approvato la costruzione dell'ascensore.

La seconda sezione civile del Palazzaccio ricorda che i poteri dell'assemblea di condominio non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive, a meno che una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata, nei singoli atti di acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio.

Può non bastare, dunque, una delibera assembleare per realizzare il gabbiotto dell'ascensore all'esterno dell'edificio. Si devono valutare concretamente le lamentele del singolo condomino che si veda pregiudicata la visuale di cui poteva godere affacciandosi dalle finestre dei suoi appartamenti.

Una limitazione che incide negativamente sulla sfera della proprietà esclusiva, a maggior ragione se il panorama è quello delle bellissime Dolomiti.

La vicenda affrontata dalla Cassazione riguarda l'impugnazione proposta da una condomina contro la delibera con la quale l'assemblea aveva approvato, a maggioranza, la costruzione (poi realizzata) della gabbia di contenimento dell'ascensore, all'esterno dell'edificio condominiale.

A sostegno della propria domanda, la condomina affermava che la gabbia pregiudicava la visuale da alcune delle finestre degli appartamenti di cui era comproprietaria. Chiedeva dunque che l'opera fosse demolita e che l'amministratore e i singoli condomini fossero condannati a risarcirle i danni subiti.

Il tribunale, in base anche alla CTU espletata, accertava che effettivamente la gabbia contenitiva dell'ascensore finiva per ostacolare la visuale e si poneva a distanza non regolamentare dalle finestre.

Ne ordinava dunque la demolizione e condannava il condominio al risarcimento dei danni, anche con riferimento alla violazione delle distanza legali ex art. 907 c.c.La decisione veniva confermata anche dalla Corte d'appello, la quale precisava che, trattandosi di violazione della sfera della proprietà esclusiva, la delibera doveva considerarsi radicalmente nulla, con la conseguenza che l'impugnazione proposta doveva considerarsi ammissibile anche se proposta a distanza di anni (ben oltre il termine di 30 giorni previsto dall'art. 1137 c.c. per le sole delibere annullabili).

La Cassazione ha sostanzialmente confermato la sentenza di merito. Come si accennava all'inizio, la delibera va annullata perché l'assemblea avrebbe dovuto chiedere il consenso espresso della condomina prima di installare la gabbia dell'ascensore che impedisce la visuale e, dunque, limita il diritto di proprietà esclusiva.

La suprema Corte ha dunque respinto tutti i motivi del ricorso proposto dal condominio con una articolata motivazione. È interessante estrapolare alcuni passaggi che riguardano i limiti dell'utilizzo delle parti comuni con riferimento alla tutela della proprietà esclusiva dei singoli condomini.

Anzitutto viene chiarito che in tema di condominio di edifici, i poteri dell'assemblea, che sono fissati tassativamente dall'art. 1135 c.c., non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive, "tranne che una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o nei singoli atti di acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio che la preveda" (Cass. civ.,n. 9157/19991).

La suprema Corte ricorda poi che l'uso della cosa comune, in quanto sottoposto dall'art. 1102 c.c. ai limiti consistenti nel divieto di ciascun partecipante di alterare la destinazione della stessa e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, non può estendersi all'occupazione di una parte del bene tale da portare, nel concorso con gli altri requisiti di legge, all'usucapione della porzione attratta nella propria esclusiva disponibilità.

Il riferimento è alla tesi sostenuta dal condominio, secondo la quale lo stesso aveva usucapito il diritto di tenere la gabbia esterna dell'ascensore nella posizione in cui era stata installata, anche se in violazione delle distanze legali.

E ancora, ribadisce "Piazza Cavour", l'art. 1102 c.c., nel regolare i diritti dei partecipanti alla comunione, prescrive che in ogni caso non può essere alterata la destinazione della cosa comune, sicché solo le modificazioni di questa, in quanto consentano il pari uso secondo il diritto di ciascuno, rientrano nella previsione legale, mentre è vietata ogni diversa attività innovatrice.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, 10 marzo 2016 n. 4726
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