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Stalking messo in atto dal singolo condomino: è sufficiente l'invasione nella sfera personale del vicino

Non rileva la reciprocità del comportamento per escluderlo mentre è rilevante il mutamento delle abitudini di vita.
Avv. Caterina Tosatti 

Si configura il delitto di cui all'art. 612 bis c.p. (atti persecutori) solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l'alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all'art. 660 c.p. (molestie) ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato.

In tema di atti persecutori, la prova dell'evento del delitto, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico, ricavabili i) dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, ii) dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata.

Benché poi la reciprocità dei comportamenti molesti non escluda la configurabilità del reato di atti persecutori, in presenza di tali comportamenti incombe sul Giudice un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell'evento di danno, ossia dello stato d'ansia o di paura della presunta persona offesa, del suo effettivo timore per l'incolumità propria o di persone ad essa vicine o della necessità del mutamento delle abitudini di vita.

Così la Cassazione, Sezione I penale, con la sentenza n. 39675 del 29 settembre 2023.

Stalking: è sufficiente l'invasione nella sfera personale del vicino perché si configuri il reato. Fatto e decisione

La vicenda portata all'attenzione della Corte nasce da fatti accaduti tra privati, abitanti in un Condominio.

Il Tribunale di Roma condannava in I° Tizia, riconoscendola colpevole del reato di atti persecutori (c.d. stalking) in danno di Caio e Sempronia, suoi vicini.

Ricorsa Tizia in appello, la Corte d'Appello di Roma assolveva con formula piena l'imputata, ritenendo il fatto di reato non sussistere.

In seguito all'impugnativa della pronuncia in Cassazione, gli ermellini cassavano con rinvio la sentenza della Corte d'Appello; premettendo il principio di diritto in base al quale «il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva» (v. Cass., Sez. Un., n. 14800 del 21 dicembre 2017), la Corte evidenziava le seguenti mancanze del provvedimento di II°:

  • la Corte di merito non si era soffermata sulla griglia argomentativa adoperata dal Giudice di primo grado, il quale aveva fondato la condanna sul contributo delle persone offese e sul riscontro, proveniente da alcuni dei testi escussi, non chiarendo come e perché detta piattaforma probatoria fosse stata ritenuta priva di affidabilità;
  • non poteva, a tale scopo, rappresentare idoneo sforzo motivazionale il richiamo a provvedimenti emessi da altre autorità giudiziarie, non avendo la Corte territoriale chiarito se e come i fatti sottostanti a quegli addebiti fossero stati, anche sotto il profilo temporale, collegati a quelli sub iudice;
  • la sentenza annullata con rinvio aveva operato una valutazione parcellizzata di singoli fatti emersi, svolta senza affrontare tutti gli addebiti e senza tenere conto della portata invasiva della reiterazione dei singoli comportamenti, ma soffermandosi sulla pretesa irrilevanza penale di singole condotte, sottolineando il principio di diritto secondo il quale, per ritenere integrata la condotta di stalking, non è necessario che una singola condotta che compone la sequenza persecutoria configuri, di per sé, il reato di minaccia o molestia nel senso previsto dal codice penale, ma è sufficiente che il comportamento dell'agente sia connotato da una portata invasiva nella sfera individuale della vittima che, in conseguenza delle intrusioni dell'autore del fatto, patisca uno degli eventi della fattispecie;
  • quanto al profilo dell'evento del reato, la pronuncia assolutoria aveva escluso il perfezionamento del delitto di atti persecutori sulla base della circostanza che le vittime non avevano lasciato l'appartamento sito nel Condominio ove abitava anche Tizia, senza tuttavia confrontarsi con quanto osservato dal Giudice di primo grado, in relazione ai restanti profili attinenti al mutamento delle abitudini di vita delle persone offese, anche in costanza della loro permanenza nel condominio teatro di fatti.

La diversa Sezione della Corte d'Appello di Roma cui perveniva il rinvio dalla Cassazione, per la riedizione della decisione di II° nel merito, ribadiva la condotta di reato, sebbene diminuendo la durata della pena.

Secondo il diverso Collegio, l'imputata non aveva offerto una spiegazione alternativa della propria condotta o, comunque, elementi positivamente valutabili, al fine di desumere il carattere calunnioso delle accuse rivoltele dai suoi vicini di casa. Ribadisce il collegio che i comportamenti descritti, seppure isolatamente non integranti reato, sono stati, nel loro insieme, gravemente invasivi della sfera psichica delle vittime, per la loro reiterazione ossessiva e per la loro idoneità ad incidere, negativamente, sulla libertà morale dei destinatari, determinando un turbamento psichico dal punto di vista del disagio e dello stato di ansia.

Coerente con tale contesto viene ritenuta la decisione finale dei coniugi Caio e Sempronia di trasferirsi in altra abitazione, seppure ad essa la Corte territoriale riconnetta anche una serie di causali diverse.

Di qui il secondo ricorso per Cassazione di Tizia, che nuovamente impugna la sentenza.

La Cassazione, con la pronuncia su richiamata, cassa nuovamente con rinvio la pronuncia della Corte d'Appello, ritenendo in parte fondato il primo motivo di ricorso avanzato dalla difesa di Tizia.

Tra le doglianze proponibili quali mezzi di ricorso, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., non rientrano quelle relative alla valutazione delle prove, specie se implicanti la soluzione di contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni, l'indagine sull'attendibilità dei testimoni e parti lese, salvo il controllo estrinseco della congruità e logicità della motivazione, senza che possa essere svolto in sede di legittimità, un riesame delle fonti di prova raccolte nel giudizio di merito e già vagliate in quel contesto.

Come ribadito nella pronuncia di annullamento con rinvio, ai fini della sussistenza della condotta di atti persecutori, non è necessario che ogni singolo comportamento che compone la sequenza persecutoria configuri, di per sé, il reato di minaccia o molestia nel senso previsto dal codice penale, ma è sufficiente che il comportamento dell'agente sia connotato da una portata invasiva nella sfera individuale della vittima che, in conseguenza delle intrusioni dell'autore del fatto, patisca uno degli eventi della fattispecie.

Il delitto previsto dell'art. 612 bis c.p., che ha natura di reato abituale e di danno è, invero, integrato dalla necessaria reiterazione dei comportamenti descritti dalla norma incriminatrice e dal loro effettivo inserimento nella sequenza causale che porta alla determinazione dell'evento, che deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso, anche se può manifestarsi solo a seguito della consumazione dell'ennesimo atto persecutorio.

Sicché ciò che rileva non è la datazione o il contenuto penalmente rilevante in sé dei singoli atti, quanto la loro identificabilità quali singoli segmenti di una condotta unitaria, causalmente orientata alla produzione di uno dei tre eventi che la norma individua, ai fini della sussistenza del reato di cui all'art. 612 bis c.p.,

Ciò posto, continua la Corte, la critica della ricorrente Tizia coglie nel segno laddove denuncia il vizio di motivazione della ritenuta sussistenza dell'evento di danno del reato di atti persecutori che la Corte territoriale ha individuato, in questo caso, nello stato d'ansia che le condotte ripetute dell'imputata avrebbero generato a Caio e Sempronia, nonché nel cambio di abitudini di vita del nucleo familiare delle persone offese, sulla base, però, di una motivazione insufficiente, contraddittoria e, a tratti, soltanto apparente.

Ecco allora che, secondo la Cassazione, ha ragione Tizia a lamentarsi della motivazione offerta dal Giudice del rinvio, la quale descrive un insieme di condotte indicate come idonee a cagionare a Caio e Sempronia una continua fonte di disturbo, disagio, fastidio, ma non invece quello specifico stato d'ansia grave, anche sotto il profilo della idoneità a compromettere la libertà psichica della persona offesa, che la norma incriminatrice richiede ai fini di integrare il delitto contestato, mentre non sono specificamente descritte le situazioni di pericolo che sarebbero state determinate dall'imputata frapponendo ostacoli alle manovre in spazi ristretti relativamente agli spostamenti delle parti civili.

Inoltre, rileva la Corte come sia insufficiente e manifestamente illogica la motivazione resa dal Giudice del rinvio, anche se richiesta espressamente dalla sentenza rescindente, relativamente alla ritenuta sussistenza del cambio di abitudini di vita da parte del nucleo familiare delle parti civili.

Questo, invero, viene descritto quale conseguenza coerente con il contesto, ma contemporaneamente la condotta viene indicata come epilogo al quale, però, avevano contribuito anche considerazioni diverse da parte delle persone offese.

Il trasferimento dal Condominio in altra abitazione sita sempre nella medesima città, dunque, ha, secondo la motivazione del Giudice del rinvio, ragioni diverse rispetto al comportamento reiterato nel tempo attuato dell'imputata.

Stalking in condominio, quando viene commesso?

Né la sentenza di secondo grado si sofferma, valorizzando gli ulteriori profili cui si richiama anche la sentenza rescindente, attinenti al mutamento delle abitudini di vita delle persone offese in costanza della loro permanenza nel Condominio teatro dei fatti, come riscontrato dal primo giudice, sia pure limitatamente alla sentenza di I°, dove si accennava ai fastidi subìti per la condotta di Tizia alla limitazione dei propri spostamenti e delle soste in terrazza, all'aver dovuto Sempronia trascorrere la notte fuori casa quando il coniuge Caio era assente ed all'essersi essi indotti a lasciare l'abitazione dopo molti anni.

Considerazioni conclusive

È evidente come la sanzione penale, per essere applicata, necessiti di un rigore probatorio e di un corredo motivazionale robusti, proprio per evitare di condannare ingiustamente condotte inesistenti o non lesive.

Nel caso di specie, i diversi Giudici avvicendatisi hanno soppesato ed interpretato le condotte di reato, delle quali, peraltro, come si è letto, intravediamo unicamente i connotati, non essendo esse mai descritte puntualmente nella pronuncia esaminata.

Ciò che dobbiamo rilevare e trarre come conseguenza ed insegnamento risiede nella capacità lesiva di singoli atti persecutori e nella generazione delle situazioni descritte dalla norma dell'art. 612 bis c.p.

Sentenza
Scarica Cass. Pen. 29 settembre 2023 n. 39675
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