Secondo l'articolo 612-bis c.p. (Atti persecutori o stalking), salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
Le condotte di minaccia o molestie reiterate devono essere poste in essere "in modo da" - alternativamente - a) "cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura", ovvero b) "ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva", ovvero, ancora, c) "costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita".
La fattispecie in esame costituisce quindi un reato ad eventi alternativi, in quanto la realizzazione di uno solo dei tre effetti lesivi integra il reato.
Dalla natura di reato di evento consegue poi la necessità dell'accertamento del nesso causale tra gli eventi e le reiterate condotte delittuose commesse dal colpevole (detto soggetto attivo). Ma perché si possa parlare del reato di stalking bastano anche due sole condotte? Il delitto è configurabile anche quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto? A tali domande risponde la Corte di Appello di Milano con la sentenza n. 4256 del 9 giugno 2022.
Stalking condominiali e numero degli atti persecutori sufficienti: la vicenda
Un condomino - che era stato nominato consigliere - cominciava ad essere perseguitato da altro partecipante al condomino che lo accusava di aver approfittato del suo ruolo per sottrarre delle somme dalle casse condominiali (da notare che lo accusava pubblicamente, anche durante le riunioni condominiali, apostrofandolo come "ladro").
La vittima raccontava di aver vissuto mesi molto difficili a causa delle condotte persecutorie subite che lo avevano indotto a defilarsi dalle questioni del condominio e dalla carica di consigliere; in particolare subiva aggressioni fisiche e verbali che lo avevano costretto a richiedere l'intervento delle forze dell'ordine, nonché danneggiamenti della proprietà esclusiva (lancio d'acqua con la pompa e conseguente danneggiamento del parquet).
Tale situazione costringeva la vittima a modificare i propri orari di rientro a casa, a usare le scale e l'ascensore della scala opposta alla propria, a trascorrere i fine settimana fuori città, alterando, pertanto le proprie abitudini di vita, procurandogli altresì grave stato d'ansia e di paura.
Successivamente il Tribunale di Milano - a cui la vittima si era rivolta - riteneva l'altro condomino colpevole del reato di stalking, nonché del reato di lesioni (poiché aggrediva la vittima con manate al viso e al collo, procurandogli una "distorsione cervicale e un trauma cranico minore da percosse" giudicate guaribili in giorni 5), con l'aggravante di aver commesso il fatto quale autore del delitto di stalking nei confronti della stessa persona offesa.
Il Tribunale riteneva che l'imputato fosse pienamente consapevole di porre in essere sistematicamente e in maniera aggressiva condotte moleste tali da integrare il dolo generico richiesto dalla fattispecie in questione.
In ogni caso riteneva attendibili le dichiarazioni della persona offesa, dichiarazioni che erano confermate da numerosi riscontri esterni (deposizione del vicino di casa, fotografie dello stato dei luoghi scattate dalla persona offesa, registrazioni audio degli improperi).
Il soccombente si rivolgeva alla Corte di Appello facendo presente che i comportamenti descritti, vale a dire le aggressioni verbali, gli episodi di lancio d'acqua e una aggressione fisica, rappresentavano episodi sporadici, isolati e certamente mera risposta alle continue provocazioni della vittima.
Inoltre sosteneva che, in assenza di pedinamenti o danneggiamenti, il reato di stalking non era configurabile; negava poi vi fosse una prova circa la sussistenza di un reale mutamento delle abitudini di vita della vittima o la sussistenza di un grave stato di ansia a causa delle condotte patite, sostenendo che i meri spostamenti nel fine settimana non provavano il radicale cambiamento di abitudini di vita. In ogni caso non riteneva attendibili le dichiarazioni della vittima.
Stalking condominiali e numero delle condotte sufficienti: la decisione
La Corte di appello ha confermato la decisione di primo grado. Secondo i giudici di secondo grado si commette il delitto di atti persecutori anche con due sole condotte tra quelle descritte dall'art. 612 bis c.p., come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla legge.
Il delitto, inoltre, è configurabile anche quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi abbia determinato uno degli eventi previsti dalla legge.
Nel caso esaminato - come nota la Corte - la vittima ha ampiamente dimostrato come, a causa degli atti persecutori del vicino, evitasse in tutti i modi di incontrare l'imputato modificando i propri orari di entrata e uscita da casa e cercando di abitarvi il meno possibile.
In ogni caso i giudici di secondo grado hanno notato che anche volendo escludere la circostanza che, essendo primavera, la vittima avrebbe comunque trascorso i fine settimana fuori casa, si deve tenere conto del palese stato di ansia del condomino preso di mira dallo stalker. Quest'ultimo infatti ha minacciato di morte la vittima con il richiamo anche a conoscenze nella criminalità organizzata, minaccia oggettivamente idonea a creare allarme e preoccupazione in ogni soggetto.