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Stalking condominiale, un caso concreto

La conflittualità reciproca all'interno del condominio è di per sé penalmente irrilevante.
Avv. Eliana Messineo 

Il delitto di atti persecutori (art. 612 bis c.p.), "stalking" introdotto dall'art. 7 del D.L. 23 febbraio 2009 n. 11 (convertito il L. 23 aprile 2009 n. 38) punisce "chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita."

A partire dalla generale norma incriminatrice, la giurisprudenza ha formalizzato un'ipotesi delittuosa circoscritta all'ambito condominiale, il c.d. "stalking condominiale" costituito da una serie di comportamenti molesti e persecutori ad opera di un condòmino nei confronti degli altri partecipanti o nei confronti dell'amministratore di condominio.

Affinché si configuri stalking condominiale, le condotte persecutorie poste in essere dal condòmino responsabile devono essere reiterate e la vita della vittima deve essere negativamente condizionata per il perdurante stato di ansia e di paura ingenerato nella stessa anche tale da condurre al mutamento delle proprie abitudini di vita.

In generale, la fattispecie criminosa di cui all'art. 612 bis c.p. contempla tre eventi lesivi alternativi, conseguenti alla condotta persecutoria:

  • un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
  • un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da relazione affettiva;
  • un mutamento delle proprie abitudini di vita.

Vediamo un caso concreto di responsabilità penale per stalking nell'ambito del condominio, accertata dal Tribunale di Milano con sentenza n. 9221 del 22 settembre 2021 che ha condannato un condòmino per le condotte persecutorie ai danni di un altro condòmino, sussistendo gli eventi lesivi contemplati dalla fattispecie criminosa di cui all'art. 612 bis c.p.

Stalking condominiale: il fatto

La persona offesa, costituitasi parte civile nel procedimento in esame, riferiva in dibattimento di essere stato vittima di comportamenti persecutori da parte di altro condòmino che abitava al piano inferiore al suo, ripercorrendo in maniera specifica nel corso dell'esame dibattimentale lo schema dettagliatamene tracciato nel capo di imputazione.

Sicché la vittima raccontava i seguenti episodi di aggressione fisica e minaccia verbale:

  • di essere stato colpito, aprendo l'ascensore, con una manata al volto dall'imputato il quale seguitava ad insultarlo e a minacciarlo che se non gli avesse restituito i soldi asseritamente sottratti gli avrebbe fatto fare "una brutta fine"; minacce reiterate solo tre giorni dopo presso il suo box sito sulla stessa via del condominio;
  • di essere stato vittima di danneggiamenti al proprio appartamento ad opera dell'imputato che dal proprio appartamento sito al piano inferiore annaffiava verso l'alto munito di pompa con getto d'acqua molto forte, così da bagnare l'interno della sua abitazione danneggiando il parquet e rompendo la zanzariera; comportamento reiterato qualche giorno dopo allorquando l'imputato - poiché era caduta una camicia sul suo terrazzo mentre la vittima stava stendendo i panni - gettava ancora acqua verso l'abitazione della predetta usando lo stesso sistema e poi lanciava un uovo che finiva con il rompersi sulla sua zanzariera;
  • di essere stato aggredito solo quattro giorni dopo all'ingresso dell'ascensore venendo colpito al volto tanto da rompersi la stanghetta degli occhiali e da subire delle lesioni, il tutto sempre venendo insultato come "ladro" e minacciato di vendetta;

La vittima raccontava di aver vissuto mesi molto difficili a causa delle condotte persecutorie subite che lo avevano indotto a defilarsi dalle questioni del condominio e dalla carica di consigliere, a trascorrere molto tempo fuori casa facendosi ospitare dalla compagna dell'epoca e dal figlio residente in altra città.

Raccontava, altresì, di aver cercato di modificare i propri orari di uscita e rientro in casa al fine di renderli meno prevedibili per il suo vicino che tentava di schivare anche optando per un percorso più lungo per raggiungere casa propria ossia attraversando i solai dello stabile per scendere dal piano superiore a quello della sua abitazione in modo tale da accorgersi se vi fosse l'imputato ad attenderlo davanti alla porta.

Tali fatti venivano sostanzialmente confermati dai testi escussi e dalla documentazione acquisita sicché il Tribunale, alla luce delle risultanze istruttorie acquisite, accertava la responsabilità penale in merito al delitto di stalking e al delitto di lesioni, quest'ultimo riconducibile al medesimo disegno criminoso sotteso alla perpetrazione degli atti persecutori in virtù dell'identità di contestato umano e spazio-temporale e del nesso di strumentalità che lo connette alla più grave contestazione di stalking.

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La perpetrazione delle condotte e la sussistenza degli eventi lesivi: le motivazioni della sentenza

Per il Tribunale di Milano il delitto di stalking si configura anche in caso di perpetrazione delle condotte in un arco di tempo molto breve, come nel caso di specie.

Ciò, alla luce della ormai univoca interpretazione della Corte di Cassazione secondo la quale "è configurabile il delitto di atti persecutori anche quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi, pur concentrata in un brevissimo arco temporale, sia la causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice".

Il Tribunale ha ravvisato poi, nei comportamenti della vittima causati dalle condotte persecutorie, gli eventi lesivi da cui la norma incriminatrice fa discendere l'esistenza del delitto di stalking.

In particolare sono stati ravvisati due degli eventi lesivi previsti dalla norma: il mutamento delle abitudini di vita ed il perdurante stato di ansia e paura. Quanto al primo evento lesivo, è stato accertato che la vittima ha dovuto cambiare orari di entrata/uscita dalla propria abitazione, mutare percorsi all'interno dello stabile condominiale, nonché ricercare ospitalità e conforto dagli amici; quanto allo stato di ansia e paura, la vittima ha dimostrato di aver sofferto mesi difficili di angoscia dovuta alle reiterate minacce di morte e di ritorsione.

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Stalking, l'evento psicologico

In merito all'evento psicologico previsto alternativamente dalla norma incriminatrice, il Tribunale ha rammentato quanto asserito dalla Corte Suprema "la prova dell'evento del delitto, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalla dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata" (Cass. n. 17795/2017).

Il Tribunale ha pertanto ritenuto sussistente in capo alla vittima un grave turbamento psicologico ricavato dalle dichiarazioni della stessa, dunque da un punto di vista soggettivo, senza dar peso alla tesi difensiva dell'imputato secondo cui non avrebbe avuto alcuna intenzione di procurare ansia e paura in concreto.

Stalking, la reciprocità delle offese

Il Tribunale non ha ravvisato alcuna prova in merito all'asserita reciprocità delle offese tra le parti. Ad ogni buon conto, ha precisato che la conflittualità reciproca all'interno del condominio, è di per sé penalmente irrilevante, rammentando quanto statuito sul punto dalla Corte di Cassazione secondo cui "la reciprocità dei comportamenti molesti non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori, incombendo in tali ipotesi, sul giudice un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell'evento di danno, ossia dello stato d'ansia o di paura della presunta persona offesa, del suo effettivo timore per l'incolumità propria o di persone ad essa vicine o della necessità del mutamento delle abitudini di vita" (Cfr. Cass. n. 45648/2013).

Infine, il Tribunale ha ricordato che risulta sufficiente ad integrare l'elemento soggettivo del delitto, un dolo generico, riscontrato effettivamente nel caso di specie, poiché nel reato abituale, a differenza che nel reato continuato, il dolo non richiede la sussistenza di uno specifico programma criminoso verso il quale siano finalizzate condotte sin dalla loro rappresentazione iniziale.

Sentenza
Scarica TRIBUNALE DI MILANO n. 9221 22/09/2021
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