È sicuramente noto a tutti coloro che vivono in condominio che la giurisprudenza ha ammesso l'esistenza di una particolare forma di stalking: quella condominiale. In verità, lo stalking condominiale non è un delitto a sé stante: non costituisce, cioè, un'autonoma fattispecie delittuosa, ma solamente una particolare manifestazione del reato di atti persecutori (denominazione italiana dello stalking).
Il classico stalking condominiale è quello che avviene tra inquilini di diverse unità immobiliari: immissioni rumorose sistematicamente prodotte per non far riposare il vicino; piccoli danneggiamenti; ingiurie e diffamazioni reiterate; ecc.
Volendo mutuare il linguaggio utilizzato a proposito del mobbing in ambito lavorativo, quello appena descritto è il classico stalking condominiale orizzontale, cioè la tipica condotta persecutoria nei confronti dell'odiato vicino. Molti trascurano, però, la portata e la diffusione della stalking condominiale verticale, cioè quello fatto ai danni dell'amministratore.
Ebbene, occorre sapere che, nonostante l'amministratore sia un mandatario e, pertanto, gravi su di lui l'obbligo di informare i mandanti e di agire nel loro interesse, il rapporto contrattuale non giustifica chiamate continue, messaggi inopportuni e altre condotte che possano turbare la normalità della vita dell'amministratore.
È bene quindi non stressare eccessivamente l'amministratore, altrimenti c'è il rischio di una condanna per stalking.
Il reato di stalking: definizione e conseguenze legali
Il codice penale italiano non parla mai di stalking, bensì di atti persecutori. Secondo l'art. 612-bis del codice penale, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
Dunque, trattandosi di un tipico reato d'evento, cioè di una condotta penalmente perseguibile se all'azione segue un determinato esito, lo stalking sarà punibile soltanto se, a seguito di minacce o di molestie ripetute nel tempo, la vittima:
- subisce un duraturo e grave stato di ansia o di paura;
- ha un fondato timore per la propria o altrui incolumità;
- è costretta a modificare le proprie abitudini, come ad esempio quella di recarsi in palestra, al bar, ecc.
Stalking: anche pochi atti molesti possono essere perseguibili
Per orientamento giurisprudenziale oramai granitico (ex multis, Cassazione penale, sez. V, sentenza 02/01/2019 n. 61), per far scattare il reato di stalking sono sufficienti anche pochissimi atti molesti: per la precisione, sono sufficienti anche un paio di chiamate o qualche messaggio su WhatsApp per integrare il reato; ciò a condizione, ovviamente, che si verifichi nella vittima almeno una delle conseguenze elencate nel precedente paragrafo, e cioè lo stato d'ansia o di paura, il timore per l'incolumità personale o la modifica dello stile di vita.
Lo stalking condominiale ai danni dell'amministratore
Molti storceranno il naso sentendo parlare di stalking condominiale ai danni dell'amministratore, in quanto si potrebbe pensare a un comodo escamotage per evitare di fornire troppe spiegazioni.
Insomma, l'amministratore potrebbe esimersi dalle richieste dei condòmini e sfuggire ai propri compiti celandosi dietro l'egida dello stalking. In realtà, non è così.
Lo stalking ai danni dell'amministratore di condominio si verifica ogni volta che:
- la condotta del singolo condomino possa essere qualificata come minacciosa o molesta;
- la medesima condotta sia ripetuta a breve distanza di tempo per almeno due volte (non costituirebbero stalking, ad esempio, quattro telefonate fatte a distanza di molti mesi);
- dalla condotta persecutoria derivi, in capo all'amministratore, una delle conseguenze negative sopra enunciate.
Il problema principale è comprendere se lo stalking condominiale verticale ai danni dell'amministratore si ingeneri anche nel caso in cui la richiesta del condomino sia legittima.
Prendiamo il caso emblematico del condomino che insista per vedere la documentazione condominiale in possesso dell'amministratore. Com'è noto, l'amministratore di condominio è obbligato ad esibire in ogni tempo la documentazione su richiesta di uno o più condòmini (Tribunale di Firenze, II sez. civ., 9.3.2017 n. 784).
Il condòmino può visionare la documentazione anche solo per esercitare il suo potere di vigilanza e di controllo sull'operato dell'amministratore.
Ebbene, se l'amministratore si oppone alla legittima richiesta di uno o più condòmini incorre nella responsabilità civile prevista dal codice, con tanto di rischio di revoca; se, però, le richieste sono insistenti e diventano moleste, allora la condotta del condomino rischia di integrare il delitto di stalking anche se il rifiuto dell'amministratore è ingiustificato.
Ciò perché, contro il diniego illegittimo dell'amministratore, i condòmini possono agire con gli strumenti legali a loro disposizione (ad esempio, chiedendo al giudice di ordinare all'amministratore l'esibizione documentale), senza la necessità di sfociare in una condotta penalmente rilevante.
Tanto è confermato anche dal pacifico orientamento giurisprudenziale per cui il creditore che tormenta il proprio debitore per ottenere la riscossione di quanto dovuto risponde di stalking se supera i limiti dell'agire consentito.
In sintesi: l'inadempimento dell'amministratore non giustifica il reato del condomino.
Esempi di stalking condominiale rivolto all'amministratore
Orbene, tutti i comportamenti reiterati di tipo persecutorio costituiti da minacce, molestie o atti lesivi che creano un disagio psichico o fisico ed un senso di timore nella vittima, condizionandone così lo svolgere di una normale vita quotidiana, sono suscettibili di integrare il delitto di stalking, anche quando il bersaglio di tali condotte sia l'amministratore di condominio.
In via esemplificativa e non esaustiva, costituiscono molestie suscettibili di tramutarsi in stalking le continue richieste, legittime o meno, inoltrate all'amministratore a tutte le ore del giorno e della notte; le telefonate e i messaggi assillanti; i pedinamenti e gli appostamenti.
Costituiscono stalking ai danni dell'amministratore le continue ingiurie e diffamazioni sul suo conto, i danneggiamenti, le velate minacce e ogni altro tipo di intimidazione.
Contro questi comportamenti, l'amministratore è legittimato a sporgere querela entro il termine massimo di sei mesi dall'ultimo atto molesto.