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Stalking condominiale

Lo stalking in condominio, i presupposti del reato e l'applicazione ai rapporti tra condòmini e con l'amministratore.
Avv. Eliana Messineo - Foro di Reggio Calabria 

Il patologico rapporto di vicinato che purtroppo non di rado finisce in dramma, può integrare, all'interno del condominio, il delitto di stalking allorquando si verifichi uno stato di ansia e paura nella vittima, di timore per sé o per i propri congiunti, anche determinando un mutamento delle proprie abitudini di vita.

Prima di addentrarci nella ipotesi delittuosa, di matrice giurisprudenziale, di stalking condominiale vediamo quando si è in presenza della generale fattispecie stalking, il reato di atti persecutori.

Lo stalking: il delitto di atti persecutori.

Il delitto di atti persecutori (art. 612 bis c.p.) introdotto dall'art. 7 del D.L. 23 febbraio 2009 n. 11 (convertito il L. 23 aprile 2009 n. 38) punisce "chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita".

La norma non formula in maniera tassativa gli elementi costitutivi della fattispecie di reato con conseguente difficoltà per i giudici e per gli interpreti di individuare la condotta e gli eventi lesivi consistenti negli atti persecutori.

Ciò, nonostante la Corte Costituzionale, abbia sancito, con la storica sentenza n. 364 del 1988, come il principio di colpevolezza nel diritto penale non possa prescindere dalla conoscenza della legge penale che può aversi solo in presenza di norme chiare e tassative.

Ciò al fine di "garantire al privato la certezza di libere scelte d'azione: per garantirgli, cioè, che sarà chiamato a rispondere penalmente solo per azioni da lui controllabili e mai per comportamenti che solo fortuitamente producano conseguenze penalmente vietate".

Si dice "nullum crimen nulla poena sine legem" con la conseguenza che, come sottolineato da costante giurisprudenza, è necessario che la legge sia "accessibile, precisa e prevedibile quanto alla sua applicazione, al fine di evitare qualsiasi possibilità di arbitrio" (in tal senso Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, n 20935 del 2 marzo 2006).

La carenza del requisito di tassatività e di determinatezza del delitto di stalking determina la rilevanza del requisito della reiterazione degli atti di molestia e di minaccia. In tal senso giurisprudenza di merito sostiene che "due solo atti di aggressione non sono sufficienti a configurare il delitto di atti persecutori" (cfr. Tribunale di Roma, n. 3181 del 4 febbraio 2010) come pure "condotte persecutorie limitate a pochi giorni non sono idonee ad integrare il reato di cui all'art. 612 bis c.p.c." (in tal senso, GIP Trib. Reggio Emilia, 12 marzo 2009).

Secondo la Suprema Corte di Cassazione, invece, anche due soli episodi di minaccia o molestia possono integrare il reato di atti persecutori previsto dall'art. 612 bis cp se abbiano indotto un perdurante stato di ansia o di paura nella vittima, e o che si sia vista costretta a modificare le proprie abitudini di vita.

Fondamentale è, dunque, la reiterazione, in considerazione della non tassatività sia della condotta sia degli eventi.

La condotta consiste nella minaccia o nella molestia, intendendosi per minaccia "la prospettazione alla vittima di un male futuro, ingiusto e notevole in modo da incuterle timore". Per molestia "tutte le azioni di disturbo, appostamenti, telefonate, pedinamenti".

Le conseguenze della condotta di minaccia o di molestia sono gli eventi lesivi, provocati alla persona offesa, anche in via alternativa, e individuati dal legislatore quali effetti sulla salute della vittima, tali da:

  1. cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
  2. ingenerare un fondato timore per l'incolumità della vittima o di un suo prossimo congiunto o di una persona alla medesima legata da relazione affettiva;
  3. costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita.

Trattasi, dunque, di reato abituale d'evento ove "l'elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell'abitualità del proprio agire" (Cass. 28682 del 15 ottobre 2020).

Gli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice rappresentano il discrimine con il reato di molestie poiché, come statuito dalla Suprema Corte di Cassazione: "Non possono dar luogo alla configurabilità del reato di atti persecutori (art. 612 bis c.p.) ma, semmai, solo a quella del reato di molestie (art. 660 c.p.) condotte in conseguenza delle quali, pur potendo le persone offese provare sentimenti di rabbia nei confronti dei responsabili, non si producano però gli effetti tipici del primo dei suddetti reati, quali costituiti, da un "perdurante e grave stato di ansia e di paura", ovvero da un "fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto ovvero di persona al medesimo legata da relazione affettiva", da cui possa anche derivare l'avvertita necessità di "alterare le proprie abitudini di vita" (Cass. n. 23375 del 30 luglio 2020).

Il criterio distintivo tra il reato di atti persecutori e quello di molestia o disturbo alle persone di cui all'art. 660 cod. pen. consiste nel diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, nel primo caso, devono essere idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l'alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre nel secondo caso, le molestie si limitano ad infastidire la vittima del reato.

Tale distinzione è fondamentale e serve per ben individuare la configurabilità o meno del delitto di stalking, soprattutto nell'ambito condominiale, ove sono frequenti comportamenti molesti nell'ambito delle liti, ma che tuttavia non sempre integrano il delitto in argomento.

A tal proposito ricordiamo il caso di una condòmina condannata per molestie (ex art. 660 cp e non per stalking) per aver ripetutamente pulito il pianerottolo di pertinenza e la relativa parte di scala con un detersivo che causava allergia alla vicina al solo scopo di infastidirla (cfr. Cass. n. 39197 del 24 settembre 2013).

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E allora quando si configura lo stalking condominiale? Quando non si tratta di mere molestie o di semplici liti di pianerottolo?

Stalking condominiale

La premessa fatta fin qui si è resa doverosa e necessaria per sottolineare che proprio la mancanza di tassatività degli elementi costitutivi della fattispecie di stalking come prevista e punita dall'art. 612 bis c.p. ha reso possibile il riconoscimento dello stalking condominiale che non è una fattispecie speciale della più generale norma incriminatrice bensì una ipotesi delittuosa formalizzata dalla giurisprudenza.

Per stalking condominiale si intende una serie di comportamenti molesti e persecutori ad opera di un condomino nei confronti degli altri partecipanti o nei confronti dell'amministratore di condominio.

La punibilità dello stalking condominiale è stata riconosciuta per la prima volta dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 20895 del 7 aprile 2011 che ha precisato che ai fini della integrazione del delitto di atti persecutori di cui all'art. 612 bis cp non è richiesto che gli atti molesti siano diretti necessariamente a una sola persona rientrando anche la condotta di colui che compie atti molesti ai danni di più persone, costituendo per ciascuna motivo di ansia.

Per la Corte, infatti, la lettera della norma "minaccia o molesta taluno" non implica che ogni atto costitutivo della condotta criminosa dell'art. 612 bis debba avere ad oggetto la stessa persona.

Difatti, la minaccia rivolta ad una persona può coinvolgerne altre o comunque costituirne molestia.

Si pensi al caso di colui che minacci d'abitudine qualsiasi persona attenda ogni mattino nel luogo solito un mezzo di trasporto per recarsi ai lavoro.

Allo stesso modo si configura la condotta reiterata indiscriminatamente contro ogni persona, solo perché vive nello stesso luogo privato. Da qui l'estensione dello stalking all'ambito condominale.

Nel caso sottoposto alla Corte di Cassazione un condòmino aveva posto in essere una serie di atti persecutori - insulti, minacce di morte, pedinamenti, aggressioni sull'ascensore- contro le donne di qualsiasi età conviventi nell'edificio condominale.

Affinché si configuri stalking condominiale, ovviamente, le condotte persecutorie poste in essere dal condomino responsabile devono essere reiterate e la vita della vittima deve essere negativamente condizionata per il perdurante stato di ansia e di paura ingenerato nella stessa anche tale da condurre al mutamento delle proprie abitudini di vita.

È stalking impedire ai proprietari del garage l'ingresso della propria auto

Ne deriva che non bisogna confondere il delitto di atti persecutori con la semplice lite o l'inciviltà condominale, quali ad esempio gli schiamazzi dei bambini, i rumori molesti determinati dal rumore dei tacchi o dal volume alto della radio o del televisore, non essendo sufficiente, ai fini della configurabilità della fattispecie incriminatrice, il semplice disagio o fastidio del condòmino che subisce tale comportamenti, essendo invece necessaria intanto la reiterazione degli atti di disturbo che devono ripetersi nel tempo e devono provocare nella vittima o in più vittime, uno stato di timore e ansia generando un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico.

L'imbrattamento ripetuto degli spazi condominiali, la distruzione delle piante, i rumori molesti, gli appostamenti nell'androne o nel cortile condominiale per rivolgere ingiurie e o minacce, telefonate, sms, whatsapp dal chiaro intento persecutorio, anche attraverso post sui social network (attenzione a tale ultima modalità, perché sul tema è intervenuta di recente la Cassazione, sent. n. 34512/2020, stabilendo che "In tema di atti persecutori, non integra la condotta di cui all'art. 612-bis cod. pen. la pubblicazione di "post" meramente canzonatori ed irridenti su una pagina "Facebook", liberamente accessibile a chiunque, mancando il requisito dell'invasività inevitabile connessa all'invio di messaggi "privati" (sms, "whatsApp") o alle telefonate"); ecco, tutti questi comportamenti, qualora siano caratterizzati da reiterazione e abbiano come conseguenza lesiva lo stato di paura e ansia nella vittima, possono integrare la fattispecie di stalking condominiale.

È sempre necessario, dunque, valutare la sussistenza dell'evento lesivo conseguente alla condotta persecutoria poiché, ad esempio, ai fini dell'individuazione del cambiamento delle abitudini di vita, che costituisce uno dei tre possibili eventi alternativi contemplati dalla fattispecie criminosa di cui all'art. 612 bis cod. pen., occorre considerare il significato e le conseguenze emotive della costrizione sulle abitudini di vita cui la vittima sente di essere costretta e non la valutazione, puramente quantitativa, delle variazioni apportate ( cfr. Cass. n. 10111 del 2018).

Stalking condominiale nei confronti dell'amministratore di condominio

Anche l'amministratore è spesso vittima di atti persecutori, in qualità di rappresentante e organo esecutivo del condominio. Anche nei suoi confronti possono verificarsi continue e ripetute ingiurie, danneggiamenti, minacce, comportamenti questi facilmente riconoscibili come integranti la fattispecie di stalking condominiale.

Il discorso si complica, invece, quando i comportamenti nei confronti dell'amministratore consistono in diverse richieste di accesso agli atti, in continue telefonate, lettere, poiché in questi casi sussiste l'obbligo dell'amministratore in qualità di mandatario di interessi altrui, di rendere al mandante (il condòmino) il conto dell'attività da lui svolta.

Anche in questi casi, dunque, l'elemento che integra il delitto di stalking condominiale è dato dalla reiterazione della condotta e dallo stato di ansia e paura ingenerato nell'amministratore.

Come nel caso portato dinanzi al Tribunale di Novara di un'amministratrice contro un condomino che si era reso colpevole di continue richieste di revisione del suo operato, con un atteggiamento di eccessivo controllo.

Animali domestici e stalking condominiale: un caso singolare

Merita menzione la condotta persecutoria di una condòmina ai danni di una vicina per la singolare e quanto mai paradossale modalità di persecuzione messa in atto: la condòmina infatti molestava la vittima attraverso le deiezioni dei propri gatti i quali venivano lasciati liberi per fare i propri bisogni con l'unico ed evidente intento di infastidire la dirimpettaia.

Con sentenza n. 25097 del 5 giugno 2019, la Cassazione ha stabilito che allorquando un condòmino volutamente continui a liberare gatti nelle parti comuni dell'edificio nell'evidente consapevolezza delle conseguenze che ciò comporta sul pano igienico e delle molestie che in tal modo si arrecano ai vicini, tale comportamento è riconducibile all'art. 612 bis cp.

Stalking: come difendersi

Preliminarmente all'azione penale, ossia fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all'art. 612 bis cp, la persona offesa può avanzare richiesta al Questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta.

Si tratta dell'istituto di ammonimento allo stalker, introdotto dall'art. 8 del D.l. n. 11 del 2009, che consiste nella richiesta avanzata dalla persona offesa al Questore affinché questi, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentire le persone informate dei fatti, ammonisca oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale.

L'intento dell'istituto è di dissuadere l'ipotetico stalker dal comportamento persecutorio, per evitare il procedimento penale e per avere una tutela tempestiva per la vittima. Laddove l'ammonimento del Questore non faccia desistere lo stalker dal commettere altri atti persecutori, la vittima potrà chiederne la punizione dando così inizio a un vero e proprio processo penale.

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