In epoca di bonus edilizi (ormai in fase discendente) la mancata esecuzione delle opere o il ritardo nel far partire i lavori, in dipendentemente dalla possibilità di conseguire le penali pattuite in contratto, poteva essere compensato con delle penali per il ritardo, può comportare la perdita del beneficio fiscale.
A tale proposito merita di essere segnalata una recente sentenza che si è occupata di un conflitto tra un condominio e un appaltatore che non ha eseguito i lavori relativi al bonus facciata (sentenza del Tribunale di Torino 2 ottobre 2023 n. 3756).
Si ricorda che tale bonus, con il 2023 è arrivato a scadenza. Pertanto, è possibile fruire della detrazione fiscale (pari, nel 2022, al 60%) solo per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022.
Condominio contro appaltatore: esito della controversia sul bonus facciate
Un condominio deliberava la realizzazione di opere relative al Bonus Facciate 90% (con sconto in fattura e detrazione fiscale), affidando l'incarico ad un'impresa edile. Successivamente la stessa assemblea decideva di dare incarico ad un tecnico di procedere alle incombenze preliminari, quali la presentazione della comunicazione di esecuzione dei lavori di rifacimento delle facciate lato strada e dei balconi prospettanti sulla medesima, la redazione del piano di sicurezza e l'invio della notifica preliminare; allo stesso tecnico veniva poi affidata la direzione dei lavori.
Decisi a conseguire il vantaggioso Bonus Facciate, i condomini decidevano di procedere alla stipula del contratto (in data 9.12.2021) ed in conformità ad esso, al pagamento alla ditta appaltatrice del 10% del valore dell'importo dei lavori; in ogni caso venivano saldati anche i costi per l'asseverazione della congruità delle spese, per la stesura del computo metrico e per il visto di conformità (e veniva anche effettuato un sopralluogo allo scopo di posizionare il cartello di cantiere).
Ciononostante, l'impresa non iniziava i lavori. Il condominio inviava allora via pec una diffida (del 31.1.2022) ex art. 1454 3 c.c. con cui intimava all'impresa di iniziare i lavori entro il 15.2.2022, iniziativa rimasta senza effetto.
Non sortiva alcun effetto pure la pec (dell'1.3.2022) con cui era stata inviata altra diffida all'appaltatore per ottenere il cronoprogramma e l'asseverazione sulla congruità dei costi; a nulla erano valsi pure i solleciti telefonici effettuati anche da parte del direttore dei lavori, non avendo la ditta appaltatrice provveduto neppure alla predisposizione del ponteggio.
Il condominio deliberava di effettuare il recesso (comunicato il 14.6.2022) e poi si rivolgeva al Tribunale richiedendo, previa declaratoria della legittimità del recesso, la condanna dell'appaltatore alla restituzione di € 53.089,74 oltre interessi, nonché al risarcimento dei danni del contratto pari a € 4.307,56 a titolo di rimborso dei costi per l'asseverazione della congruità delle spese, computo metrico e visto di conformità, nonché € 16.300 a titolo di penali da ritardo.
La domanda del condominio è stata accolta. Come ha notato il Tribunale la ditta incaricata, scegliendo di non costituirsi, non ha assolto al proprio onere di provare l'esatto adempimento alle obbligazioni contrattualmente assunte.
Del resto sono risultate del tutto inconsistenti e non opponibili al condominio le "fragili" giustificazioni addotte dalla convenuta.
Quest'ultima perciò è stata condannata a restituire al condominio le somme corrisposte in relazione alle fatture corrispondenti al 10% dell'ammontare lavori e a rimborsare gli oneri tecnici. Naturalmente l'impresa è stata condannata a pagare pure le spese legali.
Respinta invece la richiesta di pagamento delle penali previsto solo per eventuali ritardi nell'ultimazione lavori concordata.
Inadempimento dell'appaltatore: diritti del committente e risarcimento danni
Non vi è dubbio che qualora l'appaltatore non esegua interamente l'opera o la consegni con ritardo rispetto al termine pattuito, trovi applicazione la disciplina generale sull'inadempimento del contratto.
Di conseguenza se i lavori che l'appaltatore si è contrattualmente impegnato a realizzare non vengono iniziati il committente può, innanzitutto, mettere in mora l'appaltatore ai sensi dell'art. 1219 c.c., con apposito atto sottoscritto dallo stesso committente o dal direttore lavori con il quale si invita ad adempiere entro un certo termine, salva la prova che il ritardo non sia imputabile all'appaltatore.
Nella vicenda esaminata il condominio ha fatto ricorso al rimedio previsto dall'articolo 1454 c.c. (diffida ad adempiere), intimando per iscritto all'appaltatore di adempiere alle sue obbligazioni entro un dato termine preavvisandolo che, in caso contrario, il contratto si sarebbe risolto.
È stato precisato che assegnare al debitore un termine ad adempiere inferiore a quindici giorni, facendo riferimento a precedenti solleciti, non è giustificato perché fa leva su una circostanza del tutto estranea alla natura del contratto, ossia sul comportamento omissivo del debitore (Cass. civ., Sez. I, 14/05/2020, n. 8943).
In ogni caso, utilizzando questo rimedio, qualora l'adempimento non intervenga entro tale termine (che come detto non può comunque essere inferiore a quindici giorni salvo casi particolari), il contratto stipulato dal condominio con l'impresa inadempiente si intende "risolto di diritto" (Trib. Pisa 10 aprile 2014), salvo ovviamente il diritto di agire in giudizio per il risarcimento del danno.
A tale proposito si ricorda che, in merito al contratto di appalto avente a oggetto il restauro della facciata principale del condominio, sussistono i presupposti per la dichiarazione della responsabilità contrattuale dell'appaltatore e per la pronuncia della successiva risoluzione del contratto laddove risulti provata l'avvenuta conclusione dello stesso e il mancato inizio dei lavori commissionati entro i termini della normale tolleranza richiesta dai principi di correttezza e buona fede contrattuale.
L'assenza di qualsivoglia ulteriore intesa tra le parti, con contenuto modificativo o estintivo del contratto sottoscritto e la disponibilità del committente ad accettare le proposte formulate dall'appaltatore nel corso delle trattative intervenute a seguito dell'inadempienza, legittimano la pretesa risolutoria.
Dalla stessa ne deriva il diritto del committente al risarcimento del danno subito per effetto dell'inadempimento contrattuale, da identificarsi nel danno emergente ovvero nella differenza tra l'importo pattuito con il convenuto inadempiente e il maggior costo da dover supportare per effetto della sottoscrizione di un altro contratto maggiormente oneroso (Trib. Bologna 13 ottobre 2010, n. 2812).