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Prorogatio imperii in condominio

L'amministratore uscente deve gestire il condominio fino a quando l'assemblea o l'autorità giudiziaria non nomini un sostituto che ne prenda il posto.
Avv. Mariano Acquaviva 

L'amministratore gestisce il condominio per conto dei proprietari. La sua figura è importantissima, a tratti essenziale, tant'è che la legge ne ha previsto l'obbligatorietà negli edifici con almeno nove condòmini.

Il ruolo ricoperto dall'amministratore è valorizzato da un particolare istituto che, inizialmente di creazione meramente giurisprudenziale, ha trovato la sua definitiva consacrazione nell'ottavo comma dell'art. 1129 c.c., a tenore del quale «Alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto […] ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi». Siamo parlando, ovviamente, della prorogatio imperii. Analizziamone gli aspetti principali.

Cos'è la prorogatio imperii in condominio?

La prorogatio imperii è l'istituto che consente all'amministratore, formalmente cessato dall'incarico, di continuare a gestire il condominio in attesa di un successore che prenda il suo posto.

La prorogatio sta ad indicare proprio la continuità del mandato dell'organo dimissionario, revocato o in scadenza, fino a che non ne venga nominato uno nuovo.

La ragione della prorogatio è piuttosto semplice: evitare che un condominio si trovi improvvisamente sprovvisto di amministratore, in modo da scongiurare una possibile e pericolosa stasi della gestione.

Si pensi al fabbricato di rilevanti dimensioni che, nel bel mezzo dell'esecuzione di importanti lavori straordinari, si trovi senza amministratore: in un'ipotesi del genere, non vi sarebbe nessuno a occuparsi dei pagamenti e degli altri adempimenti necessari ad assicurare la prosecuzione degli interventi, con grave pregiudizio per tutta la compagine.

Quando scatta la prorogatio imperii?

La prorogatio imperii trova applicazione ogni volta che l'amministratore non sia più in carica, qualunque possa esserne la ragione.

Ciò significa che la prorogatio si applica tanto nelle ipotesi di dimissioni quanto in quelle di revoca dell'incarico da parte dell'assemblea, scadenza del mandato senza aver provveduto al rinnovo annuale, sopravvenuta perdita dei requisiti di onorabilità/professionalità, annullamento o nullità della nomina.

Insomma: ogni volta che l'amministratore non può più formalmente ricoprire tale incarico, per scelta propria o di altri, scatta in automatico la prorogatio.

L'unico caso in cui la prorogatio imperii non opera è quella in cui l'amministratore sia deceduto.

Quando cessa la prorogatio imperii?

Come accennato, la prorogatio imperii termina con la nomina di un nuovo amministratore, foss'anche ad opera dell'autorità giudiziaria.

Da questo punto di vista, la prorogatio non è dissimile alla norma processuale (art. 85 c.p.c.) che impone all'avvocato di continuare a difendere il proprio assistito fino a quando un nuovo legale non sarà subentrato nell'incarico.

I poteri dell'amministratore uscente, dunque, si estendono per un periodo di tempo indeterminato fino al momento della effettiva sostituzione.

Chi accetta l'incarico di amministratore, quindi, deve mettere in conto che dello stesso potrebbe non liberarsi facilmente, nell'ipotesi in cui l'assemblea non proceda alla tempestiva nomina di un sostituto.

Cosa può fare l'amministratore in prorogatio?

Secondo il sopracitato art. 1129 c.c., l'amministratore in prorogatio è tenuto ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni, senza peraltro diritto ad ulteriori compensi.

La norma, seppur concisa, è stata interpretata nel senso di attribuire all'amministratore non solo il potere di compiere le attività indifferibili ma anche tutte quelle che rientrano nell'ordinaria amministrazione, come ad esempio la riscossione delle quote per il pagamento delle bollette.

Egli può compiere anche le attività a difesa della compagine, come ad esempio il recupero di un credito condominiale prossimo alla prescrizione.

Se nelle "attività urgenti" che l'amministratore in prorogatio può compiere inseriamo quelle straordinarie menzionate anche dall'art. 1135, comma secondo, c.c., possiamo praticamente concludere affermando che i poteri dell'amministratore "ad interim" sono identici a quelli di chi è nel pieno esercizio del proprio mandato.

La vera differenza potrebbe consistere nella possibilità di compiere interventi di manutenzione straordinaria non urgenti, per i quali il menzionato art. 1135 c.c., al primo comma, attribuisce la competenza esclusiva all'assemblea.

Volendo coordinare quest'ultima disposizione con quella dell'art. 1129 c.c. inerente alla proroga dei poteri, potrebbe concludersi ritenendo proibito, per l'assemblea, autorizzare l'amministratore in regime di prorogatio a compiere le attività straordinaria non urgenti.

Se invece si dovesse optare per l'opposta tesi, ammettendo quindi che l'assemblea possa autorizzare l'amministratore in progatio a compiere anche le attività straordinarie non urgenti, allora dovremmo concludere affermando che amministratore in piena carica e amministratore in prorogatio hanno identici poteri.

L'Amministratore di condominio e le basi del Mandato

L'amministratore in prorogatio imperii va pagato?

L'art. 1129 c.c. è molto chiaro nel vietare all'amministratore in prorogatio il compenso per l'attività svolta.

In questo senso anche la giurisprudenza (Cass., 17 maggio 2018 n. 12120) secondo cui, una volta cessato l'incarico, l'amministratore non può chiedere di essere pagato: non può cioè rivendicare alcun compenso per le opere prestate durante il "periodo transitorio" che va dalla scadenza del suo mandato alla sua materiale sostituzione.

L'amministratore in prorogatio ha però facoltà di chiedere ai condòmini il rimborso delle spese anticipate in questo lasso temporale a favore del condominio (Trib. Torino, 29 gennaio 2016 n. 544.).

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