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I poteri dell'amministratore di condominio durante la prorogatio imperii

Un focus sulla prorogatio dell'amministratore di condominio.
Avv. Caterina TOSATTI - Foro di Roma 

La qualità e l'entità dei poteri dell'Amministratore che, dimessosi o sfiduciato dall'Assemblea o ancora revocato dall'Autorità Giudiziaria, rimane quale figura che gestisce il Condominio sino all'assunzione effettiva dell'incarico da parte del successore ha sempre suscitato grande dibattito e perplessità.

Tra i condòmini, i quali desiderano sapere che cosa sia legittimato a fare il soggetto che essi abbiano eventualmente sfiduciato.

E tra gli Amministratori, i quali, anche se sfiduciati o dimissionari (nonché revocati dall'A.G.), si ritrovano a dover continuare nella gestione sino a che il collega che subentra loro non assuma il comando e, apparentemente, dovendo continuare nella gestione senza compenso - ma questo punto lo chiariremo più avanti.

Prorogatio: chi era costei? Quando parliamo di prorogatio sarebbe opportuno fare un tuffo nel nostro passato e riscoprire l'etimologia della parola, che ci aiuterebbe a comprendere immediatamente di cosa stiamo parlando. "Prorogatio " deriva da due parole latine, ovvero 'pro' e 'rogatio', sostantivo tratto dal verbo 'rogare': 'pro' significa 'avanti' e 'rogare' vuol dire 'domandare, convocare'.

Il termine era adoperato nella Roma repubblicana - cioè nell'epoca che va dalla caduta del Re Tarquinio il Superbo sino all'avvento di Giulio Cesare - per indicare quella situazione particolare in cui, venendo a scadere il mandato in capo alla persona fisica che ricopriva una carica, una magistratura, era necessario riunire il Senato affinché si decidesse si prolungare di un altro anno la medesima persona fisica nella medesima carica.

Così venivano di consuetudine prorogati i consoli o i pretori, che divenivano 'proconsoli' e 'propretori', ad indicare proprio tale loro qualità di incaricati per un ulteriore periodo.

Quindi comprendiamo perché abbiamo spiegato la parola ' prorogatio' come 'chiamare avanti', nel senso che le persone interessate, così come i senatori, venivano convocate dinnanzi al Senato allo scopo di deliberare il prolungamento delle loro cariche magistratuali.

" L'imperium" è concetto complesso: basti qui dire che si sostanziava, sempre nell'epoca della Roma repubblicana, nel potere di comandare l'esercito, attribuito ai consoli.

Il nostro ordinamento conosce la prorogatio imperii per averla mutuata, sebbene travisandola, come capiremo avendo analizzato l'etimo della parola e dell'istituto, in vari settori.

Nel diritto costituzionale, conosciamo la prorogatio imperii delle Camere parlamentari, prevista espressamente dalla Costituzione (Art. 61), laddove si impone che le Camere elette rimangano, dopo la fine della legislatura, nella pienezza delle proprie funzioni sino all'elezione dei nuovi membri.

Lo stesso avviene per il Presidente della Repubblica, laddove l'Art. 85 Cost. afferma che, qualora fosse necessario provvedere alla sua nomina in costanza di Camere sciolte o quando manchino 3 mesi alla fine della legislatura, il Presidente in carica, benché scaduto, rimane in prorogatio sino all'elezione dei membri delle nuove Camere, che poi lo esprimeranno.

Sono previsti anche casi di prorogatio degli enti comunali e provinciali o regionali, a patto che, come chiarito dalla Corte costituzionale ed a mente dell'Art. 97 Cost., sussista un'espressa riserva di legge in tal senso, cioè a patto che la legge lo preveda, perché non è possibile darsi applicazione analogica in questa materia.

Anche nella materia societaria, materia affascinante e peculiare verso la quale si tenta da tempo immemore di trascinare il diverso ed altrettanto peculiare istituto del condominio, fortunatamente sinora con poco successo, l'art. 2385 c.c., 2° comma, in materia di società per azioni e loro Amministrazione, prevede che ««La cessazione degli amministratori per scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il consiglio di amministrazione è stato ricostituito.»», così istituendo una prorogatio ope legis.

Dicevamo sopra che abbiamo 'preso in prestito' questo istituto dal diritto romano, ma che lo abbiamo travisato: in che senso?

Ebbene, come detto sopra, mentre nel diritto romano la magistratura (cioè la carica pubblica) del soggetto scaduto non veniva prorogata di diritto, ma era necessario riunirsi dinnanzi ad un organo (il Senato) affinché questo affidasse una sorta di 'nuovo' potere, limitato al termine prolungato, noi abbiamo prelevato senz'altro l'istituto, ma lo abbiamo trasformato in una proroga 'di diritto' al ricorrere di certe condizioni.

Ancora. Mentre il pro - console non aveva nulla da invidiare al console, quanto ad ampiezza del proprio imperium, il soggetto in prorogatio ai giorni nostri soffre alcune limitazioni ai suoi poteri, che, durante il periodo di proroga, non sono pieni.

La prorogatio nella materia condominiale. È opportuno riprendere le parole utilizzate dalla nostra giurisprudenza, in particolare dalla Corte di cassazione, per spiegare - e in certo senso 'giustificare' - la prorogatio e la sua applicazione, per ciò che qui interessa, alla materia condominiale.

« L'istituto della prorogatio imperii - che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell'interesse del condominio alla continuità dell'amministratore - è applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell'opera dell'amministratore, e pertanto non solo nei casi di scadenza del termine di cui all'art. 1129 c.c., comma 2, o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o di annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina. Ne consegue che l'amministratore di condominio, o come nella specie, di altro tipo di comunione, la cui nomina sia stata dichiarata invalida continua ad esercitare legittimamente, fino all'avvenuta sostituzione, i poteri di rappresentanza dei comproprietari »: così la Suprema Corte, in quasi tutte le pronunce in merito (si vedano, ex plurimis, sent. 23 gennaio 2007, n. 1405 e 27 marzo 2003, n. 4531, nonché, di recente, le sentenze n. 18660/2012 e n. 14930/2013).

Niente prorogatio se l'amministratore di condominio è stato revocato dal giudice

Cosa intende trasmetterci la Corte con queste parole? Innanzitutto, si circoscrive l'ambito di applicazione dell'istituto, sebbene esso non possa chiamarsi istituto perché non ne abbiamo una regolamentazione positiva, cioè dello ius positus o diritto parlamentare, non c'è una legge che lo disciplini, per cui esso è lasciato, appunto, all'interpretazione della dottrina e della giurisprudenza.

Dicevamo, l'ambito di applicazione è circoscritto ai casi in cui l'Amministratore venga a mancare: detto meglio, i casi in cui l'Amministratore non possa più operare,

  • perché si è dimesso
  • perché è scaduto il termine (annuale? biennale?) del suo incarico
  • perché è stato revocato (dall'Assemblea? dal Giudice?)
  • perché, pur nominato ex novo, la delibera di nomina è stata annullata dal Giudice

La Corte poi ci spiega quale sia la ratio dell'istituto, essendo in via generale importante ed igienico comprendere perché agiamo in un certo modo: si dà luogo alla prorogatio perché, essendo essenziale ed imprescindibile, per la vita stessa del Condominio, che siano adempiute tutte le attribuzioni proprie dell'Amministratore, al fine di assicurare l'adempimento, senza soluzione (cioè interruzione) di continuità, delle attribuzioni allo stesso affidate, nonché per il regolare svolgimento della quotidianità condominiale, è altrettanto essenziale ed imprescindibile che, in attesa che l'Assemblea (o il Giudice in funzione suppletiva o dirimente rispetto ad essa) individui il nuovo gestore, vi sia qualcuno che porta a compimento le operazioni fondamentali per il suddetto regolare svolgimento (così, Cassazione, sent. 31 marzo 2006, n. 7619, citata in "Il Condominio " di G. Terzago, a cura di P. Terzago, A. Celeste e L. Salciarini, Ed. GIUFFRE').

Infine, la Corte adombra anche un altro scenario: la prorogatio è possibile solamente laddove ciò corrisponda alla volontà dell'Assemblea, cioè « si giustifica in ragione di una presunzione di conformità, di una siffatta perpetuatio di poteri dell'ex amministratore, all'interesse ed alla volontà dei condomini » (Cassaz., sent. n. 1445/1993).

Questo significa, ragionando a contrario, che nulla vieta all'Assemblea di diminuire i poteri dell'Amministratore: ovvero, l'Assemblea potrebbe deliberare che l'Amministratore, cessato dalla carica, NON CONSERVI ALCUN POTERE gestorio… ma vien da chiedersi se questa Assemblea abbia ben presente l'importanza dell'operato dell'organo che priva di poteri, perché, ad avviso di chi scrive ed a fronte della quotidiana prassi ed esperienza, ciò comporterebbe la paralisi della vita condominiale e, verosimilmente, l'avvio di un contenzioso infinito tra il Condominio ed i propri fornitori. Ma tant'è: la giurisprudenza si è spinta ad ipotizzare detto scenario (v. Cassaz., sent. 12 novembre 2002, n. 15858).

Prorogatio, dimissioni e revoca giudiziale dell'amministratore

I poteri dell'Amministratore in prorogatio: correva l'anno… Stante il panorama su descritto e sino all'emanazione della nota riforma della materia condominiale, la giurisprudenza di legittimità aveva stilato una sorta di vademecum dell'Amministratore in prorogatio:

Sino al 2012 si è quindi costantemente affermato che l'Amministratore in regime di prorogatio conservasse tutti i poteri conferitigli dalla legge: ciò significa i poteri assegnati dallo statuto del Condominio (artt. 1117 - 1139 c.c. e disposizioni attuative al C.c.) e da svariate disposizioni di legge anche speciale che assegnino funzioni e /o poteri all'Amministratore, anche in campo amministrativo e fiscale.

Si affermava poi che egli - ovviamente - conservasse i poteri assegnatigli dall'Assemblea: e qui si aprono scenari di ben più ampio respiro, perché l'Assemblea può affidare vari compiti all'Amministratore.

Ad esempio, qualora l'Assemblea avesse deliberato lavori di straordinaria manutenzione (a carattere non urgente), rientrando questo nella sua potestà esclusiva, nonché assegnando all'Amministratore la gestione amministrativa dei suddetti lavori, costui, pure scaduto o revocato e in prorogatio, doveva continuare a gestire la 'pratica lavori' sino all'avvento del proprio successore.

Pensiamo però anche a liti attive o passive, laddove cioè l'Assemblea avesse deliberato, prima dello spirare del termine di validità dell'Amministratore, di promuovere un giudizio oppure di resistere avverso un giudizio promosso contro il Condominio: in tale caso, l'Amministratore doveva coltivare il giudizio deliberato (conferendo mandato al legale) e compiere tutte le attività necessarie al buone sito del giudizio (ad esempio, fornendo la documentazione necessaria alla difesa del Condominio, partecipando alle udienze ove la sua presenza fosse necessaria, rendendo l'interrogatorio formale, etc.) sino a che il suo successore fosse stato nominato.

Anche nel caso di contratti che l'Assemblea abbia deliberato di stipulare (il portiere, la locazione dell'appartamento comune, il servizio di pulizie, la polizza globale fabbricati, etc.), l'Amministratore in prorogatio dovrà provvedere ad eseguire quanto deciso, senza dover attendere che lo faccia il suo successore.

Ancora, si affermava che l'Amministratore conservasse i poteri conferitigli dal Regolamento condominiale: rammentiamo che il Regolamento dovrebbe contenere prevalentemente le regole circa la civile ed ordinata convivenza all'interno della sfera dell'edificio condominiale e la disciplina dell'utilizzo dei beni e servizi comuni, anche se molto spesso vediamo Regolamenti che hanno varcato tale soglia e si sono spinti a limitare, a volte anche fortemente, la proprietà privata.

Se si vuole approfondire questa tematica, ci permettiamo di citare l'articolo pubblicato su questo portale dall'autrice ("Va rimossa la canna fumaria appoggiata al muro condominiale…", Canna fumaria del ristorante: le condizioni per una corretta installazione).

Ovviamente, per ciò che qui rileva, l'Amministratore in prorogatio conserverà quei poteri, assegnatigli dal Regolamento, inerenti i beni ed i servizi comuni, in quanto non sarebbe possibile ammettere che il Regolamento, nemmeno contrattuale, gli affidi compiti che incidono sulla proprietà privata, pena la violazione del concetto stesso di 'condominialità' dei beni.

Riassumendo, quindi, l'Amministratore in prorogatio, prima della riforma, secondo l'orientamento giurisprudenziale costante, conservava i seguenti poteri:

  • amministrazione ordinaria (riscossione oneri, erogazione spese)
  • recupero crediti (anche giudiziale)
  • spese straordinarie ed urgenti
  • rappresentanza attiva e passiva del Condominio
  • proposizione di giudizi in grado di appello o per cassazione
  • ed egli aveva diritto a percepire il compenso per l'opera svolta in regime di prorogatio.

V'è da chiarire e sottolineare un punto: ma l'Amministratore revocato poteva continuare ad amministrare in prorogatio sino alla nomina ed al subentro del suo successore? La risposta è netta: SI'.

Molti lettori storceranno il naso, ma dobbiamo mettere da parte le emozioni ed il vissuto personale e ragionare da giuristi.

Non solo la Cassazione non ha mai fatto differenza alcuna tra Amministratore 'scaduto', dimissionario e revocato; infatti, anche nelle pronunce citate sopra, si parla di « casi di scadenza del termine di cui all'art. 1129 c.c., comma 2 [l'anno di carica, N.d.r.], o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o di annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina».

La Suprema Corte ha specificato che, anche qualora la delibera di nomina dell'Amministratore sia invalida (nulla o annullabile), SINO ALLA SENTENZA PASSATA IN GIUDICATO che ne dichiari la nullità o ne pronunci l'annullamento, essa rimane valida e, pertanto, l'Amministratore può gestire il Condominio in prorogatio - almeno sino a quando non gli sia nominato (dall'Assemblea o dal Giudice) un successore.

Nomina, revoca e dimissioni post riforma 2012: fine della prorogatio ?

La riforma recata dalla Legge 11 dicembre 2012, n. 220, in vigore dal 18 giugno 2013, ha suscitato vivo scalpore tra i commentatori e gli addetti al settore: specialmente, per la superfetazione occorsa nell'art. 1129 c.c., assurto all'onore delle cronache quale una tra le norme di legge più lunghe ed articolate.

Dai modesti 4 commi che questa norma conservava gelosamente sin dal 1942, epoca di scrittura del Codice civile, a giugno 2013 l'art. 1129 ha debuttato sulla scena giuridica dotato di ben 16 commi ed ha anche cambiato nome - « Nomina e revoca dell'Amministratore » a « Nomina, revoca e OBBLIGHI dell'Amministratore ».

Tuttavia, obietterà il lettore, cosa c'entra l'art. 1129 c.c. con la prorogatio ?

Andiamo con ordine: poiché abbiamo spiegato che la prorogatio si colloca nel momento in cui l'Amministratore non potrebbe più amministrare, ad esempio perché revocato, ebbene l'art. 1129 c.c. indica in modo granulare le ipotesi di revoca, pertanto accende i riflettori sui casi di prorogatio per revoca dell'Amministratore.

Ci permettiamo, ritenendolo utile, di citare l'articolo della medesima autrice pubblicato il 3 settembre, laddove si discuteva della revoca, riportando quanto già evidenziato.

Secondo l'art. 1129, 11° comma, c.c., dobbiamo distinguere due tipologie di Revoca: vi è una prima Revoca che chiameremo generale, la quale è AD NUTUM, nel senso che i condòmini possono scegliere in qualsiasi momento e SENZA DOVER ADDURRE RAGIONI DI SORTA di cambiare la figura dell'Amministratore, tanto che ogni Amministratore dovrebbe essere sempre pronto a far le valigie in qualsiasi momento.

Si tratta di una revoca 'politica', cioè di un giudizio, nemmeno troppo velato, sull'operato dell'Amministratore, il quale, per quanto non abbia fatto nulla di vietato o contrario alle norme, non ha soddisfatto le aspettative dei condòmini.

Prosegue poi l'art. 1129, 11° comma, c.c. prevedendo la Revoca PER GIUSTA CAUSA o giudiziaria, che è possibile in 3 casi:

1) art. 1131, 4° comma, c.c. (mancata informativa dell'Amministratore ai condòmini circa la notifica di atti concernenti liti esorbitanti dalle sue funzioni) (in merito, si suggerisce di approfondire la tematica dell'informativa leggendo l'articolo della stessa autrice « L'amministratore di condominio che non convoca l'assemblea per andare in mediazione è responsabile personalmente?» al seguente link: L'amministratore di condominio che non convoca l'assemblea per andare in mediazione è responsabile personalmente?);

2) mancato rendimento del conto;

3) GRAVI IRREGOLARITÀ.

A questa ipotesi dobbiamo aggiungere quella delle dimissioni, laddove cioè sia l'Amministratore a prendere l'iniziativa e a recedere dal proprio contratto di mandato ad amministrare il Condominio, per le ragioni più svariate: in queste stesse pagine, allorquando abbiamo dato atto della nuova disciplina della nomina dell'Amministratore giudiziario per gli edifici condominiali in stato di degrado, si è suggerito all'Amministratore, che non riesca ad ottenere dall'Assemblea una delibera favorevole all'esecuzione dei lavori necessari al fabbricato, di rassegnare le proprie dimissioni, allo scopo di separare la propria responsabilità da quella dei condòmini per le conseguenze derivanti dalla vetustà dell'immobile amministrato (v. "Immobili degradati: arriva l'Amministratore di condominio giudiziario" https://www.condominioweb.com/sblocca-cantieri-immobili.16016).

Se prima della riforma, si dubitava del potere dell'Amministratore di comunicare le proprie dimissioni, dopo il 2012, quando l'art. 1129 c.c. è stato dotato del 2° comma, laddove si parla di «ACCETTAZIONE dell'incarico», molti commentatori hanno sentenziato che la nomina assembleare non fosse più un atto unilaterale recettizio, bensì la proposta contrattuale - nell'ottica della stipula di un contratto di mandato ad amministrare il Condominio - alla quale, affinché si perfezionasse il contratto, doveva seguire la consueta accettazione, ovvero, appunto, l'accettazione dell'incarico.

Si osserva sommessamente che, senza scomodare atti unilaterali recettizi e discipline diverse, già la sottoposizione all'Assemblea del preventivo del proprio compenso da parte dell'Amministratore poteva valere come proposta contrattuale, cui faceva seguito l'accettazione da parte dell'Assemblea, che prendeva forma nella delibera di nomina.

Volendo allora spiegare, nell'era post riforma, quali siano i poteri dell'Amministratore in prorogatio, il problema sorge dalla formulazione dell'8° comma dell'art. 1129 c.c., che stabilisce:

« Alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini E ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi ».

Quindi, nel momento in cui l'Amministratore termina il proprio incarico - ma si dovrebbe estendere anche al caso di dimissioni o revoca, data la genericità della formulazione adoperata - egli ha due obblighi fondamentali:

1) il passaggio di consegne

2) le attività urgenti e necessarie ad evitare pregiudizi al Condominio

amm.re revocato può amministrare e se sì cosa? Corte di Cassazione, ordinanza n. 7699 del 19 marzo 2019. può continuare fino a nomina del successore può dare mandato al legale

Stante sempre la formulazione generale e la posizione dei termini all'interno della frase, IL DIVIETO DI COMPENSO non sarebbe solamente esteso al passaggio di consegne, bensì anche all'attività urgente da compiere in periodo di prorogatio.

Evidentemente il Legislatore ha inteso scoraggiare atteggiamenti emulativi e prassi scorrette tenute spesso da alcuni Amministratori che 'ricattavano' i propri successori in carica trattenendo la documentazione condominiale in attesa del pagamento di asserite somme anticipate a favore del Condominio o del proprio compenso per la gestione conclusa; atteggiamenti e prassi che però venivano già scoraggiate, perché sanzionate, dalla giurisprudenza.

Purtroppo, volendo fare del bene, si è fatto male, perché la modalità espressiva stringata circa i poteri dell'Amministratore in questa fase così delicata, dove il Condominio rischia di essere una barca alla deriva, senza un timoniere, ha condotto ad interpretazioni disparate.

Invero, il testo dell'art. 1129 c.c. licenziato in prima battuta al Senato prevedeva testualmente: « Il compenso dell'amministratore comprende i costi delle operazioni necessarie alla successione nel suo incarico.

Nell'ipotesi di revoca prima della scadenza, è dovuto all'amministratore il compenso per i successivi venti giorni per il compimento delle operazioni di presentazione del rendiconto e di successione dall'incarico, fermo restando l'obbligo della consegna immediata della cassa, del libro dei verbali e di ogni altro carteggio relativo a operazioni di riscossione delle quote, nonché a quelle da svolgere con urgenza, al fine di evitare il pregiudizio degli interessi comuni e dei singoli condomini ».

Nella versione definitiva dell'art. 1129 c.c. che leggiamo oggi, le puntuali indicazioni sono scomparse.

È evidente che l'Amministratore non possa amministrare se si priva della documentazione condominiale e delle credenziali ed autorizzazioni di accesso ai rapporti condominiali (conto corrente, eventuale sito, cassetto fiscale, etc.), per cui si creerebbe un circolo vizioso.

Si fa tuttavia notare come il compenso e per il passaggio di consegne e per l'attività svolta in prorogatio sia dovuto qualora regolarmente pattuito in sede di accettazione dell'incarico da parte del Condominio che, esaminato il preventivo dell'Amministratore poi nominato, lo abbia accettato senza riserve.

Concentriamoci allora sulle « attività necessarie ed urgenti » affinché il Condominio non riceva un pregiudizio, di cui alla norma in commento.

Ebbene, ci sembra si sia cambiato tutto per non cambiare nulla.

Infatti, si rilegga l'elenco dei poteri che, ante riforma, l'Amministratore in prorogatio manteneva e si giudichi se non si tratti di attività qualificabili come - quasi - tutte parimenti necessarie ed urgenti.

Quindi, l'Amministratore in prorogatio post riforma dovrà:

  • predisporre in tempo congruo e ragionevole il passaggio di consegne (si consiglia caldamente una delibera di revoca o che prenda atto delle dimissioni e nomini il successore che specifichi un termine ultimo);
  • curare l'amministrazione ordinaria (riscossione oneri, erogazione spese) urgente e indifferibile (es. pagare fatture o richieste che, se inevase, esporrebbero il Condominio ad azioni dei creditori);
  • recupero crediti (anche giudiziale) (come prima);
  • spese straordinarie ed urgenti;
  • rappresentanza attiva e passiva del Condominio (come prima) (si rammenta che nel caso di lite attiva è l'Assemblea ad aver conferito mandato all'Amministratore per l'avvio di un giudizio);
  • proposizione di giudizi in grado di appello o per cassazione (come prima).

In tema di passaggio di consegne, ci permettiamo, a fronte dei 'fiumi di inchiostro' versati sull'argomento, una piccola precisazione rispetto alla prorogatio di cui trattiamo qui: è evidente che la prorogatio non può essere protratta sine die dall'Amministratore uscente così come è evidente che, dinnanzi ad eventuale costituzione in mora dello stesso da parte dei condòmini o di un loro legale per la restituzione della documentazione condominiale, egli non possa rifiutarsi adducendo l'inadempimento del Condominio al pagamento del proprio compenso o alla rivalsa di eventuali anticipazioni eseguito dal medesimo Amministratore a favore del Condominio.

È interessante citare una sentenza della Corte di Cassazione, Sez. II penale, 19 settembre 2016, n. 38660, laddove la Corte ritenne che « l'Amministratore, quand'anche in regime di prorogatio imperii, risponde del reato di appropriazione indebita dei documenti contabili, oltre che delle somme di denaro, qualora esista una specifica richiesta di restituzione da parte dei condòmini, né lo stesso può giustificarsi solo riferendo di avere utilizzato dette somme per il pagamento di altri servizi condominiali, in particolare, delle utenze, considerato che appare evidente come, per la gestione del condominio, inevitabilmente l'amministratore disponga di altre entrate destinate proprio al pagamento di siffatte utenze ».

Non è la prima pronuncia che condanna un Amministratore condominiale per quella che definiremo la 'distrazione interna', cioè per aver saldato il conto dell'acqua con il denaro occorrente all'assicurazione e viceversa.

Nella prassi: le diverse prorogationes. Vediamo allora cosa potrebbe accadere a seconda delle diverse ipotesi di Amministratore cessato dall'incarico:

- In caso di dimissioni. Se l'Amministratore si dimette, rimane in prorogatio fino a che l'Assemblea non nomina il nuovo gestore.

In tali casi, siccome il 'recesso' è avvenuto per volontà dell'Amministratore, si ritiene improbabile che l'Assemblea abbia motivo di sottrarre poteri all'Amministratore, se non altro perché non siamo nel caso di revoca 'politica' - e fermo rimanendo quanto detto sopra circa la 'funzionalità' della macchina condominiale senza un soggetto professionalmente qualificato per tale compito.

Attenzione: segnaliamo che le dimissioni NON SONO REVOCABILI, come a volte vediamo accadere nella prassi. Non possono essere utilizzate come arma di ricatto o tattica per indurre i condòmini a prendere posizione laddove si siano resi latitanti: infatti, dopo che si è dimesso, essendo le dimissioni atto unilaterale recettizio, l'Amministratore non è più in carica, ma è già entrato in prorogatio.

Pertanto, all'Assemblea convocata per la comunicazione delle dimissioni e la nomina del nuovo, è necessario adottare una delibera di NUOVA NOMINA qualora si intenda far rimanere l'Amministratore dimissionario nella sua carica.

Ovviamente, qualora ciò non accada, perché l'Amministratore intendeva realmente dimettersi e /o l'Assemblea non lo rinomina per conferma, sarà necessario nominare un nuovo soggetto e, in caso di mancanza di quorum, convocare l'Assemblea almeno per 2 volte (almeno questa è la prassi capitolina) prima di poter adire l'Autorità Giudiziaria per la nomina iussu iudicis.

- In caso di revoca da parte dell'Assemblea: In questo caso, immaginiamo diverse ipotesi: dalla semplice delusione dell'Assemblea circa l'operato dell'Amministratore, sino a sospetti ben più gravi circa il suo operato.

Questo è quindi il caso, si dirà, in cui finalmente possiamo esautorare l'Amministratore 'sgradito' e prendere il controllo del Condominio: certamente, per quanto detto sopra, che vale anche post riforma, l'Assemblea è sovrana e può decidere che l'Amministratore sia immediatamente privato di tutti i suoi poteri.

Tocca però vedere chi gestirà i rapporti condominiali sino alla nomina del nuovo: chi pagherà i fornitori? chi potrà accedere al conto corrente comune? chi farà le dichiarazioni fiscali?

Sarebbe allora meglio rimanere vigili sull'operato dell'Amministratore uscente, adottando, contestualmente alla sua revoca, una delibera che gli imponga, ad esempio, di eseguire solamente i pagamenti in scadenza e di raccogliere le quote altrettanto in scadenza, imponendo al tempo stesso un termine al passaggio di consegne - come peraltro avviene già nella prassi.

- In caso di revoca da parte del Giudice Vale quanto detto sopra - l'Amministratore rimane in prorogatio sino alla definitività della pronuncia del Tribunale che lo dichiara decaduto.

- I poteri dell'Amministratore dopo il 2012. Una questione dibattuta: l'Amministratore in prorogatio è revocabile? Il decreto della Corte d'Appello di Bari. Da tempo si afferma, in dottrina e giurisprudenza, che, per essere revocabile, l'Amministratore debba essere formalmente 'in carica'; da qui si è sempre fatto discendere il diniego alla richiesta di revoca di Amministratori in regime di prorogatio.

È allora interessante, perché va controcorrente, la recente pronuncia resa dalla Corte d'Appello di Bari, in esito ad un reclamo avverso il provvedimento del Tribunale di Foggia che aveva rigettato la richiesta di revoca di un Amministratore proprio sul presupposto che costui fosse in regime di prorogatio e, quindi, non 'in carica' e, così, non revocabile.

Il decreto del 12 giugno 2019 della Sezione III della Corte di Bari afferma invece che « innanzitutto chi nega la possibilità della revoca equipara lo status di amministratore revocato a quello in prorogatio.

L'ottavo comma dell'art. 1129 c.c., recentemente introdotto, ha invece disciplinato, indicandole in quelle urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni, le attività che l'amministrazione cessato dall'incarico può continuare a svolgere.

La revoca giudizialmente ha invece come effetto quello di non consentire all'amministratore revocato di continuare a svolgere legittimamente anche tali funzioni.

La pronuncia di revoca inoltre ha la specifica utilità di determinare, ai sensi del comma 13 dell'art. 1129 c.c., l'impossibilità in capo all'amministratore revocato di essere nuovamente nominato da parte dell'assemblea.

Ove la revoca giudiziale dell'amministratore in prorogatio non fosse ammessa, verrebbe meno la possibilità di qualsiasi controllo giudiziale sull'operato di questi, a discapito delle minoranze dell'assemblea condominiale o di singoli condomini dissenzienti, la cui tutela dovrebbe essere il perno della disciplina legislativa inerente alla funzione assembleare.

Nel caso di specie la prorogatio delle funzioni dura da molto tempo e, a causa del mancato raggiungimento del quorum deliberativo anche nell'ultima assemblea tenutasi il 27.06.2018, avente all'ordine del giorno la nomina di un nuovo amministratore, prosegue ancora, come evidenziato dallo stesso (...) della sua comparsa di costituzione in questo grado di giudizio.

Propendendo per la possibilità di revoca dell'amministratore in regime di prorogatio, ben poco resta da dire in merito alla ricorrenza delle condizioni per la revoca. I rendiconti degli anni dal 2012 al 2017 sono risultati portati in assemblea solo il 9.04.2018 ed approvati il 27.06.2018, quindi con un ritardo enorme.

La cosa costituisce indubbiamente un'ipotesi di grave irregolarità che consente a questa Corte di procedere alla revoca, ai sensi dell'undicesimo comma dell'art. 1129 c.c.».

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