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Revoca giudiziale dell'amministratore di condominio, la prorogatio e le dimissioni non bloccano la procedura

Prorogatio, dimissioni e revoca giudiziale dell'amministratore.
Avv. Alessandro Gallucci 

Se uno dei condòmini presenta richiesta di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio, non è raro che quest'ultimo rassegni le proprie dimissioni volontarie per evitare la procedura e, magari, la condanna alle spese.

Le dimissioni sono sufficienti a fare venire meno l'interesse a proseguire la causa e quindi, come si dice in gergo tecnico, a provocare la cessazione della materia del contendere?

E se l'amministratore - che si dimetta o meno - è in prorogatio, tale situazione fa sì che il ricorso sia improcedibile perché non si può destituire chi è in carica provvisoriamente?

La risposta ai quesiti, che a prima impressione potrebbe essere affermativa, è in realtà negativa.

Motivo?

Il condòmino ricorrente può avere l'interesse a non vedere più nominato quell'amministratore quale gestore del condominio.

Da non perdere: Come chiedere la revoca giudiziale dimostrando che l'amministratore intasca la mazzetta.

Revoca giudiziale dell'amministratore condominiale

Si tratta di un procedimento, detto di volontaria giurisdizione, nel quale viene chiesto all'Autorità Giudiziaria di rimuovere dal proprio incarico l'amministratore condominiale che si sia macchiato di gravi irregolarità nella gestione.

Le ipotesi di revoca sono indicate dall'art. 1129, undicesimo e dodicesimo, c.c.

È pacifico in dottrina e giurisprudenza che «l'elenco delle ipotesi costituenti "gravi irregolarità" contenuto nell'undicesimo comma dell'art. 1129 c.c. deve, tuttavia, ritenersi meramente esemplificativo e non esaustivo, dovendo essere completato da altre fattispecie ricomprendenti tutti quei comportamenti che fanno sospettare una gestione anomala della cosa comune da parte dell'amministratore o che siano indici di una condotta poco trasparente da parte di quest'ultimo» (Trib. Milano 20 giugno 2018 n. 1963).

Il ricorso giudiziale, nel caso di gravi irregolarità riguardanti l'apertura e l'utilizzo del conto corrente condominiale, nonché i profili fiscali di gestione del condominio, deve essere preceduto da un tentativo assembleare di revoca.

Si badi: com'è stato giustamente evidenziato «i fondati sospetti di gravi irregolarità devono, tuttavia, consistere in supposizioni che trovino riscontro in elementi e dati oggettivi, non essendo sufficiente un dubbio o una mera impressione» (Trib. Milano 20 giugno 2018 n. 1963).

Ricordiamo che sebbene in sede di volontaria giurisdizione, i ricorsi per la revoca dell'amministratore di condominio aprono un procedimento dalla natura sostanzialmente contenziosa, tant'è che è unanime che il decreto debba pronunciare anche sulle spese e si consolida quell'orientamento che considera obbligatoria la difesa tecnica, cioè la nomina di un avvocato, senza facoltà i difesa personale.

Prorogatio, dimissioni e revoca giudiziale

Essere in regime di prorogatio imperii, ovvero rassegnare le dimissioni, si diceva in precedenza, non basta a bloccare la procedura di revoca giudiziale.

In tal senso, per lo meno, s'è espresso il Tribunale di Taranto nel 2017. Nel caso sottoposto alla sua attenzione, dei condòmini avevano agito per la revoca dell'amministratore e questi già in prorogatio, evidentemente per bloccare l'azione, s'era dimesso.

L'evidenza accennata sta nel fatto che la sua difesa, tra le altre cose, si appoggiava anche su questi aspetti: improcedibilità della domanda in quanto non si poteva revocare un amministratore in prorogatio o, in subordine, cessazione della materia del contendere per intervenute dimissioni.

Il giudizio è arrivato fino in fondo. Motivo?

Si legge nel decreto di revoca che per constante giurisprudenza, «nelle ipotesi di scadenza del termine di cui all'art. 1129, comma 2, c.c. (nonché nelle ipotesi di dimissioni, o di revoca o annullamento della delibera di nomina) l'amministratore condominiale continua ad esercitare (e vi è obbligato), sino alla nomina del nuovo amministratore, i suoi poteri, in applicazione del principio della prorogatio imperii, che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell'interesse del condominio alla continuità dell'amministrazione (in questo senso Cass. civ. II, n. 18660/12); inoltre le dimissioni del resistente non fanno venir meno l'interesse dei ricorrenti ed interventori alla sua revoca, permanendo un interesse giuridico alla stessa, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1129, comma 13 c.c., secondo il quale in caso di revoca giudiziale dell'amministratore, lo stesso non può più essere nominato dall'assemblea» (Trib. Taranto 17 febbraio 2017 n. 1762).

Il giudizio, quindi, è arrivato fino al suo termine naturale e s'è concluso con la revoca giudiziale dell'amministratore per una serie d'irregolarità rispetto alle quali il Tribunale ha ritenuto non essere stata fornita alcuna giustificazione da parte dell'amministratore chiamato in causa.

Come dire: si suppone che l'irregolarità sia stata commessa se l'incolpato non ha fatto nulla per smentire l'assunto. In sostanza una presunzione d'irregolarità nella gestione che rappresenta una novità in materia d'onere probatorio in questo procedimento (nel caso di specie, tra le altre cose, l'amministratore non aveva presentato il rendiconto nei termini di legge).

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