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Albo? Equo compenso? La parola (finalmente) all'amministratore di condominio

In atto una vera battaglia per la sopravvivenza della specie.
Daniela Zeba 

Tutti parlano dell'Amministratore di condominio. Tutti giudicano, criticano, consigliano.

Tutti, tranne l'Amministratore di condominio, la cui voce flebile ed inascoltata è il risultato di ciò che rappresenta: la categoria meno apprezzata, meno tutelata, ed al tempo stesso più sbeffeggiata e calpestata dall'ordinamento giuridico italiano. Questo intervento non sarà politically correct: non lo vuole essere.

Questo intervento, al contrario, vuole ribaltare il paradigma, affinché l'Amministratore si appropri della sua centralità e della sua capacità di scelta; affinché non siano più formatori, venditori, banche o gruppi immobiliari a decidere il suo destino, ma sia finalmente l'Amministratore a fare sentire la sua voce.

Questo intervento è una vera e propria call to action affinché lo spirito fantozziano e rassegnato che cova in ogni amministratore di condominio, sia spazzato via dal vento nuovo di una "auto-riforma" che noi dobbiamo attuare con un duplice fine: pretendere il riconoscimento del nostro valore e della nostra dignità professionale e prendere in mano le redini del nostro destino.

Questi obiettivi, che sono nostri, non caleranno nè da un ordinamento che ci ha sempre ostacolato, nè da gruppi imprenditoriali che vogliono inserirci in uno scenario a loro congeniale, relegandoci a meri strumenti di sviluppo del (loro) business.

La bella notizia è che noi non siamo uno strumento, ma semmai i protagonisti del business. La brutta notizia è che per lo più non ce ne rendiamo conto. Quindi: sveglia!

La nomina dell'amministratore condominio privo dei requisiti richiesti dalla legge.

L'amministratore deve uscire dallo studio ed essere in grado di comunicare con i clienti/condòmini, al di là del suo ruolo contabile o meramente amministrativo.

L'amministratore deve creare momenti di aggregazione e di approfondimento per fare percepire il valore della professione e per considerare il condominio non solo una rottura di scatole, ma anche una potenziale fonte di benessere.

Il passo è decisamente culturale: sicuramente non semplice e i cui risultati non saranno immediati, ma facile da portare avanti passo dopo passo in quanto non rappresenta una perdita di tempo, ma un investimento prezioso ed indispensabile per affermare la propria dignità professionale ed il proprio valore individuale, per uscire dal luogo comune che ci vuole tutti uguali, come il rag. Filini, polverosi e che puzzano di naftalina…

Cambiare passo si può, anche se occorre un minimo di sforzo: studiando comunicazione efficace, applicandone le tecniche e insegnando ai nostri clienti ad essere meno ostili, selezionando i clienti ed avendo il coraggio di dire NO.

Tenendo aperto il canale della comunicazione, utilizzando strumenti che ci facilitino la vita; organizzando lo studio in maniera moderna e funzionale, permettendoci di avere più tempo da dedicare al cliente, fidelizzandolo.

Avere più tempo per conoscere i clienti significa ottenerne la fiducia, e non essere più intercambiabile.

Con un equo compenso (che significa non appiattimento verso il basso, ma proporzionalità rispetto alla qualità ed alla quantità del lavoro svolto) potremo avere meno clienti, ma più redditizi. Potremo fare il nostro lavoro con meno stress e più soddisfazione.

Uscendo dalla ruota del criceto, l'amministratore scoprirà che le persone sono avide di messaggi positivi se però vengono forniti e percepiti come utili, disinteressati, funzionali, come valore aggiunto al proprio ruolo. Solo così si potrà essere diversi, solo così si potrà emergere dalla massa grigia e polverosa.

E per favore, non cadiamo più nella trappola "professionista o imprenditore".

Questo è un problema mal posto, che ci vuole appiattire, che mira a rinnegare il nostro valore e la nostra professionalità per farci sentire inadeguati e bisognosi di "salvatori".

In realtà, nella maggioranza dei casi si tratta di "vampiri" mascherati da salvatori, che non ci apprezzano veramente per quello che siamo ma per i numeri che rappresentiamo.

Per loro un compenso onorevole e riconosciuto è un falso problema, in quanto nella loro idea di imprenditorialità, il professionista viene annientato visto che le sue entrate verrebbero garantite dalle convenzioni stipulate con i fornitori.

Ora che vi sia riconoscimento nelle partnership con i fornitori è un fatto accettabile, purché fondato su basi etiche, ma questo non può e deve escludere il riconoscimento economico del lavoro svolto dall'amministratore.

In quest'ottica, a ben vedere, l'amministratore viene spogliato della sua libertà, perché legato contrattualmente da interessi economici ai suoi partner.

D'altra parte l'amministratore professionista vecchio stampo, autoreferenziale, preso dalle mille incombenze, che non esce dall'ufficio, non ha mai tempo, è stressato, lamenta poca considerazione, ma non fa niente per cambiare le cose, è sicuramente destinato a sparire, perché si appiattisce e soccombe alla spietatezza del mercato..

La bella notizia è che l'amministratore può essere un professionista-imprenditore. Quella che io chiamo la terza via.

Il manager immobiliare. Una figura in cerca d'autore

Professionista perché ha dignità e valore che può e deve essere riconosciuta, imprenditore perché un amministratore moderno, accorto, deve sapere sfruttare il marketing, deve saper pianificare ogni dettaglio della sua attività, ed ha necessità di affiancarsi a partner di prestigio e di elevata caratura, con cui però stabilire un rapporto di collaborazione paritaria e non di sudditanza.

Qui l'amministratore è il cuore di una struttura imprenditoriale (piccola o grande poco importa) il cui valore viene riconosciuto e non sottovalutato o sottostimato dal mercato. L'amministratore è un professionista che si deve battere per un albo/collegio/ordine/associazione/federazione/sindacato che stabilisca regole di etica, di appartenenza, di onorabilità, di idoneità che vanno di pari passo con i suoi sempre più gravi e pressanti doveri.

Nessuna professione è esente da oneri ma nessuna professione, tranne quella dell'amministratore, è esente da onori.

L'equo compenso è l'espressione di un diritto costituzionale applicabile a tutti e che mette al riparo i consumatori da servizi professionali di bassa qualità.

Io non capisco perché ad esempio non ci si debba stupire per i tariffari degli artigiani ad esempio e per il "diritto di chiamata", che mi rimanda a balzelli di medievale memoria, ma ci si accanisca per garantire il giusto valore economico del lavoro dell'amministratore.

La nostra lotta quotidiana dev'essere la battaglia per il riconoscimento oggettivo del nostro valore e della funzione sociale della nostra professione. Dobbiamo combattere per lasciare la nostra impronta nel tessuto sociale ed essere "visibili" e riconoscibili, differenti insomma.

Dobbiamo mirare al riconoscimento della nostra identità da parte dei condòmini. Questo dev'essere il nostro obiettivo.

Quando si richiede tutela attraverso un albo, collegio, ordine o registro, non è per capriccio, ma per necessità di trasparenza e per fornire a noi e ai clienti, dei parametri oggettivi di riferimento, regolamentare requisiti, diritti e doveri, tutelare e difendere la professione e garantire che ogni prestazione sia adeguatamente ricompensata.

Una riforma che alla luce dei doveri e degli obblighi sempre crescenti dell'amministratore, preveda una retribuzione eventuale (art.1135), che non riconosce la retribuzione economica di prestazioni professionali eseguite, se non dettagliatamente dichiarate nel mansionario, che dalla nomina del successore alle effettive consegne deve lavorare gratuitamente per legge...non è una riforma, ma una controriforma.

Una riforma che penalizza chi è professionale e strutturato a vantaggio degli improvvisati, che non impone di fatto barriere, che ha tirato dentro tutti, è una controriforma.

Una riforma che non garantisce con certezza la durata dell'incarico che permette la revoca in qualsiasi momento senza giusta causa è una controriforma.

Ma vi sembra normale che occorra superare un esame di stato per diventare mediatore immobiliare, mentre per fare l'amministratore condominiale basti frequentare un corso di 80 ore, quando va bene, perchè la legge prevede espressamente il "fai da te?"

Ma lo sapete che stanno proliferando i condòmini (frustrati del loro lavoro da dipendente) che puntano all'amministrazione del loro condominio, e che te lo dicono con una sfrontatezza ed una spregiudicatezza disarmanti, forti del fatto che la legge lo prevede, e che ti chiamano pure collega dopo avere superato il solito corsetto superato con il minimo sindacale, istituito da una delle miriadi di associazioni che spuntano ogni tre per due, con un responsabile scientifico che se va bene è il tuo più infimo collega a cui non faresti nemmeno amministrare la cuccia del tuo cane?

Come possiamo lamentarci se non veniamo percepiti come professionisti se noi per primi, ci siamo adeguati ad una riforma che avremmo dovuto combattere e contestare fin dal primo giorno? Di questo dobbiamo ringraziare le associazioni, che in più di un'occasione hanno dichiarato che la riforma è pur sempre un primo passo, quando invece, di fatto, ha rappresentato una sconfitta per la nostra serietà dignità professionale, calpestata forse, se possibile, più di quanto lo fosse in passato.

Dopo il "mea culpa" d'obbligo, le associazioni ora potrebbero almeno rimboccarsi le maniche e invece di vanificare il potere contrattuale della categoria polverizzandosi, potrebbero fare fronte comune costituendo una Federazione Nazionale/Sindacato che possa rappresentare con un'unica voce gli interessi di categoria.

Utopia? Forse, ma se vogliamo cambiare le cose dobbiamo avere il coraggio di provocare il punto di rottura, per la nostra sopravvivenza e per la nostra dignità.

Dignità che serve soprattutto a chi fa solo (e questo dovrebbe essere) l'amministratore professionista: a chi non è anche ragioniere, anche ingegnere, anche geometra, anche avvocato, perchè anche quest' anomalia della mancanza di reciprocità è iniqua, ingiusta e vergognosa.

L' amministratore è una professione e tale professione deve essere esercitata in forma esclusiva: fare l'amministratore non deve diventare il secondo lavoro di altri soggetti, il ripiego di chi ha fallito nella propria professione d'origine e che tiene i piedi in due staffe e che si può permettere tariffe ridicole perchè tanto ha altri introiti collegati alla professione "alternativa".

Se non capiamo questo non supereremo mai la barriera del dopolavorista ed ancora una volta siamo stati noi a darci la mazza sui piedi da soli, accettando una riforma che è una controriforma.

In questo modo isoleremmo automaticamente i "fai da te" che diventerebbero invisibili e non più credibili.

Questa è la nostra vera battaglia per la sopravvivenza della specie se vogliamo vincere la guerra!

Le associazioni dovrebbero puntare sulla qualità e sull'eccellenza, organizzando corsi base almeno biennali e sfornando professionisti preparati. Le associazioni dovrebbero andare oltre il dettato normativo e farsi garanti dei loro iscritti con un codice deontologico e professionale ferreo, a tutela dei professionisti e dei clienti.

Le associazioni non dovrebbero essere corsifici ma dovrebbero puntare sulla qualità dei loro iscritti, adottare standard unici da fare applicare nella compilazione delle offerte, nell'elaborazione della contabilità, negli adempimenti fiscali, nella presentazione del rendiconto, nel passaggio di consegne; le associazioni dovrebbero pretendere l'utilizzo di strumenti adeguati (ENTRATEL) necessari all'espletamento dei loro obblighi.

Una Federazione/Sindacato, con un'unica voce, ci permetterebbe di avere un potere contrattuale enorme, se non altro perchè abbiamo di fatto un potere immenso, gestendo il patrimonio immobiliare italiano.

Invece che facciamo? stiamo regalando, servendola su un piatto d'argento, la nostra professionalità ai grandi gruppi bancari/immobiliari che vogliono entrare sul mercato, fagocitantoci, e trasformandoci in venditori di servizi tout court al loro servizio.

Che l'aggregazione possa essere il futuro della nostra professione è vero ed io ne sono convinta, poichè sempre di più sarà necessario approntare servizi integrati non solo riferiti all'immobile, ma anche alla persona che vive ed abita in condominio. Il punto è che in questo inevitabile processo, non deve avere la peggio il valore della nostra professione.

La sfida come vedremo sarà ribaltare la percezione di quanto vale l'amministratore.

Il problema è culturale e deve essere risolto prima al nostro interno, facendo fronte comune e poi, contemporaneamente all'esterno, educando i nostri clienti al nostro reale valore e potenziale: noi non siamo un male necessario, ma un alleato prezioso per la valorizzazione conservazione delle loro proprietà.

Noi dobbiamo creare il punto di rottura e non diventare meri strumenti nelle mani di banche, entri gruppi immobiliari. Noi dobbiamo stabilire le regole e non subirle.

Non dobbiamo farci dire dagli altri ciò di cui abbiamo bisogno. Dobbiamo essere parte attiva anche nei rapporti con le municipalizzate, le forze dell'ordine che spesso ci impongono loro regole sfruttando la nostra posizione.

Occorre battersi per un esame di stato per rendere la nostra professione specialistica, regolamentata e non l'opzione B per avvocati o ingegneri senza lavoro.

Si potrebbero istituire così pubblici registri o elenchi presso i Tribunali, le Camere di Commercio con curriculum ed elenco di immobili amministrati dei professionisti che rappresenterebbero una garanzia per i condòmini che sarebbero facilitati nella scelta. Questo sarebbe libero e sano mercato in cui i condòmini potrebbero scegliere e capire le differenze tra chi vale e chi no, tra chi è Professionista e chi si è "infiltrato".

L'obiettivo è proteggere la nostra dignità ed il nostro know how, per poter essere fieri di ciò che siamo.

Si potrebbero costituire tavoli di lavoro e nell'interesse di tutti gli amministratori professionisti, stabilire protocolli condivisi a livello nazionale. Sarebbe il top condividere un unico Centro Studi Nazionale, con l'apporto dei migliori esperti in materia legale, fiscale, contabile.

Regole certe, chiare ed uguali per tutti, innalzamento degli standard qualitativi dovrebbero essere la nostra forza: solo uniti per davvero si vince.

Dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia la realtà e scrollarci di dosso l'autoreferenzialità che ci contraddistingue nelle occasioni ufficiali e che sa di stantìo e naftalina.

Invece che continuare a lamentarci, dobbiamo avere il coraggio di lottare per cambiare le cose senza aspettare il legislatore.

Non rimaniamo immobili come gli edifici che amministriamo, abbandoniamo gli stereotipi e sperimentiamo nuove forme di sopravvivenza che ci diano nuovo impulso, rilancio e credibilità. Solo così saremo vincenti.

Isoliamo gli improvvisati e chi si butta sul mercato senza paracadute, scegliamo la strada più difficile, ma puntiamo alla massima qualità: questa deve rappresentare la differenza sostanziale.

Quindi STOP al gioco al ribasso, rifiutiamo i "pezzenti" che ci vogliono proni e disposti a venderci per 50 euro l'anno; rifiutiamo i condomini che non decidono mai, che hanno bisogno solo di un capro espiatorio per lo scarico delle responsabilità: consegniamo con fiducia questi clienti scomodi agli improvvisati e vedrete che il mercato si dividerà, com' è giusto che sia in serie A ed in serie B e noi saremo in lizza per lo scudetto.

Dovremmo fare sentire la nostra voce sugli organi di stampa nazionali, ed esercitare all'occorrenza, perché no, diritto di sciopero. Un'unica voce con un unico scopo: pretendere il valore che ci spetta.

Le associazioni riunite in federazione devono investire in FORMAZIONE, INFORMAZIONE E TUTORAGGIO creando vero VALORE per gli iscritti.

Dovranno avere anche il coraggio di fare scelte scomode, imparare a dire di no e battersi, gridare a gran voce per le criticità della riforma che ci riguardano.

Conta il quotidiano, non il convegno di turno dove siamo noi a batterci le mani. Conta non lasciare soli gli amministratori, ma dare loro una speranza, aiutarli a scendere dalla ruota del criceto.

Occuparsi in primis delle nostre criticità, senza avere paura di andare in giudizio e creare precedenti che facciano "storia". Ricordiamoci che la 220 è frutto all'80% di sentenze consolidate.

Coraggio. Azione. Perchè:"Nella vita di un uomo prima o poi arriva un giorno in cui, per andare dove deve andare, se non ci sono porte né finestre, gli tocca sfondare la parete" Bernard Malamud

Daniela Zeba (Coordinatore Nazionale Valore Aggiunto)

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