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La figura dell'amministratore di condominio tra preparazione professionale ed esigenze di mercato.

La nomina dell'amministratore condominio privo dei requisiti richiesti dalla legge.
Avv. Michele Orefice 

I requisiti per svolgere la professione di amministratore di condominio sono disposti dall'art. 71 bis Disp. Att. Cod. Civ. introdotto con la Legge n. 220 del 11.12.2012. I criteri e le modalità per la formazione degli amministratori di condominio e dei relativi corsi formativi sono disciplinati dal Decreto Ministeriale n. 140 del 13 Agosto 2014 in vigore dal 9 Ottobre 2014.

Tali norme stabiliscono che per svolgere la professione di amministratore di condominio basta la partecipazione ad un corso di formazione iniziale di almeno 72 ore, con superamento di un esame finale, e successivamente la frequenza di un corso annuale di aggiornamento di almeno 15 ore, anch'esso con superamento di un esame finale.

La ratio di suddetti esami è solo quella di fornire una “eventuale” garanzia per i condòmini, visto che la legge non prevede alcun esame di Stato né tantomeno richiede l'iscrizione ad un apposito albo statale per l'esercizio della professione di amministratore.

Anzi in merito alla creazione di un albo regionale degli amministratori di condominio la Corte Costituzionale, con sentenza n. 355 del 30 settembre 2005, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della Legge della Regione Abruzzo n. 17 del 19 novembre 2003, che istituiva per l'appunto un registro regionale degli amministratori di condominio.

Per legge, dunque, i requisiti minimi formativi, congiuntamente al possesso di un diploma superiore e di un casellario giudiziario pulito, sono da soli sufficienti per esercitare la professione “non ordinistica” di amministratore condominiale, che poi nel caso in cui sia un interno al condominio non deve neanche possedere alcun diploma di scuola media superiore, né tantomeno deve aver partecipato con profitto ai corsi di formazione iniziale e periodica.

Inoltre per gli amministratori che hanno amministrato almeno un condominio nel corso dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della riforma della disciplina condominiale, cioè il 18 giugno 2013, non è previsto neanche l'obbligo di formazione iniziale, anche se resta salvo l'obbligo di formazione periodica.

Si tratta di disposizioni non armonizzate tra loro, che dimostrano come il testo dell'art. 71 bis disp. att. c.c. sia stato il risultato dell'integrazione di molte delle proposte e delle indicazioni pervenute dal Parlamento e dal Governo, anche se forse la stessa norma richiedeva delle necessarie ed ulteriori integrazioni.

Attualmente, quindi, per amministrare i condomini in Italia, a parte i requisiti blandi già citati, non necessitano né titoli né qualifiche specifiche, mentre in altre importanti nazioni europee bisogna avere competenze ben più stringenti delle nostre per svolgere la professione di amministratore.

Importanti chiarimenti sulla durata dei corsi di formazione

Basti pensare che in Spagna l'esercizio della professione è subordinato all'iscrizione obbligatoria ad un "Collegio Amministratori di Immobili", che è automatica su richiesta dei laureati in giurisprudenza, architettura, ingegneria ed economia mentre è condizionata alla frequenza di un corso universitario triennale in scienze immobiliari per i richiedenti in possesso di un semplice diploma.

In Francia per potersi iscriversi all'albo e conseguire il previsto “patentino” di amministratore si deve essere laureati in legge, economia, ingegneria o architettura oltre ad avere il possesso di altri documenti, come il certificato di idoneità professionale. In Germania, Austria, Olanda, Rep.

Ceca e Svizzera esiste l'obbligo di iscrizione ad apposito albo, sempre dopo aver superato un esame abilitativo ad hoc.

Siffatte prescrizioni hanno lo scopo di garantire elevati standard di prestazione professionale di fronte al moltiplicarsi di compiti, funzioni e responsabilità sempre più gravose a carico degli amministratori di condominio di tutta Europa.

Tuttavia anche i requisiti previsti dalla L. 220/12 sembrano delineare la figura di un amministratore professionista dotato di un'adeguata formazione e capacità organizzativa, che deve districarsi tra norme del codice civile, sentenze e leggi speciali, sicurezza degli impianti e risparmio energetico, obblighi fiscali e contabilità trasparente.

Nello specifico la riforma del condominio ha fissato i compiti e le responsabilità dell'amministratore professionista, sia negli articoli 1129, 1130, 1130 bis e 1131 del codice civile che nelle disposizioni di attuazione allo stesso codice.

Se ne deduce che l'amministratore per essere considerato un professionista debba svolgere la propria attività di lavoro con una specifica abilità e competenza, in modo organizzato, sistematico e continuativo.

Nella realtà condominiale, però, per la nomina dell'amministratore, i condòmini anziché guardare alle competenze e al curriculum del “professionista” preferiscono considerare il preventivo con il compenso più basso, che spesso maschera l'improvvisazione di chi lo richiede e soprattutto la sua scarsa preparazione, con conseguente aumento del contenzioso civile condominiale nelle aule giudiziarie.

C'è da dire anche che in Italia la nomina degli amministratori professionisti è ancora troppo limitata, basti pensare che gli amministratori interni e fai da te sono numericamente superiori rispetto ai professionisti del settore.

Il preventivo dell'amministratore, come valutarlo?

Anche qui si potrebbero fare tante osservazioni ma la prima che viene in mente è che l'amministratore professionista non sempre è adeguatamente preparato, anzi molte volte, seppure in possesso di tutti gli attestati previsti dalla legge, di fatto è un ignorante in materia.

Per non dire che in generale l'attestato di partecipazione con profitto ad un corso di formazione per amministratore di condominio si può ottenere a prezzi stracciati anche on line.

E poi la parola professionista è ormai troppo inflazionata: basti pensare che si parla in modo improprio di professionisti della pizza, dell'acconciatura o addirittura di professionisti collaboratori di cucina ecc., figuriamoci che valenza può avere parlare di “professionista” amministratore.

A ciò si aggiunga che la maggioranza dei condòmini non è neanche a conoscenza dell'elenco dei requisiti necessari, ex art. 71 bis Disp. Att. c.c., per poter svolgere la professione di amministratore di condominio.

Ecco perché il compenso assume un ruolo centrale nei criteri di scelta dell'amministratore da parte dei condòmini, che in genere non hanno stima della categoria e pensano che un amministratore vale l'altro.

Ma d'altronde come si può dar torto a chi pensa che scegliere un amministratore anziché un altro sia indifferente, se proprio il legislatore ha mostrato di ammettere “indifferentemente” alla stessa professione sia chi svolge un corso di formazione iniziale e sia chi come l'amministratore interno o quello che era amministratore prima del 2013 non ha tale obbligo.

In questo contesto poi, chi conosce i condomini sa che mettere d'accordo i condòmini in assemblea non è per niente facile.

Comunque, senza entrare nel merito delle prassi condominiali e delle “amletiche” disparità di trattamento tra l'amministratore interno e quello esterno e/o la validità dei corsi di formazione, per quanto ci occupa è necessario sottolineare che in assenza di sanzioni spetta ai condòmini verificare se il proprio amministratore sia in possesso dei requisiti previsti dalla legge.

E quindi cosa succede se l'amministratore di condominio non ha i requisiti previsti per la nomina?

In via preliminare occorre precisare che l'amministratore di condominio deve possedere i requisiti indicati dalla legge, sia prima della sua nomina che durante lo svolgimento dell'incarico.

Nello specifico tali competenze sono disciplinate dall'art. 71 bis Disp. Att. Cod. Civ., che prevede i requisiti di onorabilità e professionalità necessari per svolgere l'incarico di amministratore limitandosi ad indicare il rimedio della “cessazione dall'incarico” soltanto per il venir meno dei requisiti di onorabilità, mentre non prevede nulla nel caso in cui non sussistano i requisiti professionali, cioè quelli relativi all'obbligo formativo.

Pertanto il quesito posto può essere circoscritto al caso in cui l'amministratore non abbia ottemperato agli obblighi formativi, cioè non sia in possesso dei requisiti professionali.

Ebbene, premesso che ogni condomino può chiedere ed ottenere dall'amministratore copia delle certificazioni che attestano la sua partecipazione con profitto al corso di formazione iniziale o di aggiornamento previsti per legge, per dare una risposta al quesito bisogna stabilire innanzitutto se l'art. 71 bis Disp. Att. Cod. Civ. sia una norma di ordine pubblico oppure no.

Il codice civile non fornisce una nozione delle norme imperative né ci offre un elenco normativo che enumeri tali singole disposizioni.

In particolare l'enciclopedia Treccani indica l'ordine pubblico come quella parte dell'ordinamento giuridico, che ha per contenuto i principi etici e politici, la cui osservanza e attuazione sono ritenute indispensabili all'esistenza di tale ordinamento e al conseguimento dei suoi fini essenziali.

Sotto tale profilo è indubbio che il legislatore ha intesto attribuire una valenza sociale alla mission dell'amministratore di condominio, che deve svolgere il delicato mandato fiduciario di gestire il patrimonio immobiliare nazionale, con professionalità e competenza.

In tal senso la norma di cui all'art. 71 bis Disp. Att. Cod. Civ. è posta a tutela di interessi generali della collettività ed in particolare del consumatore e quindi ha carattere imperativo ed inderogabile, in quanto impone delle regole che non possono essere derogate neppure in base all'accordo delle parti.

Peraltro il fatto che il D.M. n. 140/2014 individui i necessari requisiti di onorabilità e professionalità dei formatori e del responsabile scientifico nell'ambito dei corsi di formazione per amministratori di condominio fa propendere per ritenere l'art. 71 bis Disp. Att. Cod. Civ.come una norma di ordine pubblico inderogabile.

Ma qual è la conseguenza della violazione dell'art. 71 bis Disp. Att. Cod. Civ.?

Di solito la violazione di una norma imperativa determina l'invalidità, per lo più in termini di nullità, del relativo atto di autonomia privata, anche se nel caso in cui manchi l'espressa sanzione invalidante, come quello de quo, necessita dapprima identificare l'interesse, pubblico o privato, tutelato dalla norma imperativa e poi valutare se l'atto sia inficiato da nullità o irregolarità.

Sebbene tutte le delibere condominiali che sono contrarie a norme imperative di legge o comunque a norme costituzionali siano da considerarsi nulle.

Comunque la legge ha riservato all'amministratore di condominio delle specifiche funzioni, che possono definirsi di tutela dell'interesse pubblico, come ad esempio l'attività di sostituto d'imposta, di responsabile per la sicurezza dei luoghi di lavoro e degli impianti del condominio.

Di conseguenza solo chi è in possesso di una adeguata formazione può garantire i condòmini che gli affidano la tutela dei loro beni immobili.

Ciò detto l'assenza dei requisiti di cui all'art. 71 bis disp att. c.c., che è una norma dettata nell'interesse pubblico, generale e fondamentale, implica la nullità della deliberazione assembleare di nomina dell'amministratore di condominio, per violazione di norme imperative, con conseguente nullità del mandato fiduciario conferito allo stesso amministratore.

Quindi il comportamento dell'amministratore che non ha conseguito l'attestato, con profitto, per la frequentazione del corso iniziale di formazione o di aggiornamento costituisce “grave irregolarità” ai sensi dell'art. 1129 c.c. e può essere contestata anche su richiesta di un solo condomino.

Talché la relativa delibera di nomina può essere impugnata sine die dal condomino interessato per farne dichiarare la nullità, con conseguente revoca dell'amministratore inadempiente da parte dell'Autorità Giudiziaria.

Se ne deduce che l'amministratore privo dei requisiti previsti dall'art. 71 bis disp. att. c.c. non abbia diritto al compenso per l'attività illegittimamente espletata, né di conseguenza possa agire contro il condominio per ottenerne il pagamento.

In ogni caso è consigliabile per l'amministratore di fornire ai condòmini copia dell'attestato di partecipazione ai corsi in allegato all'avviso di convocazione dell'assemblea annuale, e per i condòmini di procedere sempre ad una adeguata verifica dell'esistenza degli stessi requisiti formativi in capo all'amministratore, tenendo a mente che un professionista preparato, di fatto, costa sempre meno di un dilettante allo sbaraglio.

Avv. Michele Orefice

Foro di Catanzaro

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