L'amministratore gestisce il conto corrente condominiale nell'esclusivo interesse della compagine; qualsiasi utilizzo diverso gli varrebbe l'incriminazione per appropriazione indebita. All'amministratore è quindi consentito usare i soldi presenti sul conto per pagare i debiti del condominio (bollette, contratti, ecc.), ivi compreso quello derivante dalla sua designazione.
Con il presente contributo analizzeremo alcuni casi particolari di prelievo del compenso dell'amministratore dal conto.
In altre parole, vedremo se l'amministratore può effettivamente incassare l'onorario dal conto condominiale anche al ricorrere di circostanze particolari che potrebbero compromettere la situazione patrimoniale della compagine. Ad esempio, l'amministratore può prelevare il compenso prima di pagare i fornitori? Il suo credito è privilegiato rispetto agli altri? Analizziamo ogni circostanza.
L'amministratore può prelevare il suo compenso dal conto condominiale?
Come anticipato in premessa, all'amministratore è consentito prelevare il proprio compenso direttamente dal conto corrente condominiale, nei limiti di quanto pattuito al momento della nomina.
Le modalità di pagamento sono rimesse alla discrezione dell'amministratore, il quale può optare anche per il prelievo in contanti, ovviamente nel rispetto dei limiti stabiliti dalla legge.
Quando l'amministratore può prelevare il proprio compenso?
Il pagamento dell'amministratore avviene annualmente, al termine del mandato, rilasciando regolare fattura.
Nel caso di revoca, l'amministratore matura il diritto al compenso per l'attività sino alla sua rimozione. In regime di prorogatio, invece, non deve percepire alcun onorario.
L'amministratore può prelevare il compenso prima di pagare i fornitori?
Il primo quesito che si pone è il seguente: l'amministratore può prelevare il compenso prima di pagare i fornitori, i quali magari stanno aspettando da tempo di essere pagati? In altre parole, l'amministratore ha la precedenza sui creditori del condominio?
Ebbene, tutti i fornitori del condominio hanno ugual diritto di essere pagati per i loro servizi, compreso l'amministratore.
Di norma, quindi, l'amministratore non è perseguibile per aver ritirato il proprio compenso prima di pagare gli altri (salvo quanto diremo nel prosieguo).
L'amministratore può invece essere responsabile per il ritardo nei pagamenti dei fornitori e, più in generale, dei creditori della compagine.
Nello specifico, all'amministratore può essere imputata la situazione debitoria del condominio se, oltre a non aver pagato i fornitori, non ha fatto nulla per recuperare i crediti condominiali, ad esempio agendo con decreto ingiuntivo contro i condòmini morosi.
Tale condotta costituisce un grave inadempimento, che però non va confuso con il fatto di aver dato "precedenza" al proprio compenso: come detto, infatti, non ci sono (di norma) crediti privilegiati da soddisfare, per cui la preferenza mostrata al pagamento di uno di essi non costituisce illecito.
L'amministratore che paga il suo onorario invece dei fornitori è responsabile?
Quanto detto sinora va contemperato con un'ulteriore considerazione: in virtù del richiamo effettuato dal penultimo comma dell'art. 1129 c.c. alle norme sul mandato, l'amministratore è tenuto a eseguire il proprio incarico con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1710 c.c.).
Ciò significa che l'amministratore "egoista" che antepone i propri interessi a quelli della compagine potrebbe incorrere in responsabilità contrattuale nei confronti di quest'ultima qualora tale condotta dovesse causare un evidente pregiudizio al condominio.
Si pensi, ad esempio, all'amministratore che ritarda il pagamento dei fornitori col preciso scopo di preservare le somme che, al termine del mandato, dovrà prelevare per sé: una tale condotta, se provata, potrebbe comportare la richiesta di risarcimento dei danni nei confronti dell'amministratore, responsabile di non aver assolto diligentemente il proprio incarico.
È appena il caso di ricordare, infatti, che il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell'altra (art. 1703 c.c.).
Traslando questo principio in ambito condominiale, significa che l'amministratore, in qualità di mandatario, non può dolosamente trascurare gli obblighi del condominio solamente per soddisfare le proprie ragioni.
Queste ultime, infatti, per quanto legittime (il diritto all'onorario è sacrosanto) non possono artatamente essere anteposte agli altri obblighi a cui bisogna adempiere nell'interesse della compagine, primo fra tutti quello inerente al pagamento dei fornitori e di tutti gli altri debiti condominiali che, in modo lampante, sono sorti ben prima del credito dell'amministratore.
Pertanto, se l'amministratore, ritardando il pagamento delle bollette per pagarsi l'onorario, dovesse causare l'interruzione della fornitura elettrica, risponderebbe dei danni conseguenti.
In quale ordine vanno pagati i fornitori?
Alla luce di quanto appena detto possiamo affermare che, i fini della corretta gestione delle situazioni di morosità condominiale, l'amministratore diligente, per non incorrere in responsabilità, deve dare precedenza ai debiti scaduti o comunque più risalenti nel tempo.
Insomma: l'amministratore deve fare in modo di evitare pregiudizi al condominio. Egli, quindi, dovrà pagare le fatture nell'ordine di scadenza e, in caso di scadenza contestuale, privilegiare il pagamento di quelle inerenti ai servizi più importanti o, comunque, quelle il cui mancato pagamento comporta pregiudizi maggiori.
Solitamente si predilige onorare le fatture rispetto alle quali non è possibile ricorrere a una rateizzazione: energia elettrica, gas e fattura per il consumo idrico ne sono esempi tipici.
L'amministratore può prelevare i compensi extra?
Secondo la Corte d'appello di Milano (17 luglio 2017, n. 3362), l'amministratore non può prelevare dal conto somme che esorbitano dal compenso pattuito inizialmente, anche qualora queste dovessero essere ricondotte ad attività straordinarie.
Va infatti ricordato che, per pacifica giurisprudenza (ex multis, Trib. Milano, sent. n. 159 dell'11 gennaio 2023), l'amministratore può chiedere un compenso extra rispetto a quello inizialmente prospettato purché questo sia già stato messo in preventivo al momento del conferimento dell'incarico, ad esempio prevedendo un aumento dell'onorario base in percentuale rispetto all'attività straordinaria svolta.
L'amministratore di condominio ha quindi diritto al compenso aggiuntivo se non è preteso in maniera unilaterale ma è oggetto di apposita deliberazione da parte dell'assemblea; non è dovuta alcuna maggiore retribuzione rispetto al compenso fissato in assenza di apposita delibera condominiale in merito.
L'amministratore può prelevare i soldi per il rimborso delle spese?
L'amministratore ha diritto al rimborso delle spese anticipate nell'esercizio dell'attività gestoria e durante il mandato.
Infatti, l'art. 1720, comma primo, c.c. prevede che il mandante debba rimborsare al mandatario le anticipazioni, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e deve pagargli il compenso che gli spetta.
L'obbligazione di rimborsare l'amministratore sorge nel momento stesso in cui egli effettua le anticipazioni nell'esecuzione dell'incarico di mandato.
Naturalmente, l'amministratore deve offrire la prova degli esborsi effettuati presentando un rendiconto del proprio operato che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili.
Il rimborso delle spese, non essendo un costo preventivato al momento dell'affidamento dell'incarico, è sempre subordinato alla previa approvazione assembleare, esattamente come avviene per il compenso extra: l'amministratore, pertanto, non può prelevare dal conto quanto gli spetterebbe a titolo di rimborso delle spese anticipate se l'assemblea non ha dato l'autorizzazione.