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Dimissioni dell'amministratore di condominio, che cosa c'è da sapere per non incorrere in errori

Se l'amministratore si dimette all'improvviso l'assemblea può chiedere i danni?
Avv. Alessandro Gallucci 

Partiamo dal dato certo: al rapporto giuridico amministratore-condominio si applicano le norme dettate sul condominio ed in via sussidiaria quelle dettate in tema di contratto di mandato.

Questa l'indicazione, chiara, che viene fuori dell'art. 1129, quindicesimo comma, c.c.; si tratta di una norma introdotta dalla riforma del condominio, la quale sul punto altro non ha fatto che, sostanzialmente, riprendere il consolidato orientamento della Cassazione secondo la quale "l'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato", parola di Cassazione (SS.UU. n. 9148/08).

Ciò detto vediamo che cosa succede in caso di dimissioni.

Dimissioni dell'amministratore e prorogatio

Fino all'entrata in vigore della riforma del condominio il codice civile non citava specificamente le dimissioni dell'amministratore; oggi lo fa chiarendo, tra le altre cose, che l'amministratore dimissionario può ricorrere al Tribunale per chiedere la nomina di un suo sostituto qualora l'assemblea non vi provveda (art. 1129, primo comma, c.c.).

Che cosa accade nel periodo che va tra le dimissioni e l'affidamento dell'incarico ad altro professionista?

La risposta è contenuta nell'ottavo comma dell'art. 1129 c.c. a mente del quale "alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi".

La norma ha una formulazione infelice ed ha sollevato diversi dubbi interpretativi: siccome la cessazione dell'incarico di norma coincide con le dimissioni o la revoca, sembrerebbe che qualora una di queste due ipotesi dovesse concretizzarsi, l'amministratore sarebbe tenuto ad un'immediata documentazione (non si comprende a chi) del carteggio del condominio.

Ad avviso di chi scrive, invece, questo comma, pur infelicemente, istituzionalizza la così detta prorogatio imperii.

Differenza tra amministratore in prorogatio e quello regolarmente nominato

In questo contesto, pertanto, sarebbe da considerarsi doverosa la prosecuzione nell'incarico, (come si direbbe per altri incarichi) per il disbrigo degli affari correnti, fino alla sua sostituzione.

D'altronde sull'argomento la stessa Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che "la perpetuatio di poteri in capo all'amministratore uscente, dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all'art. 1129 c.c. o per dimissioni, fondandosi su una presunzione di conformità di una siffatta perpetuatio all'interesse ed alla volontà dei condomini, non trova applicazione quando risulti, viceversa, (come nel caso in esame) una volontà di questi ultimi, espressa con delibera dell'assemblea condominiale, contraria alla conservazione dei poteri di gestione da parte dell'amministratore, cessato dall'incarico" (Cass. 17 maggio 2018 n. 12120).

Dimissioni dell'amministratore, le regole in materia di mandato

In alcune occasioni abbiamo evidenziato che la revoca senza giusta causa dall'incarico di amministratore può portare alla richiesta di risarcimento del danno da parte di quest'ultimo verso l'assemblea.

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E se l'amministratore si dimette? L'assemblea può chiedere i danni?

Ai sensi dell'art. 1727 c.c., rubricato Rinunzia del mandatario,

Il mandatario che rinunzia senza giusta causa al mandato deve risarcire i danni al mandante. Se il mandato è a tempo indeterminato, il mandatario che rinunzia senza giusta causa è tenuto al risarcimento, qualora non abbia dato un congruo preavviso.

In ogni caso la rinunzia deve essere fatta in modo e in tempo tali che il mandante possa provvedere altrimenti, salvo il caso d'impedimento grave da parte del mandatario.

La norma sembrerebbe lasciare aperta questa opportunità ma l'istituto della prorogatio imperii, ad avviso di chi scrive, lo esclude in radice.

Dimissioni, l'assemblea non ha potere di respingerle

Una volta che l'amministratore ha rassegnato le proprie dimissioni, ferma restando la necessità di farlo evitando di creare nocumento al condominio, l'assemblea non può far altro che prendere atto della volontà dell'amministratore, al più di provare a dissuaderlo.

Certo è che non può deliberare di respingerle per intimarli di restare in carica.

Al riguardo, la giurisprudenza che ha affrontato l'argomento ha avuto modo di specificare che "il rifiuto delle dimissioni espresso dall'assemblea altro non può essere qualificato se non in termini di esortazione all'amministratore a continuare nel suo incarico, e dunque a ritirare le dimissioni, e null'altro non potendo impedire all'amministratore di dimettersi" (Trib. Roma 24 marzo 2021 n. 5166).

Dimissioni e revoca giudiziale

In relazione alle dimissioni dell'amministratore di condominio in costanza di un procedimento giudiziale attivato per ottenere la sua revoca, la giurisprudenza che ha affrontato l'argomento ha concluso per l'impossibilità delle dimissioni di neutralizzare la procedura giudiziale.

In tal senso, almeno, si è pronunciato il Tribunale di Milano, il quale ha avuto modo di affermare che "anche qualora l'amministratore rassegni, nelle more del giudizio di revoca, le proprie dimissioni, permane in capo al ricorrente un interesse sostanziale alla pronuncia che investa il merito, posto che l'art. 1129, tredicesimo comma, prevede espressamente che, in caso di revoca da parte dell'autorità giudiziaria, l'assemblea non possa nominare nuovamente l'amministratore revocato" (Trib Milano 2 dicembre 2016 n. 3364 in Condominioelocazione.it).

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