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Responsabilità del locatore - proprietario e del conduttore: quando un cancello frana su una minore

Le indicazioni per comprendere la differenza tra rovina di edificio e danni da cose in custodia.
Avv. Caterina Tosatti 

Oggi esaminiamo una pronuncia resa in grado di appello circa una fattispecie relativa ad un danno ed al suo risarcimento: un danno provocato da un bene immobile ad un conduttore, quindi, ahimè, quantomeno frequente e di interesse generale.

Cancello e danni ad una minore: la pronuncia

La vicenda prende le mosse da un incidente accaduto in un complesso immobiliare: Tizia, rientrando con la figlia Caia di 4 anni, faceva aprire alla bambina il cancello di ingresso del complesso, per poter entrare con la propria autovettura.

Il cancello usciva dalla propria sede, rovinando sulla bambina e causandole la frattura del femore scomposta ed ematomi alla coscia destra.

Tizia e Sempronio, genitori di Caia, proponevano pertanto azione di risarcimento del danno subìto da Caia, quali esercenti la responsabilità genitoriale sulla figlia, nonché del danno subìto da essi stessi, in virtù della loro parentela, sia a livello non patrimoniale, quanto all'assistenza prestata alla figlia e per le conseguenze sul loro stato psico - fisico, sia a livello patrimoniale, per la prolungata assenza dal lavoro, legata alle necessità di cura di Caia.

L'azione di risarcimento veniva promossa da Tizia e Sempronio contro Mevio, quale legale rappresentante delle società Alfa Srl e Beta Srl; infatti, Beta Srl era proprietaria del complesso immobiliare ed aveva locato ad Alfa Srl alcuni immobili del complesso, tra i quali l'unità immobiliare che poi Alfa Srl aveva concesso in locazione a Sempronio, che quivi abitava con la sua famiglia.

Mevio e la Beta Srl si costituivano in giudizio; Beta Srl chiedeva la chiamata in causa della società costruttrice del cancello, ritenuta litisconsorte necessario, ma con sentenza non definitiva ne veniva disposta l'estromissione dal giudizio per carenza di legittimazione passiva verso gli attori.

Nel corso del giudizio, a fronte del decesso di Tizia, subentrano in qualità di suoi eredi sia Sempronio, coniuge ed anche per il figlio minore Filano, nonché la stessa Caia, ormai maggiorenne, la quale interviene in giudizio anche in proprio, quale soggetto danneggiato direttamente.

Dopo aver escusso testimoni ed aver disposto una CTU, il Tribunale di Lecce si pronuncia accogliendo la domanda di Caia e ritenendo che la responsabilità dell'incidente andasse ascritta ai sensi dell'art. 2051 c.c. per l'omessa custodia del cancello da parte della conduttrice Alfa Srl, mentre veniva esclusa la responsabilità della proprietaria e locatrice, Beta Srl.

Il Tribunale non concedeva il risarcimento del danno ai genitori, Tizia e Sempronio, non ritenendone sussistere i presupposti, dato che difettavano sia un danno da perdita del rapporto parentale che un danno alla vita di relazione.

Mevio - rammentiamo, legale rappresentante sia della Alfa Srl che della Beta Srl - propone appello avverso detta sentenza, lamentando i seguenti vizi rispetto alla pronuncia di I°:

  • circa il rapporto tra la Alfa Srl e Sempronio, conduttore dell'immobile: come detto sopra, Alfa Srl aveva concesso in locazione un immobile a Sempronio, che qui abitava con Tizia e Caia ed il figlio Filano; secondo Mevio, il Tribunale aveva omesso di valutare detto rapporto contrattuale, essendosi unicamente soffermato sul rapporto di locazione 'a monte', cioè tra Beta Srl e Alfa Srl; invece, ritiene Mevio, una volta concesso in locazione l'immobile a Sempronio, sarebbe stata trasferita a costui la disponibilità e la custodia del bene, di tal ché non sarebbe stato possibile rimproverare la mancata custodia, appunto, alla locatrice Alfa Srl;
  • circa il rapporto tra il cancello e la Beta Srl: accertato in giudizio che il difetto del cancello che aveva cagionato l'evento di danno occorso a Caia (la caduta del cancello) era da ricondurre ad un difetto di manutenzione, la fattispecie non andava inquadrata come danno da cose in custodia, bensì come danno da rovina di edificio ai sensi dell'art. 2053 c.c., ascrivibile unicamente al proprietario dello stesso, cioè la Beta Srl - comprenderemo, leggendo la sentenza, che medio tempore Mevio aveva smesso la carica di legale rappresentante della Beta Srl, assunta da Tito;
  • circa il rapporto tra il proprietario ed il conduttore in ordine alla vigilanza sulla cosa: secondo Mevio, il cancello era parte comune dell'edificio, pertanto la responsabilità per la sua custodia non poteva essere ascritta alla Alfa Srl, quale conduttrice di alcuni degli immobili (e locatrice di Sempronio), bensì andava correttamente imputata alla proprietà ovvero alla Beta Srl, la quale era altresì a conoscenza del malfunzionamento del cancello;
  • circa il rapporto tra l'evento e la condotta di Tizia, madre della vittima: ai sensi dell'art. 1227 c.c., il fatto colposo del creditore che concorre a cagionare il danno determina la diminuzione del risarcimento a seconda della gravità della colpa e dell'entità delle conseguenze che ne sono derivate, mentre il risarcimento è totalmente escluso per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza: secondo Mevio, il fatto che Tizia abbia consentito alla figlia di soli 4 anni di eseguire un'operazione come quella di aprire un cancello depone come prova dell'imprudenza della stessa Tizia ed opera come interruzione del nesso causale, cosicché il Tribunale non poteva ometterne l'esame, come di fatto è stato.

Sempronio, in proprio e quale erede di Tizia anche per il figlio Filano e Caia, sia in proprio che come erede di Tizia, resistono all'appello e propongono appello incidentale, chiedendo che la sentenza del Tribunale venisse riformata quanto alla responsabilità ex art. 2051 c.c. della Alfa Srl, perché secondo Sempronio e Caia la medesima va estesa a titolo di concorso con la responsabilità ex art. 2053 c.c. della Beta Srl, cosicché le due società vanno condannate insieme.

La Corte d'Appello di Lecce accoglie in parte l'appello di Mevio.

Proprietà, locazione... Condominio?

Leggiamo, nella pronuncia della Corte d'Appello, che «Malgrado il contratto di locazione comporti il trasferimento al conduttore dell'uso e del godimento sia della singola unità immobiliare sia dei servizi accessori e delle parti comuni dell'edificio, una siffatta detenzione non esclude i poteri di controllo, di vigilanza e, in genere, di custodia spettanti al proprietario-locatore, il quale conserva un effettivo potere fisico sull'entità immobiliare locata - ancorché in un ambito in parte diverso da quello in cui si esplica il potere di custodia del conduttore - con conseguente obbligo di vigilanza sullo stato di conservazione delle strutture edilizie e sull'efficienza degli impianti. Gravano, pertanto, sui condomini le responsabilità per danni subiti da terzi (nel novero dei quali vanno ricompresi anche i conduttori di appartamenti siti nell'edificio) in conseguenza di omissioni addebitabili all'amministrazione del condominio ovvero di inerzia da parte dell'assemblea condominiale nell'adottare gli opportuni provvedimenti atti ad eliminare una situazione di pericolo (in tal senso, Cassazione civile sez. III, 05/12/1981, n. 6467 con riferimento all'anomalo funzionamento del congegno meccanico di chiusura del cancello condominiale)».

Perché il Collegio parla di «condominio», quando non ci è dato rinvenire, tra le parti del giudizio, alcun ente di gestione, ma solamente i danneggiati e le società proprietaria e conduttrice degli immobili?

Riusciamo a leggere, in altra parte della sentenza, che la Beta Srl, costruttrice e proprietaria del complesso immobiliare, costituito da 3 blocchi distinti denominati A, B e C, costituiti da 4 appartamenti ciascuno, aveva alienato un immobile del blocco B ed aveva concesso in locazione tutti i 4 appartamenti del blocco A alla Alfa Srl.

Quindi, da un punto di vista tecnico, era avvenuto, almeno quanto al blocco B, il frazionamento dell'originaria proprietà che sappiamo dare vita al Condominio di cui agli artt. 1117 e ss c.c., ma sarebbe quantomeno avventato pensare che, a partire da quel momento, questo Condominio 'minimo', costituito dalla Beta Srl e dall'acquirente dell'appartamento del blocco B, abbia iniziato a riunirsi in Assemblea ed a discutere delle questioni relative al blocco B o all'intero complesso immobiliare, che, a questo punto, immaginiamo come un Supercondominio avente in comune, in difetto di ulteriori elementi, almeno il cancello di ingresso che originò il danno alla famiglia di Tizia e Sempronio.

Pertanto, non ci è dato rinvenire un Amministratore del blocco B o tantomeno del Supercondominio costituito dai 3 blocchi, così come non ci giunge notizia di assemblee convocate che non siano riuscite a deliberare i lavori di manutenzione necessaria del singolo blocco o dei beni supercondominiali, come il noto cancello.

Infatti, la stessa pronuncia prosegue poi affermando che «il complesso edilizio, nella sua interezza, nonostante la locazione di alcuni appartamenti è sempre rimasto nella disponibilità e sotto la vigilanza ed il controllo della Beta Srl».

Ecco allora che la Corte d'Appello deve negare l'accoglimento del primo motivo di appello avanzato da Mevio (secondo il quale con la locazione tra Alfa Srl e Sempronio era venuta meno la responsabilità in capo alla Alfa Srl della manutenzione del complesso, così come del bene locato), in quanto, essendo l'intero complesso immobiliare, cui il cancello appartiene, rimasto sempre e comunque nella disponibilità della proprietà, la questione del rapporto di sub - locazione tra Alfa Srl e Sempronio assumeva importanza e rilevanza pari a zero.

Ribadiamo, tuttavia, come non sia comprensibile il richiamo dell'ente di gestione, posto che il cancello era semmai un bene supercondominiale, sul quale il potere di controllo e vigilanza spettava alla Beta Srl, in difetto della costituzione di un'Assemblea di Supercondominio e della nomina del suo Amministratore, nonché a fronte della sostanziale proprietà esclusiva di tutto il complesso rimasta in capo alla Beta Srl.

Rovina di edificio, non danno da cose in custodia

La Corte d'Appello accoglie l'impugnativa di Mevio in relazione alla diversa qualificazione della responsabilità per il danno occorso, così come l'imputazione della suddetta responsabilità.

Rammentiamo che la sentenza di I° aveva addossato l'intera responsabilità alla Alfa Srl, quale conduttrice dell'immobile concesso a Sempronio, al quale il cancello dava accesso.

Secondo la Corte d'Appello, invece, a fronte della ricostruzione di fatto per cui Beta Srl concesse in locazione alla Alfa Srl unicamente il blocco B e non tutto il complesso, nonché viste le testimonianze in merito alla natura del cancello (ad apertura manuale e non automatica) ed alle sue condizioni derivanti dalla mancata manutenzione periodica e dalla 'messa a norma' (il cancello era privo del fermo di fine corsa), nonché circa la conoscenza che Tito, legale rappresentante della Beta Srl aveva dello stato del cancello, rimanendo tuttavia in atteggiamento di totale inerzia, non è possibile ascrivere alla Alfa Srl (e così a Mevio, suo legale rappresentante), la responsabilità per le condizioni del cancello che poi causarono il danno a Caia.

È quindi meritevole di accoglimento la tesi di Mevio per cui alla fattispecie va applicata la regola dettata dall'art. 2053 c.c. per la rovina di edificio, dovendosi affermare che, siccome l'edificio nel suo complesso rimase sempre nella disponibilità e sotto la vigilanza ed il controllo della Beta Srl, allora era costei, come proprietaria, a conservare la custodia delle strutture portanti, delle opere murarie strutturali, degli impianti e della copertura dell'immobile concesso in locazione.

L'onere della prova liberatoria, cioè la prova che permette di andare esenti da responsabilità, nel caso della rovina di edificio, consiste nel fornire evidenza - da parte del proprietario - che il danno provocato dalla rovina non è riconducibile a vizi di costruzione o difetto di manutenzione dell'immobile, bensì ad un fatto dotato di efficacia causale autonoma, comprensivo del fatto del terzo o del medesimo danneggiato, anche se imprevedibile e inevitabile - in tal senso, Cassaz. n. 9694/2020 citata in sentenza.

Nel caso di specie, non solo la Beta Srl, proprietaria responsabile, non forniva detta prova, ma le testimonianze assunte in corso di causa nel I° attestavano esattamente l'opposto, cioè che Tito, legale rappresentante di Beta Srl, era edotto del malfunzionamento del cancello per la mancanza del fermo di fine corsa ed aveva ignorato tali segnalazioni, rimanendo supino e non provvedendo a ripararlo.

Per il medesimo motivo, la responsabilità da cose in custodia rimproverata a Mevio, quale legale rappresentante della Alfa Srl (sub - locatrice dell'appartamento a Sempronio) non sussiste, dato che la Alfa Srl aveva ricevuto, a sua volta, in locazione solamente 4 appartamenti del blocco B del complesso, non avendo né potere di intervento né dovere di gestione, quindi, sui beni comuni del complesso, quale il cancello.

Nemmeno, sottolinea la Corte d'Appello, si può rimproverare a Mevio, sempre quale legale rappresentante di Alfa Srl, di essere responsabile in virtù dei danni cagionati dalla cosa locata al conduttore Sempronio - infatti, all'epoca del contratto, Mevio era ancora legale rappresentante di Alfa Srl e fu lui a concedere in locazione l'appartamento del blocco B a Sempronio - perché, sebbene ai sensi dell'art. 1578 c.c., il locatore sia responsabile dei danni derivanti da vizi della cosa, non può essere ritenuto tale se ignorava detti vizi senza sua colpa al momento della consegna.

Essendo stato provato, durante il I°, che Mevio non era mai stato portato a conoscenza del malfunzionamento del cancello, non è possibile rimproverargli di aver conosciuto dei vizi della cosa locata e di averne taciuto.

Quanto all'appello incidentale di Sempronio e Caia, relativo al concorso di responsabilità tra proprietà e conduzione dell'immobile, la Corte d'Appello, rifacendosi alla giurisprudenza recente della Cassazione (sentenze 7526 e 7527 del 27 marzo 2018) nega la possibilità di detto concorso, posto che la responsabilità di cui all'art. 2053 c.c. (rovina di edificio) è speciale rispetto a quella generica per le cose in custodia e, in quanto norma speciale, è destinata a prevalere ed ad assorbire qualsiasi altra imputazione.

Condominio: danni da rovina e difetti di cose immobili

Concorso di colpa e nesso di causalità

Lamentava Mevio che il Tribunale non avesse valutato se la condotta di Tizia, madre di Caia, avesse influito sulla causazione del danno, sino eventualmente ad escluderlo.

Secondo la Corte d'Appello, detta censura è meritevole di accoglimento con talune precisazioni.

La condotta di Tizia, che, per età e ruolo genitoriale, era perfettamente in grado di percepire il pericolo insito nell'affidare ad una bambina di 4 anni l'incarico di aprire un cancello di grandi dimensioni, ha certamente inciso e contribuito all'originarsi del danno, a prescindere dal malfunzionamento del cancello stesso.

Tuttavia, la condotta di Tizia, mancando elementi da cui desumere connotazioni di specifico azzardo e di imprevedibilità, non è idonea ad interrompere del tutto il nesso di causalità tra il contegno della Beta Srl quale proprietaria ed il danno, ma rileva nella mitigazione dell'entità del risarcimento.

Insomma, non siamo in presenza dell'ipotesi di cui all'art. 1227, 2° comma, c.c., bensì di quella di cui al 1° comma.

Pertanto, la Corte conclude rimodulando l'entità del risarcimento in ragione dell'imputabilità del 30% di esso al concorso di colpa di Tizia, cosicché alla proprietà (Beta Srl) rimane accollato il 70% di esso.

Danni da cose in custodia e concorso colposo del danneggiato

Sentenza
Scarica App. Lecce 4 gennaio 2022 n.8
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