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Danni da cose in custodia. Responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c.

Il condominio responsabile dei danni causati dalle cose comuni, le norme e la giurisprudenza.
Avv. Alessandro Gallucci 

Il condominio, inteso come l'insieme dei comproprietari delle unità immobiliari, è responsabile dei danni causati dalle cose comuni.

Ciò tanto quando il danno è stato subito da un estraneo al condominio, tanto quando il danneggiato è uno stesso condomino.

La norma cui fare riferimento in simili situazioni è l'art. 2051 c.c. che recita:

. Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. .

In sostanza il condominio è considerato, agli effetti di legge, ad un custode.

Danni da cose in custodia, la figura del custode

La migliore dottrina - sull'argomento non vi sono dispute - afferma che "il "custode" è individuato non soltanto nel proprietario, ma anche nell'usufruttuario, nell'enfiteuta, nel conduttore, nel possessore, nel detentore e, in genere, in colui che esercita un effettivo e non occasionale potere materiale sulla cosa stessa, tale da implicare il governo e l'uso di qui, il dovere di vigilanza e di controllo, in modo da impedire che produca danni a terzi" (Pietro Perlingieri, Manuale di diritto civile, ESI, 1997).

Come si accennava in principio nessun dubbio sul fatto che il condominio, quale organizzazione di persone volta alla gestione e conservazione delle cose comuni, debba essere considerato custode.

La giurisprudenza in tal senso ha affermato che "il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all'art. 2051 cod. civ. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini" (così ex multis Cass. 12 luglio 2011, n. 15291).

Se sulla individuazione della nozione di custode e la riconducibilità in essa del condominio non sorgono dubbi, più articolata è stata la discussione in merito alla natura della responsabilità gravante sul custode del bene.

Danni da cose in custodia, la natura della responsabilità

Per non poco tempo la situazione ha visto contrapposti due filoni interpretativi:

a) il primo riteneva che l'art. 2051 c.c. configurasse un'ipotesi di responsabilità oggettiva;

b) il secondo propendeva per una presunzione di colpa.

Ad oggi l'orientamento consolidato e maggioritario ritiene che la disposizione normativa di cui all'art. 2051 c.c., individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva e non una presunzione di colpa.

Questa preferenza, fa sì che sia sufficiente per l'applicazione della norma la mera sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile, il custode per l'appunto e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo.

La stessa Cassazione ha più volte specificamente affermato che "la responsabilità sussiste indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa (e, perciò, anche per le cose inerti) e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, poiché l'azione di responsabilità per custodia ex art. 2051 c.c., presuppone sul piano eziologico e probatorio accertamenti diversi, e coinvolge distinti temi di indagine rispetto all'azione di responsabilità per danni a norma dell'art. 2043 c.c., dipendente dal comportamento del custode, che è invece elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all'art. 2051 c.c." (Cass. 20 maggio 2009 n. 11695).

Responsabilità da cose in custodia: un utile vademecum della Cassazione

Danni da cose in custodia, il caso fortuito

Responsabilità oggettiva non vuol dire inesistenza di cause di esclusione della responsabilità medesima.

La stessa giurisprudenza che afferma la responsabilità per posizione del custode è altrettanto chiara nello spiegare che la responsabilità è "esclusa soltanto nel caso in cui l'evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale e cioè quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l'evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell'evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile (Cass. n. 12329/2004, 376/2005, 2563/2007)" (così Cass. 20 maggio 2009 n. 11695).

Tale, si dice unanimemente, è lo stesso comportamento del danneggiato.

In tal senso classico è l'esempio della persona che scivola sul pavimento bagnato nonostante questa circostanza sia adeguatamente segnalata.

Danni da cose in custodia, l'applicazione della norma al condominio

Nel caso del condominio pertanto, il soggetto danneggiato potrà ottenere il risarcimento per un danno "semplicemente" provando il danno, il nesso tra danno e cosa che lo ha generato ed il rapporto di custodia. Nel caso di specie, quindi, si tratterà di dimostrare la condominialità del bene.

Il condominio, invece, andrà esente da responsabilità solamente allorquando riesca a provare che il danno è stato causato dalle parti comuni dello stabile, salvo che ricorra un caso fortuito da individuarsi in un evento assolutamente imprevisto o imprevedibile.

Quando la domanda è fondata ma la richiesta è eccessiva, cosa succede?

Tra i fattori aventi efficacia scriminante rientra anche il fatto del terzo, o dello stesso danneggiato, che sia di per sé idoneo a produrre l'evento lesivo.

Nello sterminato archivio giurisprudenziale in materia di danni da cose in custodia, ad esempio, merita menzione il caso di quel condominio che fu stato ritenuto responsabile per il danno occorso ad una persona che era caduta con la propria motocicletta in una strada condominiale.

Secondo i giudici di legittimità, infatti, "chi proponga domanda di risarcimento dei danni da cose in custodia, ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., in relazione alle condizioni di una strada (nella specie, danni conseguenti alla caduta da una motocicletta), ha l'onere di dimostrare le anomale condizioni della sede stradale e la loro oggettiva idoneità a provocare incidenti del genere di quello che si è verificato (nella specie, presenza di pietrisco sul fondo stradale).

È onere del custode convenuto in risarcimento, invece, dimostrare in ipotesi l'inidoneità in concreto della situazione a provocare l'incidente, o la colpa del danneggiato, od altri fatti idonei ad interrompere il nesso causale fra le condizioni del bene ed il danno" (Cass. 18 dicembre 2009 n. 26751).

Nel caso di specie evidentemente ciò non è avvenuto.

Danni da cose in custodia, l'applicazione della norma al condominio: il caso delle infiltrazioni

Altra ipotesi di classico caso di danno da cose in custodia in ambito condominiale è quello del danno da infiltrazioni.

L'esempio più ricorrente, forse, è quello delle infiltrazioni dal tetto, dal lastrico, ovvero di quelle dovute a rotture di impianti idrico fognanti.

In queste ipotesi, salvo rari casi di responsabilità di terzi (es. appaltatore, condòmino, estraneo), il condominio è quasi sempre responsabile. Come dire: se entra acqua dal tetto, meglio trovare un accordo con chi ha subito il danno.

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