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Piu criteri per ripartire la spesa dell'acqua

Il servizio relativo alla fornitura dell'acqua è un servizio comune il cui utilizzo è dato alle singole unità immobiliari che compongono il palazzo. Dubbi sorgono su quale sia il giusto criterio di ripartizione della spesa.
Avv. Anna Nicola 

La suddivisione della spesa tra i condomini, in astratto, potrebbe essere operata secondo diverse modalità di calcolo, a seconda della base che si intende prendere come riferimento.

I diversi criteri di contabilizzazione della spesa

Si possono ipotizzare le seguenti tipologie di frazionamento:

  • Suddivisione in base al numero delle unità immobiliari: si tratta di un metodo spesso usato per i condomini di piccole dimensioni. Ogni singola unità corrisponde una quota fissa delle spese dell'acqua.

    Volendo fare un semplice esempio, se gli alloggi sono dieci e le spese dell'acqua ammontano a complessivi 1.000 euro, la singola unità avrà la spesa di 100 euro, a prescindere dal rispettivo consumo effettivo;

  • Suddivisione in base al numero dei condomini: qui la divisione delle spese dell'acqua avviene tra tutti i soggetti titolati in parti uguali.

    Ogni proprietario ha una quota uguale a quella degli altri, senza considerare il numero delle persone che abitano l'unità immobiliare o dal suo consumo effettivo.

    Questo metodo, pur dettato da principi di equità, corre il rischio di non tener conto delle differenze numeriche degli abitanti dell'unità e/o dei comportamenti di consumo;

  • Suddivisione con contatori individuali: questo sistema è sempre più diffuso e permette grande precisione della ripartizione delle spese dell'acqua.

    Infatti ogni unità abitativa è dotata di un contatore individuale (a sottrazione) che misura il consumo effettivo di acqua specifico per quella unità. Il riferimento è pertanto al singolo effettivo consumo, per unità.

    E' chiaro che il singolo deve considerare anche le spese di installazione e di manutenzione del contatore personale.

La legge riconosce il diritto dei condomini di richiedere l'installazione di questi contatori, garantendo una ripartizione equa delle spese.

Nel caso di abitazioni con riscaldamento autonomo, si ha per singola unità un solo contatore che indica il consumo di acqua fredda.

Se invece vi è un impianto centralizzato, in cui l'acqua calda viene prodotta in un'unica caldaia condominiale e portata nelle singole unità, si hanno due contatori: uno per l'acqua calda consumata (generalmente indicato in rosso) e uno per l'acqua fredda (di colore blu).

Caldaia a condensazione e canna fumaria condominiale non adeguata

I contatori individuali

Il Tribunale di Milano, con le due sentenze nn. 1280/2018 e 4275/2019, ha evidenziato come sia la stessa normativa vigente ad imporre l'utilizzo di contatori individuali ai fini di un consumo più responsabile nell'utilizzo dell'acqua.

Poiché non è più possibile dare per scontata questa importante risorsa naturale, occorre adottare questo sistema di contabilizzazione volto a renderne più consapevole il consumo.

La normativa di riferimento è innanzitutto il DPCM del 4 marzo 1996 (attuativo della c.d. Legge Galli del 5 gennaio 1994 n. 36) che, nel richiamare la Direttiva comunitaria n. 75/33 che indicava come obbligatoria l'installazione di contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario, ha previsto l'obbligo della misurazione dei consumi.

L'art. 146 del D.Lgs. n. 152/2006 dispone che le Regioni devono agire per razionalizzare i consumi e ridurre al massimo gli sprechi, in particolare installando contatori per il consumo dell'acqua nelle singole unità abitative e contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario presenti nelle realtà urbane.

Stanti queste premesse, sostiene il tribunale milanese, l'amministratore condominiale non avrebbe alcuna necessità dell'autorizzazione assembleare per procedere all'installazione di un sistema di contabilizzazione dell'acqua, essendo tenuto ad applicare la legge e a gestire in modo efficiente i beni e i servizi comuni.

L'assemblea inoltre sarebbe libera di decidere a maggioranza per il sistema di contabilizzazione dei consumi dell'acqua anche laddove un regolamento di natura contrattuale prevedesse un diverso criterio di riparto.

Nel caso di specie, ha dichiarato legittima l'installazione dei contatori solo per una parte delle unità immobiliari comprese nell'edificio, con la conseguenza che il riparto delle spese diventa di natura mista: per le unità dotate di contatori sulla base degli effettivi consumi e, per la parte restante, sulla base dei millesimi di proprietà o del diverso criterio eventualmente indicato nel regolamento.

Sempre secondo il tribunale di Milano, la delibera assembleare, alla luce della normativa vigente, deve considerarsi doverosa e meramente ricognitiva di un obbligo di legge. Addirittura, come sopra visto, non sarebbe necessaria, poiché l'amministratore condominiale, essendo tenuto ad applicare la legge e a gestire in modo efficace ed efficiente i beni e i servizi comuni, non avrebbe alcuna necessità dell'autorizzazione assembleare per procedere all'installazione di un sistema di contabilizzazione dell'acqua.

Anche il Tribunale di Roma, con la Sentenza n. 18485 del 23 dicembre 2020 afferma che la ripartizione delle spese relative al consumo idrico deve avvenire, preferibilmente, in base ai consumi effettivi-sulla scorta del disposto dell'art. 1123, comma 2 c.c.- naturalmente a condizione che essi siano oggettivamente rilevabili mediante l'installazione- in ogni singola unità immobiliare-di appositi contatori che possano costituire una base certa per l'addebito dei costi.

Laddove, al contrario, l'immobile sia sprovvisto di un simile contatore, la ripartizione dovrà essere effettuata in misura proporzionale al valore millesimale della proprietà di ciascuno, ai sensi dell'art.1123, comma 1 c.c.

Proseguendo su questa linea, il medesimo Tribunale di Roma, con la sentenza n. 6674 del 20 aprile 2021, ha considerato legittima l'installazione dei contatori solo nelle unità immobiliari utilizzate a scopi commerciali e non anche in quelle abitative, perché solo nelle prime era stato possibile adottare questo sistema di contabilizzazione.
I possibili criteri diversi dai contatori individuali

Già nel 2014, la Cassazione con sentenza n. 17557 dell'1 agosto 2014 ha chiarito che, salva diversa convenzione (ovvero di un accordo vincolante per tutti i condomini), la ripartizione delle spese dell'acqua, in mancanza di contatori di sottrazione installati in ogni singola unità immobiliare, deve essere effettuata - ai sensi dell'art. 1123, comma 1, c.c. - in base ai valori millesimali.

Con questa decisione la Suprema corte ha specificato che, ove non si possa contabilizzare il consumo dell'acqua, si deve dare applicazione al criterio indicato nel regolamento contrattuale.

In mancanza di disposizioni regolamentari, ci si deve basare sul criterio generale di cui all'art. 1123, comma 1, c.c., ossia il sistema millesimale se non vi è la possibilità di singoli contatori per unità.

L'installazione dei singoli contatori non si pone in contrasto con il regolamento, in quanto: "sul punto soccorre la pronuncia della Corte di Cassazione (Sentenza n. 10895 del 16 maggio 2014) che ha dichiarato che l'installazione dei contatori di ripartizione del consumo dell'acqua in ogni singola unità immobiliare può essere deliberata dall'assemblea di condominio, anche se la ripartizione del servizio è disciplinata diversamente dal regolamento contrattuale e per tale decisione non occorre l'unanimità essendo sufficiente la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 2, c.c." (Trib. Roma n. 23 dicembre 2020, n. 18485)

Con la sentenza n. 1287 del 16 novembre 2022 il Tribunale di Reggio Calabria ritorna sulla questione del riparto dei consumi idrici in Condominio e distingue a seconda che si tratti di fornitura di acqua alla singola unità immobiliare, costi fissi della fornitura comune e spese di lavaggio e/o innaffiamento di parti comuni, dettando regole di imputazione della spesa diversa a seconda della ratio sottesa alla stessa.

Spiega il Tribunale che in tema di ripartizione delle spese relative al servizio idrico condominiale, come precisato in più occasioni dalla giurisprudenza, anche di legittimità, salva diversa convenzione (cioè un criterio imposto dal Regolamento modificabile solo dall'unanime volontà dei condomini), la ripartizione delle spese della bolletta dell'acqua, in mancanza di contatori di sottrazione installati in ogni singola unità immobiliare, deve essere effettuata, ai sensi dell'art. 1123 c.c., 1° comma, in base ai valori millesimali (Cass. 26.05.2022, n.17119; Cass. Civ. sez. II, 01/08/2014, n. 17557; Trib. Milano 16.12.2021, n. 19567; 5.11.2020, n.15467; 6.02.2018, n. 1280; 30.11.2017, n.22394).

I costi dell'acqua necessitati

Non tutti i costi relativi al consumo idrico sono uguali: vi sono oneri legati non al prelievo di fornitura idrica afferente ad ogni singola unità (cioè, quanto ho consumato), bensì al semplice fatto che esiste un contratto tra il Condominio ed il fornitore e che la fornitura ha costi slegati dal consumo: questi c.d. costi fissi, cui siamo maggiormente attenti ed abituati quando si discute di oneri di riscaldamento centralizzato, sono in questo campo dati ad esempio dal canone contrattuale.

Vi sono poi consumi collegati alla manutenzione e gestione ordinaria delle parti comuni, come il prelievo di acqua per eseguire le pulizie di androne, scale, etc. o per innaffiare laddove il Condominio possegga zone verdi o giardini, aiuole, etc.

Sia i costi fissi che i consumi legati alle parti comuni sono elementi che non presentano alcun collegamento con il consumo; in difetto di ciò, pertanto, rivive il criterio di cui all'art. 1123, 1° comma, c.c., per cui essi andranno ripartiti in base ai valori millesimali di ciascuna unità immobiliare (Trib. Reggio Calabria, 16 novembre 2022, n. 1287).

E se un appartamento risulti non abitato o abbia consumi a zero? Il Tribunale, menzionando proprio questa fattispecie, essendo la medesima presentatasi nel caso in discussione, osserva come, sebbene i consumi vadano correttamente ripartiti a zero, in quanto l'unità non ha effettuato prelievi di acqua, i costi fissi e per le parti comuni non possono essere parimenti indicati come pari a zero, esattamente come avviene nella gestione del riscaldamento.

Riprende la Corte di cassazione, la quale ricorda che "esentare gli appartamenti non abitati dal concorso nella spesa significa sottrarli non solo al costo del consumo idrico imputabile al lavaggio delle parti comuni o all'annaffiamento del giardino condominiale, ma anche a quella parte della tariffa per la fornitura dell'acqua potabile che è rappresentata dal minimo garantito quale quota fissa per la disponibilità del servizio da parte del gestore, la quale, parametrata sul numero delle unità immobiliari domestiche facenti parte del condominio, è indipendente dal consumo effettivo" (Cass. 1 agosto 2014 n. 17557).

L'onere economico è suddiviso tra i condomini in base alle loro quote di proprietà. Ciò è quindi in applicazione dell'art. 1123 primo comma c.c. (in questo senso, tra le tante, Cass., n. 17557/2014).

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