Prima casa e immobili contigui intestati alle stesse persone: l'AdE fa la somma delle metrature
Perché si possa fruire delle agevolazioni della prima casa, devono sussistere una serie di condizioni; tra queste, alcune riguardano l'immobile acquistato.
Nel caso che ci interessa oggi, riguardante l'area dell'immobile, questo non può superare i 240 mq. Ma, se ad essere acquistati sono due immobili, ciascuno di metratura pari a 240 mq vicini tanto da costituire un unicum? Le metrature vanno tenute distinte o vanno sommate?
Nella fattispecie di cui stiamo per parlare, le contrapposte soluzioni, date rispettivamente dai contribuenti e dall'Agenzia delle Entrate, portano in giudizio le due parti, e la Corte di Cassazione, come stiamo per vedere, darà ragione all'Ufficio, peraltro confermando le decisioni emesse nei precedenti gradi di giudizio.
Entriamo un po' nel dettaglio.
Prima casa: case di lusso e metratura di due immobili contigui e acquistati dalle stesse persone
Come detto, tra i requisiti richiesti dalle norme onde ammettere un'abitazione acquistata ai benefici della prima casa il fatto che non può trattarsi di un'abitazione di lusso.
Tra le caratteristiche delle abitazioni di lusso, il D.M. 2 agosto 1969 individua il limite minimo della superficie: l'art. 6 prevede che sono considerate abitazioni di lusso, "le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)."
Dunque, sotto l'aspetto della superficie, l'immobile, per poter essere ammesso ai benefici prima casa, dev'essere inferiore o uguale ai 240 mq.
Sin qui nulla quaestio, la cosa è pacifica.
Le controversie possono sorgere se da es. - come nel caso di cui ci stiamo per occupare, deciso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 7850/2020 - al fine di valutare se sussistono le condizioni per riconoscere i benefici prima casa, l'Agenzia delle Entrate somma la metratura di due unità abitative.
Tale operazione è corretta? O invece la valutazione deve riferirsi al singolo immobile o dev'essere complessiva?
Per l'Agenzia delle Entrate la risposta corretta è la seconda e così è anche per i giudici.
Naturalmente, di diverso avviso sono i contribuenti.
Distinzione tra unità immobiliare urbana e unità abitativa
In grado di appello, la Commissione Regionale aveva fondato la decisione sul fatto che l'immobile si sviluppava su due piani, ciascuno dei quali di mq 240 e che la somma di essi era superiore al parametro indicato dal D.M. 2 agosto 1969 di 240 mq.
Innanzi alla Corte di Cassazione, i ricorrenti rilevano che i giudici del merito hanno erroneamente ritenuto esistere un unico immobile oggetto di compravendita, trattandosi di due distinti appartamenti posti su due piani diversi e, quindi, autonomi, e che conseguentemente la loro superficie non poteva sommarsi.
Detta autonomia, secondo i ricorrenti, era confermata dal certificato catastale e dall'attivazione di due diverse utenze domestiche di luce e gas.
Come già detto, la Corte di Cassazione conferma la sentenza della Commissione Regionale. Le basi giuridiche su cui fonda la decisione sono date, oltre che dal già citato art. 6, del D.M. agosto 19069, anche da un'altra norma contenuta nell'art. 40 del D.P.R. n. 1142/1949 secondo cui "si accerta come distinta unità immobiliare urbana ogni fabbricato, o porzione di fabbricato od insieme di fabbricati che appartenga allo stesso proprietario e che, nello stato in cui si trova, rappresenta, secondo l'uso locale, un cespite indipendente".
Dunque, afferma la Corte che dal combinato disposto delle due norme citate si deduce che ai fini tributari rileva il concetto di unità immobiliare urbana, secondo un principio già espresso in precedenza e condiviso dal Collegio, secondo cui ai fini fiscali devono essere considerate abitazioni di lusso, ai sensi del D.M. 2 agosto 1969, art. 6, tutti gli immobili con una superficie utile complessiva maggiore di 240 metri quadrati, che siano appartamenti posti in condominio che singole unità abitative (principio espresso nella sentenza della Corte n. 23591 del 2012).
Nella decisione si osserva poi che in caso analogo la stessa Corte ha statuito che: in tema di agevolazioni per l'acquisto della prima casa, per stabilire se l'abitazione sia di lusso non assume rilevanza la destinazione che l'acquirente o gli acquirenti attribuiscono al bene, e dunque nella specie l'intenzione dei due acquirenti in caso di acquisto pro indiviso di un unico immobile (un villino di due piani, con locale autorimessa e terreno pertinenziale), di frazionare la superficie utile tra i due (imputando ad ognuno dei due un piano dello stabile) ed dunque così di scendere per ogni proprietà sotto i 240 mq: la valutazione ai fini del beneficio va fatta al momento dell'acquisto (Cass. n. 7457/16 ord.); ciò che rileva è la situazione esistente all'atto dell'acquisto.
Alla luce di quanto detto, conclude la Corte sul punto, è importante non confondere il concetto di unità immobiliare utile ai fini dell'applicazione delle norme sulla prima casa, con quello di unità abitativa, a cui si rifanno invece i ricorrenti.
Peraltro, si rileva che nel caso di specie risulta dall'unico atto di acquisto che l'immobile è costituito da una porzione immobiliare formata da un fabbricato per due unità abitative sviluppatesi ai piani terra e primo con 14 vani virgola 5 catastali rispetto alla quale, osserva la Corte che "è irrilevante, ai fini del giudizio, la circostanza che essa sia costituita da due unità abitative".
Inoltre, la Commissione Regionale aveva evidenziato come dal contratto di compravendita e dalla perizia di parte l'immobile risultasse consistere "in un fabbricato della tipologia Edilizia abitazione in ville" avente un piano terra con due ingressi, vano studio, vano salotto, vano pranzo, vano letto e tre bagni nonché un primo piano composto da tre vani letto, due bagni e un vano studio; descrizione che evidenzia, si osserva, che non vi è alcuno "spazio per alcuna logica diversa interpretazione" circa l'unicità del bene.