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Come ripartire le spese d'acqua in condominio senza errori

La ripartizione delle spese dell'acqua in condominio, tra consumi, quote fisse e tabelle millesimali. Quale criterio utilizzare e quando?
Avv. Alessandro Gallucci 

Abitate in condominio e il vostro amministratore ripartisce le spese dell'acqua sulla base dei millesimi di proprietà?

Nel vostro palazzo la ripartizione è effettuata sulla base del numero degli occupanti dell'appartamento?

Da anni sono presenti i contatori di riferimento dei consumi di ogni singola unità immobiliare, ma non li considerate?

Volete sapere come devono essere ripartite le spese per il consumo dell'acqua o che cosa potete contestare?

Se vi trovate in una di queste situazioni, allora vi conviene proseguire nella lettura.

Uno dei compiti dei giuristi è dare concreta applicazione alle norme di legge: l'assolvimento di quest'attività passa anche dall'esercizio delle funzioni giurisdizionali che indicano come, in relazione ad uno specifico caso, debbano essere applicate le norme.

Quando i principi espressi dai giudici come nel caso specifico che analizzeremo sono generali vale la pena soffermarvisi e valutare quella decisione.

È il caso di una sentenza resa dalla Cassazione nell'anno 2014 in relazione alla ripartizione delle spese della bolletta dell'acqua.

L'esame di questa pronuncia, i cui principi espressi mantengono valore attuale, è utile per rispondere alle domande poste in precedenza.

Come devono essere ripartite (preferibilmente) le spese per il consumo dell'acqua in condominio?

In un condominio l'assemblea decideva una particolare modalità di ripartizione delle spese per il servizio di erogazione dell'acqua potabile.

In breve: le spese per l'acqua potabile erano suddivise in proporzione al numero degli occupanti delle unità immobiliari, con esonero di quelle risultanti, a seguito di indagini dell'amministratore, disabitate.

Uno dei condomini non ci stava e proponeva impugnazione della deliberazione. Per avere ragione ha dovuto portare la causa fino alla Suprema Corte di Cassazione, la quale ha riconosciuto la fondatezza delle doglianze del comproprietario con la sentenza n. 17557 depositata in cancelleria l'1 agosto 2014.

La pronuncia è particolarmente interessante in quanto non è molto frequente che cause sulle modalità di ripartizione delle spese per il consumo d'acqua arrivino alla loro attenzione.

L'iter motivazionale della sentenza n. 17557 ha il merito di mettere in evidenza che molte consuetudini condominiali, se non fondate su anni di accettazione tacita e se adeguatamente avversate, possono essere messe in soffitta anche per sollecitare l'adozione dei sistemi di misurazione dei consumi.

Ripartizione spese dispersione acqua

Si badi: la contestazione è bene farla per il futuro in quanto per gli anni pregressi non contestati è difficile, se non proprio impossibile, ottenere qualcosa.

Andiamo per ordine.

Ripartizione spese dell'acqua in presenza dei contatori di registrazione dei consumi individuali

La sentenza n. 17557 ha specificato che «le spese relative al consumo dell'acqua devono essere ripartite in base all'effettivo consumo se questo è rilevabile oggettivamente con strumentazioni tecniche».

Si tratta del così detto contatore di sottrazione; questo non ha valore ai fini del rapporto contrattuale con l'ente erogatore, ma serve solamente alla suddivisione dei consumi tra i condòmini.

«Infatti - prosegue la Corte - l'installazione in ogni singola unità immobiliare di un apposito contatore consente, da un lato, di utilizzare la lettura di esso come base certa per l'addebito dei costi, salvo il ricorso ai millesimi di proprietà per il consumo dell'acqua che serve per le parti comuni dell'edificio».

Come dire: se hai consumato X metri cubi, paghi quel che hai consumato. Se per le parti comuni (es. giardino) sono stati consumati Y metri cubi, questi devono essere ripartiti tra tutti secondo i millesimi di proprietà.

La corte termina il proprio ragionamento spiegando che il Legislatore auspica l'adozione di questi sistemi di misurazione (è sempre utile considerare le legislazioni regionali per eventuali obblighi in merito). Insomma, se tutto fosse così non ci sarebbero problemi di sorta.

Un ultima annotazione prima d'andare oltre: se esistono i contatori di sottrazione, non vuol dire che tutte le spese inerenti alla fatturazione dei consumi dell'acqua debbano essere ripartite sulla base dei consumi rilevati. Esistono costi, infatti, che prescindono dal consumo: si pensi ai così detti canoni contrattuali. Che il condominio abbia consumato X, Y ovvero nulla, ciò non conta ai fini dell'addebito di quella spesa. Con riferimento ai costi slegati dai consumi, va detto che gli stessi debbono essere suddivisi tra i condòmini sulla base dei millesimi di proprietà, salvo diversa convenzione, cioè salvo diverso accordo tra tutti i condòmini. Diverso accordo che, per parte della giurisprudenza, può anche essere tacito.

Criterio di ripartizione spese approvato per facta concludentia.

Ripartizione spese dell'acqua in mancanza dei contatori di registrazione dei consumi individuali

E se le unità immobiliari non sono dotate di contatore di sottrazione (come nel caso specifico sottoposto all'attenzione della Corte)?

In tale ipotesi, afferma la Corte, «il sistema dell'art. 1123 cod. civ. non ammette che, salvo diversa convenzione tra le parti, il costo relativo all'erogazione dell'acqua, con una delibera assunta a maggioranza, sia suddiviso in base al numero di persone che abitano stabilmente nel condominio e che resti di conseguenza esente dalla partecipazione alla spesa il singolo condomino il cui appartamento sia rimasto disabitato nel corso dell'anno.

Il comma 1 della citata disposizione, infatti, detta un criterio per le spese di tutti i beni e servizi di cui i condomini godono indistintamente, basato su una corrispondenza proporzionale tra l'onere contributivo ed il valore della proprietà di cui ciascuno condomino è titolare» (Cass. 1 agosto 2014 n. 17557).

Si badi, avvertono gli ermellini, a non lasciarsi trarre in inganno da quanto stabilito dal secondo comma dell'art. 1123, secondo comma, c.c. a mente del quale «se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne».

Il servizio differente verso ciascun condomino deve guardare all'utilizzazione potenziale. Dire che in una casa non abitata non si consuma acqua - specificano da piazza Cavour - può essere vero ma non è assolutamente certo in quanto in quell'abitazione potrebbe esserci una perdita, oppure si potrebbe utilizzare il servizio per pulizie e simili.

Allo stesso modo stabilire un criterio di ripartizione più oneroso per se un'abitazione è presente una o più persone, è sfornito di ogni ragionevolezza nei termini sopra indicati.

«Inoltre, esentare gli appartamenti non abitati dal concorso nella spesa significa sottrarli non solo al costo del consumo idrico imputabile al lavaggio delle parti comuni o all'annaffiamento del giardino condominiale, ma anche a quella parte della tariffa per la fornitura dell'acqua potabile che è rappresentata dal minimo garantito quale quota fissa per la disponibilità del servizio da parte del gestore, la quale, parametrata sul numero delle unità immobiliari domestiche facenti parte del condominio, è indipendente dal consumo effettivo» (Cass. 1 agosto 2014 n. 17557).

Ed allora? Secondo la Corte di Cassazione deve essere sempre tenuto presente il principio di carattere generale (eluso dalla pronuncia impugnata e che ha portato alla sentenza n. 17557), secondo il quale «in tema di condominio, fatta salva la diversa disciplina convenzionale, la ripartizione delle spese della bolletta dell'acqua, in mancanza di contatori di sottrazione installati in ogni singola unità immobiliare, va effettuata, ai sensi dell'art. 1123 c.c., comma 1, in base ai valori millesimali delle singole proprietà, sicchè è viziata, per intrinseca irragionevolezza, la delibera assembleare, assunta a maggioranza, che - adottato il diverso criterio di riparto per persona in base al numero di coloro che abitano stabilmente nell'unità immobiliare - esenti al contempo dalla contribuzione i condomini i cui appartamenti siano rimasti vuoti nel corso dell'anno».

Sentenza
Scarica Cass. 1 agosto 2014 n. 17557
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