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Il mandato dal capo condòmino alle società di gestione immobiliare

Si tratti dell'amministratore interno o della società di capitali quotata in borsa, il contratto tra amministratore e condominio è sempre quello di mandato: quali le differenze?
Avv. Alessandro Gallucci 

Premessa: le considerazioni che verranno svolte qui di seguito si fondano, per il passato, sulla realtà così come largamente conosciuta. Quanto alle ipotesi di sviluppo future, stante l'assenza di precisi studi e dati statistici pubblici, che consentano una valutazione concreta delle possibilità, si tratta di opinioni ricavate dall'osservazione delle tendenze descritte nelle cronache e note agli addetti ai lavori. Fine premessa.

In principio erano due i verbi: incassare e pagare.

Oggi il verbo è uno: gestire. La riduzione, tuttavia, non ha semplificato. La sintesi ha complicato e non di poco i compiti gravanti sulla figura dell'amministratore che era ed è tutt'ora e, fintanto che non vi saranno modifiche legislative, sarà un mandatario dei condòmini.

Cionondimeno è innegabile che oggi all'amministratore si chieda molto di più di saper far di conto a livello elementare, quasi primitivo.

Oggi all'amministratore condominiale si richiede capacità di gestione e soluzione dei problemi, propensione al lavoro di squadra ed alla gestione di gruppi complessi, competenza nella programmazione delle manutenzioni, capacità relazionali nel rapporto con le controparti condominiali, doti conciliative, solida preparazione di base tecnica, giuridica, contabile e tanto altro ancora.

Attenzione: tali requisiti non sono chiesti dai condòmini, che mediamente guardano solo al compenso, che vogliono basso, infimo. Né dalle norme che regolano lo svolgimento degli incarichi (art. 71-bis disp. att. c.c.) per le quali, ben che vada, basta aver ottenuto il diploma di scuola secondaria di secondo grado.

Chi domanda, allora, all'amministratore tutte quelle competenze e qualità cui accennavamo? A chiedergli d'essere bravo, all'amministratore, è la realtà. Realtà che sfugge alla miopia, meglio alla cecità, d'un legislatore che ignora la necessità di fotografare l'entità oggettiva delle cose materiali e dargli sostanza regolativa cogente dei rapporti in essere.

Questa realtà dei fatti, sempre più chiaramente, sta spostando l'attenzione di nuovi attori economici sul comparto della gestione immobiliare: prima di comprendere perché una parte consistente della realtà (ignorata dalle norme) rigetta ormai da tempo la figura del capo condòmino o anche quella, ancor presente, dell'amministratore di basso livello è fondamentale cercare di comprendere come gli strumenti del mestiere, quelli che i praticoni usano per ottenere con sotterfugi piccoli guadagni extra, sono invece utilizzati da operatori preparati ed avveduti per massimizzare i profitti fornendo servizi a costi contenuti e comunque con precisi standard in relazione al rapporto qualità prezzo.

Il mandato ad amministrare: dai conti della serva alla gestione moderna

La legislazione codicistica, seppur novellata nel 2012, nel suo impianto fondamentale è quella pensata dal legislatore del 1942: l'amministratore è un mandatario dei condòmini.

Il mandatario è la parte di un contratto, quello di mandato per l'appunto, che si caratterizza per l'intervento (autorizzato) nell'altrui sfera giuridica. Non s'ignora quella parte della dottrina che vede nel contratto di amministrazione condominiale un contratto complesso (atipico) ossia un negozio regolato da una insieme di disposizioni normative riferibili a più tipi contrattuali.

Pur in questa varietà di visioni, è stato pacifico, per anni che l'amministratore avesse mediamente, tre attività fondamentali da svolgere:

  1. riscossione delle quote;
  2. pagamento dei servizi erogati e vigilanza sulla corretta erogazione;
  3. esecuzione delle delibere assembleari.

È patrimonio di conoscenza comune, fotografato icasticamente dalle riunioni di fantozziana memoria, che la gestione del condominio, fin a pochi decenni orsono, fosse questione interna alla compagine, rogna da affrontare malvolentieri.

Sono poi arrivati, man mano, soggetti più o meno qualificati: dopolavoristi, secondo lavoristi e alla fine i primi amministratori condominiali a tutto tondo. Tutti questi personaggi, in percentuali mai ufficialmente misurare, convivono a tutt'oggi.

Come ogni evoluzione, anche quella della gestione immobiliare è avvenuta per tentativi e mutamenti, alle volte impercettibili, che poi hanno portato al cambiamento. L'impressione per alcuni è che sia stata un'evoluzione senza scarti, dato che a tutt'oggi dopolavoristi, secondo lavoristi ed affini restano in pista: sì è detto che il cambiamento di cui si parlerà è solamente una suggestione a favor di qualche attore del mercato in esame, ma non è così. Vedremo perché.

Torniamo a noi: in un periodo individuabile nell'ultimo decennio del secolo scorso, sono avvenute delle modifiche significative richieste della figura dell'amministratore. Il Legislatore ha scelto di considerare il condominio sostituto d'imposta, con notevole aggravio degli adempimenti in capo all'amministratore, per anni a saldo invariato.

A ciò si aggiungano le norme (anche di ispirazione europea) in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, sicurezza degli impianti (ascensore, ecc.), privacy, efficientamento energetico, ecc. con sempre maggiori responsabilità ed adempimenti in capo ai proprietari e nel caso di condomini ai loro legali rappresentanti. Si è arrivati così alla gestione moderna.

In disparte ogni considerazione prettamente economica afferente all'elastica della domanda e dell'offerta, il quadro, crudo, cui gli amministratori hanno assistito è stato chiaro: più lavoro e responsabilità, ma stesso (già di per sé basso) profitto.

L'innegabile professionalizzazione che ha riguardato parte della categoria non è stata seguita, purtroppo, dal giusto e doveroso riconoscimento sul mercato di un maggior corrispettivo.

Professionalizzazione (che ha avuto costi non indifferenti) ed aggiornamento costante non sono diventati caratteri distintivi, non sono stati riconosciuti e premiati.

I pochi praticoni, a fronte di una platea di clienti intenti solo a risparmiare (forse il peccato originale di questo settore), hanno lasciato l'impriting diffuso di una categoria complessivamente impreparata: non è così.

Anche qui l'inesistenza di statistiche non aiuta a comprendere pienamente il mutamento che ha attraversato la professione: l'emersione del lavoro nero, l'apertura di parte IVA non sono elementi di per sé sufficienti a restituire dettagliatamente la figura dell'amministratore medio odierno.

Purtroppo, alle soglie di nuovo ormai sempre più vicino passaggio, il rischio è di far d'ogni erba un fascio. Altissime professionalità della gestione immobiliare rischiano d'essere confuse, nella memoria, a chi cambia fornitore di energia elettrica periodicamente per guadagnare qualcosa in più. L'auspicio è che tale patrimonio non vada perso.

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L'auspicio viene proprio dal mutamento di paradigma della clientela. Mutamento che, diremo da qui a breve, pare finalmente affacciarsi anche nel settore immobiliare.

Il dato di partenza è che fino ad oggi alla complessità accresciuta dagli adempimenti addossati all'amministratore non è corrisposto un adeguato incremento dei corrispettivi né una modifica strutturale diffusa degli studi professionali.

Si è rimasti fermi al vecchio dogma: l'amministratore è un mandatario che riscuote e paga e per il resto gli si chiede poco perché si dà poco e se di più deve perché è obbligato, allora la differenza che non gli si vuole riconoscere viene trovata sottoforma di accordi poco trasparenti.

Pur tuttavia, si accennava poc'anzi, c'è un segnale inequivocabile che non può essere ignorato. Si tratta del ringiovanimento complessivo in atto nell'ambito della categoria dei proprietari: sempre più condòmini, infatti, con una buona cultura e formazione oltre che di giovane età cercano nella gestione immobiliare ciò che riescono ad ottenere per altri settori: buoni servizi a costi ragionevoli.

Non il risparmio sempre e comunque, ma il buon rapporto qualità prezzo. La gestione immobiliare è sempre più percepita come un servizio al pari di quello bancario o assicurativo: si vuole avere un prodotto confacente alle proprie esigenze, non per forza solo economico.

In quest'ottica la propensione alla spesa è completamente diversa da quella che guarda alla gestione quasi familiare del condominio.

Come per l'RC auto, s'è vero che si cerca il prodotto più economico, è altrettanto vero che non si guarda solo a quell'aspetto: in quanto scegliendo l'assicurazione auto si informano anche della veloce gestione delle pratiche nel caso di sinistri? Sicuramente un significativo numero di persone.

A fronte di questa nuova domanda è un dato di fatto che siano ormai sempre più presenti operatori economici strutturati nella forma di società di capitali (alcune anche quotate in borsa) che operano nel settore della gestione immobiliare.

Il contratto che li lega al condominio è lo stesso che vincola i professionisti in forma individuale. La differenza sta nel dettaglio del servizio offerto e nel carattere atipico di alcune prestazioni.

Il servizio così impostato fonda la propria ragion d'essere su un'ottimizzazione dei costi per i condomini attraverso lo sfruttamento di economie di scala date anche dall'acquisizione massiva di servizi da parte della società amministratrice.

Aspetti come variazione dei gestori dei servizi a carattere periodico erogati in favore del condominio (servizi di pulizia, luce, gas, ecc.) sono affrontati preliminarmente in sede di affidamento dell'incarico.

Si eliminano in questo modo, in radice, ipotesi di conflitto d'interessi ed extraprofitti fuori onorario di dubbia legittimità.

Come per altri aspetti precedenti, l'assenza di statistiche ufficiali unitamente alla percezione della figura dell'amministratore ancora legata a quella del capo condòmino, in luogo della più moderna società di gestione, non consente una piena valutazione dei tempi di espansione del fenomeno.

L'impressione, stando ad ascoltare gli addetti ai lavori più sensibili ai cambiamenti, è che rapidamente anche i professionisti, cioè coloro che si approcciano all'attività di gestione senza strutturare la propria offerta sulla scorta delle logiche proprie dell'attività d'impresa, troveranno minor spazio dinanzi alle società di gestione immobiliare.

In fondo è sempre e solo una questione di mandato: saranno gli attori del mercato a marcare la differenza sul come e su cosa offrire.

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