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Amministratore non responsabile se la denunzia ex art. 1669 c.c. non esercitata ha scarse possibilità di successo

Per il Tribunale di Vicenza non si ravvisa alcun danno in concreto se l'azione di garanzia ex art. 1669 c.c. non esercitata dall'amministratore presenta scarse chance di accoglimento.
Lucia Izzo 

L'ex amministratore di condominio che non ha ottemperato alla delibera condominiale, portandola ad esecuzione, "sfugge" alla condanna per risarcimento danni se l'azione di garanzia ex art. 1669 c.c. che la compagine ritiene che questi avrebbe dovuto esercitare (rientrando nei suoi poteri conservativi ed essendo stato il medesimo investito da un conforme mandato per esplicita opzione condominiale) non presenta apprezzabili qualificate chances di positivo accoglimento, non potendosi ravvisare alcun danno in concreto.

È questa la conclusione a cui è giunto il Tribunale di Vicenza nella sentenza n. 1785/2021, pubblicata il 27 settembre, respingendo l'istanza del Condominio che aveva agito in giudizio contestando all'ex amministratore di non aver dato seguito alla delibera con cui l'assemblea gli aveva conferito l'incarico di procedere legalmente nei confronti dell'impresa costruttrice dello stabile condominiale, a seguito del riscontro, da parte dei condomini, di diversi vizi e difetti costruttivi imputabili alla ditta stessa.

Ancora, il Condominio rappresenta come la condotta omissiva dell'ex amministratore avesse anche precluso di poter utilmente coltivare l'azione contro la costruttrice: al nuovo amministratore, infatti, il legale dell'impresa esecutrice aveva eccepito l'intervenuta prescrizione del diritto alla garanzia.

L'amministratore ha il dovere di compiere gli atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l'edificio condominiale

Il giudice veneto ritiene che la responsabilità dell'amministratore debba valutarsi, secondo le prospettazioni di parte attrice, alla stregua dell'azione di garanzia ex art. 1669 c.c. che il Condominio ritiene che l'ex amministratore avrebbe dovuto esperire, rientrando la stessa nei suoi poteri conservativi, soprattutto alla luce del mandato di cui era stato investito per esplicita opzione condominiale.

Certo, si legge nel provvedimento, l'inadempimento dell'amministratore appare difficilmente contestabile, non avendo questi dato seguito alla volontà condominiale e non avendo in alcun modo giustificato tale sua inerzia.

Tuttavia, per il Tribunale tale inadempimento "non costituisce di per sé prova della sussistenza di un danno conseguenza sofferto in dipendenza dal Condominio e pertanto a questo risarcibile".

Ed è per questo che il giudicante ritiene necessario verificare se l'azione del Condominio e/o dei singoli comproprietari (agevolata e/o resa "procedibile" da quella dell'ente) avrebbe avuto apprezzabili e qualificate chances di positivo sbocco e quindi di successo giudiziario.

Denuncia ex art. 1669 c.c.: cosa dice la giurisprudenza?

Allo scopo di inquadrare la materia del contendere presupposta, la sentenza richiama preliminarmente una serie di principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità.

In primis, si menziona quell'orientamento secondo cui la denuncia di gravi difetti di costruzione, ex art. 1669 c.c., oltre che dal committente e dai suoi aventi causa, può essere fatta valere anche dall'acquirente dell'immobile, in base al principio secondo cui le disposizioni della norma in esame mirano a disciplinare le conseguenze dannose di quei difetti che incidono profondamente sugli stessi elementi essenziali dell'opera e che influiscono sulla durata e solidità della stessa, compromettendone la conservazione, configurando quindi una responsabilità extracontrattuale, sancita per ragioni e finalità di interesse generale (cfr. tra le altre, Cass. n. 4622/2002).

Ancora, quanto al "difetto di costruzione" che legittima il committente ad esercitare l'azione di responsabilità extracontrattuale nei confronti dell'appaltatore ex art. 1669 c.c., la giurisprudenza ricordata in sentenza ritiene possa "consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad una insoddisfacente realizzazione dell'opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la 'rovina o il pericolo di rovina), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l'impiego duraturo cui è destinata (quali, ad esempio, le condutture di adduzione idrica, i rivestimenti, l'impianto di riscaldamento, la canna fumaria), incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell'immobile medesimo" (cfr., ex multis, Cass. n. 11740/2003).

Di conseguenza, l'eventuale insufficienza e/o inadeguatezza di tali requisiti non potrebbe che realizzare la fattispecie legale dei "gravi difetti", in quanto tali riconducibili al paradigma normativo di cui all'art. 1669 del codice civile.

La Suprema Corte (cfr. Cass. n. 27433/2013) insegna anche che "i gravi difetti dell'opera, oggetto della garanzia di cui all'art. 1669 c.c., ricorrono anche se non si producono fenomeni tali da influire sulla stabilità della costruzione e consistono in qualsiasi alterazione, conseguente ad un'insoddisfacente realizzazione dell'opera, che, pur non riguardando le sue parti essenziali, ne compromettono la conservazione, limitandone sensibilmente il godimento o diminuendone in maniera rilevante il valore".

Il Tribunale vicentino rammenta altresì che, ai sensi dell'art. 1669 c.c., la garanzia ha durata decennale con decorrenza dal compimento dell'opera, a condizione che venga fatta denunzia all'appaltatore entro un anno dalla scoperta, mentre poi il diritto del committente si prescrive entro un anno della denunzia.

Sul punto, viene fatto riferimento ad un altro consolidato principio giurisprudenziale secondo cui "il concetto normativo di scoperta (a cui la legge correla appunto il decorso del termine per una possibile decadenza) non significa, né deve essere interpretato come, mero dubbio o sospetto circa la sussistenza dei vizi e/o loro imputabilità subiettiva, bensì come acquisizione di certezza obbiettiva e completa della loro sussistenza, anche se non ancora accompagnata dall'individuazione delle cause e delle responsabilità (e quindi dall'individuazione dei soggetti ai quali imputare i vizi).

La ditta appaltatrice deve eliminare eventuali difetti che l'opera anche oltre il termine di prescrizione previsto dalla legge?

Amministratore non responsabile se l'azione ex art. 1669 c.c. ha scarse chance di successo

Ricostruiti in tal modo i principi applicabili alla fattispecie in esame, da un lato il Tribunale esprime perplessità in ordine alla dimostrazione, di cui era onerato il condominio a fronte delle avversarie eccezioni, della circostanza che tra la data della denuncia e la scoperta dei vizi non fosse decorso un lasso di tempo superiore ad un anno.

Ancora, riassunti i vizi e le irregolarità del compendio immobiliare riscontrati dal CTU, rileva il giudicante che "non sembra affatto plausibile apprezzare negli stessi, valutati tanto in prospettiva atomistica e singola quanto unitaria e d'assieme, il carattere dei gravi difetti, come individuati dalla giurisprudenza per la riconducibilità alla fattispecie di cui all'art. 1669 c.c. e quindi per la equiparazione agli eventi della rovina (o del pericolo di rovina)".

Anzi, si ritiene trattasi, "piuttosto di danni, irregolarità ed inconvenienti circoscritti e localizzati, non idonei a menomare in modo apprezzabile funzionalità e stabilità del compendio immobiliare, come del resto pure indirettamente riscontrato dai costi stimati dal CTU, in fin dei conti limitati e modesti, per porvi rimedio".

Per questi motivi, il Tribunale ritiene che, anche nel caso in cui l'amministratore cessato dall'incarico avesse ottemperato (doverosamente, stante il vincolo funzionale alla volontà collettiva) alla delibera condominiale portandola tempestivamente ad esecuzione, non sia ragionevole ravvisare (secondo lo schema valutativo del più probabile che non) apprezzabili e qualificate chances di positivo accoglimento dell'iniziativa giudiziaria ex art. 1669 c.c. (che in tesi del Condominio sarebbe stato invece fruttuoso e conveniente instaurare).

Per configurare la responsabilità dell'amministratore, afferma il Tribunale, si sarebbe dovuta accertare la sussistenza degli elementi costitutivi nella loro totalità, ossia non solo il comportamento omissivo, ma pure l'evento pregiudizievole - danno patrimoniale - legato al primo da nesso eziologico.

In conclusione, non potendosi dunque ravvisare alcun danno in concreto, viene specularmente rigettata la domanda di risarcimento proposta dal Condominio.

Sentenza
Scarica TRIBUNALE DI VICENZA n. 1785 del 27/09/2021
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