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Gravi difetti. L'appaltatore è responsabile anche per le opere di ristrutturazione. Accolto il ricorso dei condomini

Gravi difetti. L'art. 1669 cod.civ. si applica anche in caso di ristrutturazione dell'edificio condominiale.
Dott.ssa Marta Jerovante - Consulente Giuridico 

L'articolo 1669 Cc si applica a tutti gli interventi che compromettono il normale godimento dei beni.

L'appaltatore paga anche se la rovina deriva da lavori di ristrutturazione e non di nuova costruzione.

Le Sezioni Unite, dichiarano superato il tema della natura extracontrattuale della responsabilità di cui all'art. 1669 c.c

L'operatività dell'art. 1669 c.c.: solo costruzione ex novo o anche intervento di ristrutturazione? L'ordinanza di rimessione alle Sezioni unite La controversia origina dall'azione risarcitoria promossa da tutti i condomini di un complesso contro la società venditrice e contro la società che, su incarico della prima, aveva realizzato sul medesimo immobile degli interventi di ristrutturazione edilizia, per i «danni conseguenti alla presenza di un esteso quadro fessurativo - esterno ed interno - sulle pareti del fabbricato».

Le due società convenute, soccombenti in solido in primo grado, vedevano poi riformare la sentenza a loro vantaggio in sede d'appello: il giudice di seconde cure aveva infatti ritenuto che, trattandosi di mera ristrutturazione e non di costruzione di un immobile, non potesse trovare applicazione la previsione di cui all'art. 1669 c.c.

In particolare, la Corte d'appello aveva escluso la possibilità di affermare la responsabilità extracontrattuale prevista dall'art. 1669 c.c. in un'ipotesi in cui l'appaltatore non aveva proceduto ad una nuova costruzione, ma aveva eseguito soltanto interventi di ristrutturazione edilizia (con cambiamento della destinazione d'uso da ufficio ad abitazione), ancorché caratterizzati dalla realizzazione di nuovi balconi ai piani primo e secondo, di una scala in cemento armato e di nuovi solai nei sottotetti.

La Suprema Corte, investita del ricorso promosso dai condomini, ha tuttavia ritenuto di rimettere la questione alle Sezioni Unite: il Collegio cui la causa è giunta non ha, in sostanza, condiviso le argomentazioni della sentenza impugnata, e al contrario ritenuto che l'art. 1669 c.c. «non si applichi ai soli vizi riguardanti la costruzione ex novo di un edificio o di una parte di esso, ma concerne anche gli interventi edilizi compiuti su un edificio già esistente, laddove si determini - comunque - una situazione di rovina (o pericolo di rovina) o si manifestino gravi difetti». D'altro canto, la Sez.

III della Suprema Corte ha rilevato come, in materia di operatività della previsione di cui all'art. 1669 c.c., si siano in realtà andate affermando interpretazioni contrastanti:

  • da un lato, si limita l'applicabilità della norma alla sola ipotesi di costruzioneex novo, mantenendosi fuori «le modificazioni o riparazioni apportate ad un edificio preesistente o ad altre preesistenti cose immobili, anche se destinate per loro natura a lunga durata»; ciò che rileva, secondo tale impostazione, è proprio la rovina (o il pericolo di rovina) o il grave difetto conseguente a vizio di tale costruzione (o a vizio del suolo su cui essa è stata realizzata) (Cass. n. 24143/2007, cui si è richiamato il giudice dell'appello nel caso di specie. Conf. Cass. n. 10658/2015);
  • secondo il differente indirizzo interpretativo, ad assumere rilievo è «l'idoneità delle opere compiute sull'immobile ad incidere su elementi essenziali dello stesso (o anche su elementi secondari, ma rilevanti sulla funzionalità globale), a prescindere dalla circostanza che si sia trattato di costruzione ex novo o di intervento di ristrutturazione» (Cass. n. 22553/2015).

Al fine di superare e comporre le contrarie posizioni - ed assumendo la Sezione III che all'art. 1669 c.c. possano ricondursi anche le opere edilizie eseguite su di un fabbricato esistente -, si è reso necessario l'intervento delle Sezioni Unite (Cass. civ., sez. 3, ord. 10 giugno 2016, n. 12041).

I lavori edili in condominio. Difformità, vizi dell'opera e difetti.

Un primo chiarimento: «è del tutto irrilevante che i gravi difetti riguardino una costruzione interamente nuova» Le Sezioni Unite chiariscono in primo luogo che «anche opere più limitate, aventi ad oggetto riparazioni straordinarie, ristrutturazioni, restauri o altri interventi di natura immobiliare, possono rovinare o presentare evidente pericolo di rovinadel manufatto, tanto nella porzione riparata o modificata, quanto in quella diversa e preesistente che ne risulti altrimenti coinvolta per ragioni di statica». L'attenzione va però soffermata sui «gravi difetti», osservano i giudici.

Ebbene, al riguardo, si rammenta che precedenti orientamenti giurisprudenziali avevano ritenuto che «I gravi difetti della costruzione, che danno luogo alla garanzia prevista dall'art. 1669 c.c., sono quelli che determinano una situazione di apprezzabile menomazione del bene, ovvero la possibilità di alterazione del suo stato, con il conseguente giustificato timore di vederne compromessa la statica e la conservazione» (Cass. civ., 29 aprile 1983, n. 2940); si giudicavano in tal modo quali gravi difetti solo quelli riguardanti le parti essenziali, escludendo, di conseguenza, da detto novero quei vizi che, pur di notevole entità, limitino il normale uso dell'immobile senza tuttavia intaccare quegli elementi essenziali che ne garantiscano stabilità e conservazione.

A conferma di detta impostazione si è altresì affermato che «La norma dell'art. 1669 c.c. tende essenzialmente a disciplinare le conseguenze dannose dei vizi costruttivi che incidono negativamente, in maniera profonda, sugli elementi essenziali di struttura e funzionalità dell'opera, influendo sulla sua solidità, efficienza e durata, mentre la disposizione dell'art. 1667 c.c., la quale prevede l'azione di garanzia per i vizi e le difformità, riguarda l'ipotesi delle costruzioni che non corrispondono alle caratteristiche del progetto e del contratto d'appalto o che siano state eseguite senza osservare le regole della tecnica» (Cass. civ., 21 aprile 1994, n. 3794).

I più recenti arresti della giurisprudenza. Il riferito indirizzo, particolarmente restrittivo, è stato tuttavia superato dai più recenti arresti della giurisprudenza, la quale ritiene che debbano considerarsi gravi difetti quelli che incidano, oltre che sugli elementi essenziali della struttura dell'immobile, anche su parti secondarie ed accessorie, quando tali carenze siano idonee a compromettere la funzionalità complessiva dell'opera medesima: «Configurano gravi difetti dell'edificio a norma dell'art. 1669 c.c. anche le carenze costruttive dell'opera - da intendere anche come singola unità abitativa - che pregiudicano o menomano in modo grave il normale godimento e/o la funzionalità e/o l'abitabilità della medesima, come allorché la realizzazione è avvenuta con materiali inidonei e/o non a regola d'arte ed anche se incidenti su elementi secondari ed accessori dell'opera (quali impermeabilizzazione, rivestimenti, infissi, pavimentazione, impianti, ecc.), purché tali da compromettere la sua funzionalità e l'abitabilità ed eliminabili solo con lavori di manutenzione, ancorché ordinaria, e cioè mediante opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici o mediante opere che integrano o mantengono in efficienza gli impianti tecnologici installati» (Cass. civ., 28 aprile 2004, n. 8140.

Nella fattispecie, gli acquirenti avevano agito per responsabilità extracontrattuale nei confronti del costruttore perché le mattonelle del pavimento dei singoli appartamenti si erano scollate e rotte in misura percentuale notevole rispetto alla superficie rivestita).

Gravi difetti per mancato isolamento acustico

Come rammentano le stesse Sezioni unite, la giurisprudenza ha così specificato una serie di fattispecie di "gravi difetti", ritenendo operante la garanzia prevista dall'art. 1669 c.c., ad esempio, in presenza:

Sono stati altresì ritenuti gravi difetti:

  • un ascensore panoramico esterno ad un edificio (20307/11);
  • il distacco di una notevole parte dell'intonaco esterno del fabbricato (Cass. civ., 29 novembre 1996, n. 10624);
  • l'inefficienza di un impianto idrico (3752/07);
  • l'inadeguatezza recettiva delle fosse biologiche (Cass. civ., 27 dicembre 1995, n. 13106) e della rete fognaria (Cass. civ., 28 marzo 1997, n. 2775);
  • gli scarichi delle acque bianche e le caditoie pluviali che erano stati collegati direttamente alla condotta fognaria (Cass. civ., 12 giugno 1987, n. 5147);
  • l'infiltrazione di acque luride (n. 2070778).

Appaltatore responsabile per 10 anni dei gravi difetti dell'edificio anche nelle ristrutturazioni.La decisione delle Sezioni Unite. Il riferito quadro mostra dunque come la giurisprudenza, focalizzandosi «sulle componenti non strutturali e sull'incidenza che queste possono avere sul complessivo godimento del bene», abbia finito per scegliere come proprio angolo visuale quello degli elementi secondari ed accessori: «[…] essendo ben possibile che l'opus dell'appalto consista e si esaurisca in quegli stessi e soli elementi […], a fortiori deve ritenersi che ove l'opera appaltata consista in un intervento di più ampio respiro edilizio (come appunto una ristrutturazione), quantunque non in una nuova costruzione, l'art. 1669 sia ugualmente applicabile» (Cass., Sez. Un., n. 7756/2017).

«Il trascinamento dell'area normativa della disposizione» e il superamento della teoria della responsabilità extracontrattuale Cosa hanno prodotto l'ampliamento della casistica dei danni rilevanti ex art. 1669 c.c. e l'aggiunta dei "gravi difetti"? Da un lato, l'attrazione nell'ambito di operatività della norma di «qualsiasi opera immobiliare che (per traslato) sia di lunga durata e risulti viziata in grado severo per l'inadeguatezza del suolo o della costruzione»; dall'altro - ed è questo il profilo che acquista maggiore rilevanza - il superamento dell'«originaria visione dell'art. 1669 come norma di protezione dell'incolumità pubblica, valorizzando la non meno avvertita esigenza che l'immobile possa essere goduto ed utilizzato in maniera conforme alla sua destinazione»: «la categoria dei gravi difetti tende a spostare il baricentro dell'art. 1669 dall'incolumità dei terzi alla compromissione del godimento normale del bene, e dunque da un'ottica pubblicistica ed aquiliana ad una privatistica e contrattuale» (Cass., Sez. Un., n. 7756/2017).

In proposito, si rammenta come, in materia di natura della responsabilità per l'appalto immobiliare, si sia registrata una spiccata disomogeneità tra le posizioni dottrinali (e all'interno della dottrina medesima) e gli orientamenti della giurisprudenza: secondo la giurisprudenza nettamente dominante «la particolare responsabilità dell'appaltatore sancita dall'art. 1669 c.c., pur ricollegandosi necessariamente al contratto d'appalto, risponde tuttavia ad un principio che trascende i limiti del contratto stesso e che si concreta nell'esigenza di garantire, con la solidità e la durata dell'immobile, la pubblica incolumità» (App. Firenze, 5 aprile 1961).

La natura aquiliana o extracontrattuale della responsabilità derivante dall'art. 1669 c.c. si fonderebbe sul carattere pubblico e generale dell'interesse tutelato dalla norma, consistente nell'incolumità e nella sicurezza dei cittadini, mentre la dottrina ha rilevato che l'incolumità pubblica trovi una tutela solo riflessa e involontaria nella disposizione in questione.

Invero, osservano le Sezioni Unite, il tema della natura extracontrattuale della responsabilità di cui all'art. 1669 c.c. deve considerarsi superato, e non più centrale, anche alla luce di ulteriori circostanze, quali la maggior attenzione accordata alla tutela dei terzi sulla base dell'esperienza dell' appalto pubblico; il riconoscimento dell'azione anche agli aventi causa del committente - i quali possono agire anche contro il costruttore-venditore; le più recenti ricostruzioni dottrinali in materia di efficacia ultra partes del contratto; la possibilità che detta efficacia operi a favore dei terzi nei casi previsti dalla legge (art. 1372 cpv c.c.).

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione - Sezione Unite - 7756, del 27-03-2017
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