Ai sensi dell’art. 1669 c.c. (Rovina e difetti di cose immobili)
“ Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta.
Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”.
La norma non dice chiaramente se il suo campo di applicazione dev’essere limitato alle sole fattispecie di costruzione ex novo di un edificio o di una sua parte o se, invece, la stessa possa applicarsi anche ai casi d’interventi manutentivi. Ad escludere quest’ultima ipotesi c’ha pensato la Cassazione con una sentenza del 2007.
A considerarla possibile, invece, è intervenuta una recente sentenza del Tribunale di Monza.
Si legge nella pronuncia: “ Giova preliminarmente esaminare la questione, dibattuta tra le parti ed avente efficacia pregiudiziale, dell'applicabilità al caso di specie dell'istituto azionato da p arte attrice, id est la garanzia per rovina e difetti di cose immobili di cui all'art. 1669 c.c..
Consta documentalmente che nel 199 6 l'attore abbia commissionato alla società convenuta l'esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria dei balconi dell'immobile condominiale, comprendenti impermeabilizzazione dei pavimenti degli stessi, piastrellatura e tinteggiatura, ed opere strettamente connesse.
Non ritiene il giudicante di condividere l'assunto, confortato dall'arresto della sentenza Cass. civ., 20 novembre 2007, n. 24143, evocata da parte convenuta nei propri scritti difensivi, secondo cui la responsabilità dell'appaltatore troverebbe applicazione esclusivamente quando siano riscontrabili vizi riguardanti la costruzione dell'edificio stesso o di una parte di esso, ma non anche in caso di modificazioni o riparazioni apportate ad un edificio preesistente o ad altre preesistenti cose immobili, anche se destinate per loro natura a lunga durata.Tale impostazione giurisprudenziale difatti, è fondata su un'interpretazione della lettera dell'art. 1669 c.c. non integralmente persuasiva, riferendosi la norma ad un'opera realizzata sulla base di un contratto di appalto senza procedere ad alcuna distinzione tra l'edificazione dell'immobile o di parte di esso, ed il rifacimento o manutenzione, ed è contraddetta da copiosa applicazione giurisprudenziale, di merito e legittimità, successiva alla pronuncia indicata, nella quale si è fatto applicazione della norma per realizzazioni parziali della costruzione ma anche per lavori di restauro o manutenzioni di parti, anche di scarsa cons istenza, di edifici o stabili (Cass. civ., 6 febbraio 2009, n. 3040; 13 marzo 2009, n. 6202; 4 ottobre 2011, n. 20307; Trib. Monza, 26 gennaio 2011) (Trib. Monza 20 marzo 2012).
Insomma il Tribunale Brianzolo non è solamente orientato a confermare il proprio orientamento ma ad uniformarsi a quello più recente espresso dalla stessa Suprema Corte di Cassazione.