Come per il condominio in generale anche per l'amministratore, il codice civile non ne fornisce una definizione. Il legislatore del 1942 ha preferito chiarire quando e come dev'essere nominato un amministratore (art. 1129 c.c.), la durata dell'incarico (art. 1129 c.c.), quando può essere revocato (art. 1129 c.c.), quali siano i suoi compiti come li deve eseguire (artt. 1130-1133 c.c.) e quali siano i poteri dell'assemblea in relazione a queste fattispecie.
Fino all'approvazione della legge n. 220 del 2012 nulla era affermato in relazione alla nozione ed al rapporto contrattuale che si andava ad instaurare né, di conseguenza, ai risvolti inerenti le responsabilità contrattuali che discendono da tale rapporto.
Il Legislatore della riforma, recependo il consolidato orientamento giurisprudenziale ha di fatto ricondotto il rapporto contrattuale tra amministratore e condominio nell'alveo del contratto di mandato (cfr. art. 1129, quindicesimo comma, c.c.). in questo contesto vale la pena soffermarsi sulla genesi dell'accordo (che la legge n. 220/2012 ha modificato solamente in relazione ai profili soggettivi e numerici) per poi sviluppare i profili patologici che possono dar luogo a responsabilità contrattuali.
La prima norma cui guardare è quella contenuta nel primo comma dell'art. 1129 c.c. a mente del quale "quando i condomini sono più di otto, se l'assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall'autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell'amministratore dimissionario".
La nomina, pertanto, è atto necessario se i condomini (vale a dire i proprietari di distinte unità immobiliari) sono almeno nove. Per gli appartamenti in comunione si conteggia sempre un solo condomino, al di là del numero dei comunisti (art. 67 disp. att. c.c.) In questo caso se l'assemblea non provvede ciascun condomino può rivolgersi all'Autorità Giudiziaria per ottenere un atto sostituivo ed equipollente della deliberazione.
Nei condomini con meno di nove partecipanti la nomina è atto facoltativo e ciò preclude il ricorso all'Autorità Giudiziaria, eccezion fatta per casi particolari (art. 1105 c.c.).
Essa, dal punto di vista negoziale, a parte il caso in cui sia stato l'amministratore a proporsi (in tale ipotesi la delibera varrebbe come atto di accettazione/rifiuto), è atto equiparabile alla proposta.
In sostanza non basta la nomina per dire che il condominio s'è dotato d'un amministratore.
Per il perfezionamento dell'accordo è necessario che il prescelto (che deve possedere determinati requisiti e che può essere anche una società di capitali, cfr. art. 71-bis disp. att. c.c.) accetti.
D'altronde s'è vero, com'è vero, che tra compagine e amministratore si instaura un rapporto contrattuale, in assenza di specifiche disposizioni normative, perché non dovrebbe considerarsi applicabile quella norma secondo cui il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte (art. 1326, primo comma, c.c.)?
Avuta notizia della nomina, quindi, l'amministratore in pectore può declinarla o accettarla. In questo secondo caso, più specificamente al momento della conoscenza dell'accettazione da parte del condominio, il contratto può dirsi concluso.
La normativa di riferimento che disciplina il contratto tra le parti è quella contenuta negli artt. 1129-1130 c.c. e più in generale quella disciplinante il contratto di mandato (cfr. art. 1129, quindicesimo comma, c.c.).
La legge n. 220/2012 in molti casi, ivi compreso questo riguardante il contratto tra amministratore e condominio, non ha fatto altro che recepire in seno al codice civile l'elaborazione dottrinario giurisprudenziale.
Il fatto che il Legislatore abbia optato per la riconduzione di questo rapporto giuridico nell'ambito dei contratti di mandato, tuttavia, non vuol dire che prima d'allora vi sia sempre stata unanimità di vedute.
Il dibattito dottrinario che s'è sviluppato in materia ha risentito, e non poco, dell'impostazione complessiva che s'è data al condominio (per una ricostruzione sintetica del dibattito sul rapporto giuridico tra condominio ed amministratore si veda, Rezzonico, Manuale del condominio, IlSole24Ore, 2008).
Così, ad esempio, v'è stato chi ha sostenuto che fosse necessario operare una distinzione: nei condomini in cui la nomina è facoltativa bisognava parlare di contratto di mandato mentre in quelli in cui la nomina è obbligatoria si doveva parlare di vero e proprio rapporto organico, al pari di quello che s'instaura tra un amministratore ed una società di capitali, stante la personalità giuridica del condominio (Branca, Comunione, Condominio negli edifici, Zanichelli, 1982).
In giurisprudenza v'è stato un timido tentativo di riportare il rapporto giuridico nell'ambito del lavoro autonomo. In tal senso in una risalente ed isolata pronuncia del Tribunale di Milano si legge che piuttosto che alle norme in tema di mandato sembra più appropriato il riferimento a quelle dettate per l'esercizio di un'attività professionale intellettuale, ove è riconosciuta la facoltà di recesso anche senza giusta causa, con il solo onere del pagamento delle spese sostenute e del complesso dell'opera svolta (Trib. Milano 6 novembre 1989 n. 10868).
Il mandato è proprio la tipologia contrattuale cui, la dottrina maggioritaria (cfr. su tutti Terzago, Il condominio, Giuffré, 1985), ha spesso fatto riferimento. In pratica si considera l'amministratore come un soggetto al quale l'assemblea ha delegato la rappresentanza legale nonché l'onere di compiere tutti gli atti indicati dalla legge.
In tal senso è ormai da lungo tempo orientata anche la maggioritaria e più autorevole giurisprudenza.
In più occasioni sono state le stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione ad affermare che l'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato (così, ex multis, Cass. SS.UU. 8 aprile 2008 n. 9148).
Questo il quadro nel quale è maturata la riscrittura dell'art. 1129 c.c. In buona sostanza al momento dell'accettazione della nomina, l'amministratore diverrà il mandatario dei condomini assumendone anche la legale rappresentanza in relazione alle questioni attinenti la gestione delle parti comuni.
Proprio perché si opera nell'ambito del contratto di cui agli artt. 1703 e ss. c.c., salvo diversa indicazione del regolamento condominiale (art. 1138 c.c.), il rapporto può dirsi correttamente instaurato senza il rispetto di particolari formalità.
In relazione al mandato, infatti, secondo la dottrina è ammissibile, quindi, la conclusione del contratto anche per comportamento concludente, ma deve escludersi comunque la possibilità di un mandato presunto, ossia desumibile esclusivamente dal comportamento del mandatario, in assenza di una manifestazione di volontà del mandante […] (Caringella - De Marzo, Il contratto, Giuffé 2007).
Necessaria e fondamentale ai fini della validità della nomina è la specificazione analitica del compenso. Infatti ai sensi dell'art. 1129, quattordicesimo comma, c.c. "l'amministratore, all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta".
In definitiva, l'importante è che vi sia stata la deliberazione di nomina in quanto l'accettazione può avvenire anche per fatti concludenti (es. proprio la specificazione analitica del compenso).