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Uso della cosa comune: apertura di finestre sul cortile. al condominio non si applica la normativa sulla distanza di luci e vedute.

Le norme relative a luci e vedute sono sempre applicabili o soffrono delle eccezioni?
Avv. Alessandro Gallucci 

Un condòmino, in occasione di lavori di ristrutturazione della sua abitazione, previa comunicazione al comune di riferimento, apre una finestra che aggetta sul cortile condominiale.

L'amministratore viene investito della vicenda da uno dei vicini che gli chiede di diffidare il condòmino a ripristinare lo stato dei luoghi.

Ha ragione il condòmino denunciante o chi ha aperto il varco?

La finestra sul cortile condominiale potrà rimanere aperta o dovrà essere chiusa?

Per rispondere alla domanda, inerente ad una fattispecie tutt'altro che infrequente, ci sembra utile guardare alla giurisprudenza che si è sviluppata sul tema.

Varie sono le pronunce che si sono occupate dell'apertura di finestre sul cortile condominiale.

Una in particolare, ad avviso di chi scrive, merita attenzione per particolare chiarezza.

Il riferimento è alla sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13874 del 9 giugno 2010, che ci permette di approfondire specificamente e chiaramente il tema dell'apertura di finestre sul cortile condominiale, così come della trasformazione di luci in vedute sulla stessa parte comune.

Prima di esaminare il contenuto della succitata sentenza, per completezza, è utile riprendere i concetti di cortile e finestre così come individuati dal codice civile e definiti dalla giurisprudenza.

Cortile condominiale, la giurisprudenza

Quanto al cortile l'art. 1117 c.c. senza darne una definizione si limita a inserirlo nell'elencazione (non tassativa) delle cose che, salvo diversa disposizione del titolo, devono considerarsi di proprietà comune.

È stata, come sovente avviene in materia condominiale, la giurisprudenza a fornirci la definizione di questa parte comune.

Afferma la Cassazione che il più volte citato cortile condominiale "tecnicamente, è l'area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare aria e luce agli ambienti circostanti.

Ma avuto riguardo all'ampia portata della parola e, soprattutto, alla funzione di dare aria e luce agli ambienti, che vi prospettano, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio - quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, i distacchi, le intercapedini, i parcheggi - che, sebbene non menzionati espressamente nell'art. 1117 cod. civ., vanno ritenute comuni a norma della suddetta disposizione" (Cass. 9 giugno 2000, n. 7889).

Torniamo al tema proprio di questo approfondimento.

Apertura di una finestra, le norme

Quanto al concetto di finestre l'art. 900 del codice civile è chiaro nel distinguerle in due tipologie.

Recita la norma:

"Le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie: luci, quando danno passaggio alla luce e all'aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino; vedute o prospetti quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente".

Le successive disposizioni (artt. 901-907 c.c.) specificano, a seconda che si tratti di luci o di vedute, modalità e limiti di realizzazione di tali aperture.

Le norme relative a luci e vedute sono sempre applicabili o soffrono delle eccezioni?

Detta diversamente: le disposizioni in materia all'apertura di finestre trovano applicazione anche in ambito condominiale o la particolare conformazione conformazione proprietaria del condominio rappresenta un'eccezione?

Apertura di una finestra su un cortile condominiale

Come si diceva in precedenza, al riguardo la Corte di Cassazione si è diverse volte occupata della questione

Nel caso risolto con la citata sentenza n. 13874/10 un condomino, in corrispondenza del proprio bagno, aveva un'apertura del tipo "luce" e voleva trasformarla in veduta.

Essendo la stessa posizionata sul muro perimetrale prospiciente sul cortile comune, prima d'iniziare l'opera chiedeva il permesso all'assemblea di condominio. L'adunanza dei condomini glielo negava.

Ne scaturiva l'impugnazione della delibera (e nel frattempo un intervento nel processo di altri condomini e del successore a titolo particolare del comproprietario impugnante che nel frattempo aveva ceduto l'unità immobiliare).

Il giudizio è ruotato, tra le altre cose, intorno all'uso della cosa comune ex art. 1102 ed all'applicabilità in relazione al condominio negli edifici delle norme dettate in materia di luci e vedute.

Si è arrivati al giudizio di Cassazione dopo che nei due gradi di merito il condominio risultava soccombente.

La Corte di legittimità, nel respingere il ricorso della compagine condominiale, ha specificato che "in tema di condominio, ai sensi dell'art. 1102 cod. civ., comma 1, ciascun condomino è libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, purché non alteri la destinazione della cosa comune e consenta un uso paritetico agli altri condomini.

L'apertura di finestre ovvero la trasformazione di luce in veduta su un cortile comune rientra nei poteri spettanti ai condomini ai sensi dell'art. 1102 cod. civ. tenuto conto che i cortili comuni, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, ben sono fruibili a tale scopo dai condomini, cui spetta anche la facoltà di praticare aperture che consentano di ricevere aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, senza incontrare le limitazioni prescritte, in tema di luci e vedute, a tutela dei proprietari dei fondi confinanti di proprietà esclusiva" (così Cass. 9 giugno 2010 n. 13874).

Si badi: se però l'apertura è fatta su un bene in proprietà esclusiva, ad esempio su un cortile in proprietà individuale, allora questa deve rispettare le norme in materia di distanze per l'apertura di vedute dirette e balconi di cui all'art. 905 c.c.

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