Uso legittimo del muro perimetrale in caso di rifacimento
La sentenza in commento (Corte d'Appello L'Aquila n. 860/2020) tratta del muro perimetrale in comune tra più condòmini evidenziando come esso possa essere legittimamente utilizzato in caso di opere di rifacimento e, in particolare, quando può essere richiesta la riduzione in pristino dello stesso e le ipotesi di responsabilità per il risarcimento dei danni subiti.
Nel caso di specie si tratta, in particolare, di un giudizio di primo grado incardinato sia nei confronti del soggetto che effettua opere di rifacimento sul suddetto muro perimetrale sia nei confronti del Comune per omessa vigilanza ai sensi dell'art 2051 cod civ sulle opere eseguite.
Dopo aver esperito la consulenza tecnica d'ufficio al fine di verificare la regolarità urbanistica delle opere medesime, nonché l'interrogatorio formale degli attori, la domanda di primo grado viene rigettata con condanna al pagamento delle spese di lite.
Avverso la suddetta sentenza viene, quindi, proposto appello nel quale si chiede di: condannare l'appellato al ripristino dello status antecedente l'apertura della porta finestra sul muro perimetrale procedendo, quindi, alla chiusura della medesima ed al contestuale ripristino della sola apertura luce.
Si chiede, inoltre, al giudice adito di voler dichiarare l'illegittimità delle opere realizzate sul muro perimetrale e, per l'effetto, voler condannare l'appellato alla rimozione del muretto di recinzione nonché della cancellata sovrastante lo stesso.
Si chiede, infine, la condanna dell'appellato al risarcimento dei danni morali subiti nella misura di € 10.000 e, contestualmente, che venga accertata la "culpa invigilando" in capo al Comune con condanna dello stesso al risarcimento di € 10.000 a titolo di danni materiali e morali subiti dall'appellante.
Si costituisce il predetto Comune il quale chiede volersi dichiarare l'inammissibilità dell'appello, con rigetto nel merito perché infondato.
Si costituisce, altresì, la parte appellata la quale chiede il rigetto dell'appello medesimo perché inammissibile e/o infondato.
Considerata la complessità ed importanza del tema oggetto della citata sentenza, vale la pena di esaminare brevemente il contenuto dei motivi d'appello proposti: il primo ed il terzo motivo possono essere considerati unitariamente in quanto attinenti, di fatto, al merito della vicenda, in particolare: col primo motivo l'appellante ritiene che la sentenza di primo grado avrebbe, erroneamente, reputato legittima l'apertura sul muro perimetrale della porta finestra per il fatto che essa esisteva in quel punto da tempo immemorabile mentre con il terzo motivo, l'appellante ritiene che il giudice adito ha interpretato in modo inesatto le risultanze probatorie emerse in giudizio.
Muro perimetrale e modi d'uso: l'apertura di una porta finestra e lo stato preesistente
Ritiene l'appellante che in realtà, prima della costruzione della porta finestra, esisteva nel muro perimetrale solo una apertura per la luce e che, pertanto, la porta finestra sarebbe stata realizzata senza i necessari titoli urbanistici e senza il consenso dei condòmini.
Specificamente, i danni subiti dall'appellante in seguito alla costruzione della porta finestra consistono nell'interclusione del tratto stradale che quest'ultimo ha acquistato dal Comune.
L'appellato replica, sul punto, che la suddetta porta finestra esisteva da molto tempo ed era utilizzata per lo più per accedere al vano cantina; successivamente viene ridotta a finestra con l'intento di evitare, attraverso di essa, l'accesso alla strada e poi, nel momento in cui l'appellato acquista il tratto di strada dal Comune, l'opera ridiventava una porta.
Sostiene, inoltre, l'appellato che detta opera è stata dichiarata legittima dal punto di vista urbanistico ed inoltre lo stesso atto di compravendita del tratto stradale non è mai stato impugnato né tantomeno dichiarato nullo.
Il Comune, da parte sua, contesta i motivi d'appello enucleati ritenendo che le opere non sono state eseguite in violazione delle norme civilistiche, in particolare gli artt. 1102 e 1122 cod civ. Esposta, a grandi linee, la vicenda occorre verificare, dal punto di vista prettamente giuridico, se effettivamente l'opera realizzata sul muro perimetrale violi o meno le norme civilistiche sul diritto di proprietà.
Muro perimetrale e modi d'uso: il principio di diritto
La Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi più volte in tema di muro perimetrale: ricordiamo Cass Civ. n. 11288/2018 nella quale viene evidenziato che il muro perimetrale può essere sia muro portante, ovvero muro maestro atto a conferire stabilità all'intero edificio, sia privo di tale specifica funzione ma comunque è pur sempre muro comune e in quanto tale assicura una funzione conservativa rispetto agli agenti atmosferici (cfr Cass n. 24295/2014; Cass n. 16097/2003; Cass n. 1314/2002).
Per ciò che attiene, specificamente, al caso in esame, la Cassazione ha enucleato il seguente principio di diritto: è possibile per il condòmino utilizzare il muro perimetrale realizzando su di esso l'apertura di varchi e/o finestre per accedere più agevolmente alla propria abitazione o, comunque, al fine di godere di una utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condòmini purché non venga impedito a questi ultimi di utilizzare il suddetto muro perimetrale in modo analogo.
Non è, comunque, consentito alterare la normale destinazione del muro stesso né tantomeno porre in essere opere che possano alterare il decoro architettonico dell'edificio condominiale o pregiudicare la stabilità del medesimo.
Ad un attento esame delle motivazioni della sentenza di primo grado, si evince che, effettivamente, la trasformazione dell'apertura luce già esistente in porta finestra non ha, in alcun modo, cagionato delle limitazioni e/o diminuzioni nel godimento del bene in capo agli altri condòmini né tantomeno l'opera suddetta ha comportato un pregiudizio dal punto di vista estetico all'intero edificio oppure un rischio alla stabilità di quest'ultimo.
Di fatto, parte attrice, non ha fornito dei riscontri probatori in tal senso e appare, quindi, giustificato sia il rigetto della domanda in primo grado che la successiva domanda in sede di appello. L'aspetto fondamentale da evidenziare è che non è stato dimostrato in nessuno dei due gradi di giudizio che colui che ha realizzato la porta finestra abbia effettivamente violato i limiti di cui agli artt 1102 e 1122 cod civ. alla luce di quanto ritenuto dalla succitata sentenza della Suprema Corte n 11288/2018.
Inoltre, se anche vi fosse stato realmente, nel caso in esame, un difetto nelle autorizzazioni edilizie, ciò sarebbe stato ininfluente in mancanza di un effettivo pregiudizio al godimento del diritto di proprietà ai sensi del codice civile.
Parte attrice avrebbe potuto, sotto tale ultimo aspetto, agire in altre sedi, cosa che non ha fatto. Resta da analizzare il secondo motivo d'appello nel quale l'appellante lamenta che il Comune avrebbe alienato illegittimamente il tratto della strada antistante l'opera realizzata perpetrando, in tal modo, una presunta lesione del diritto di proprietà nei confronti dell'attore il quale riteneva di avere anch'egli interesse al godimento del suddetto tratto di strada.
Anche rispetto a tale doglianza, il giudice adito riteneva di doversi esprimere in senso negativo evidenziando, prima di ogni altra considerazione, che detta contestazione avrebbe dovuto essere presentata dinanzi al giudice amministrativo e non già in sede civile.
Alla luce di quanto esposto la Corte d'Appello di L'Aquila rigettava la domanda d'appello con condanna dell'appellante alla rifusione delle spese di lite sia in favore dell'appellato sia in favore del Comune.