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Il proprietario di un immobile pignorato è legittimato a partecipare all'assemblea di condominio

La Corte di Cassazione riapre il dibattito in merito alla individuazione del soggetto da convocare all'assemblea di condominio quando l'immobile esclusivo sia stato sottoposto a pignoramento.
Avv. Adriana Nicoletti 

Nell'ambito dell'espropriazione immobiliare il pignoramento rappresenta l'atto iniziale del procedimento del procedimento forzoso attraverso il quale vengono individuati determinati beni del debitore che sono vincolati per soddisfare il credito/i per i quali il creditore procedente agisce.

La ratio della procedura è rimasta invariata rispetto all'entrata in vigore dalla recente riforma del Codice di procedura civile.

Come stabilito nella normativa di riferimento, l'immobile pignorato può rimanere nella custodia del debitore, come per esso può essere nominato un custode giudiziario.

Proprio rispetto a quest'ultimo si è posta la questione che ha formato oggetto dell'ultimo provvedimento emesso dai giudici di legittimità.

Respinta l'impugnativa dei condomini per la partecipazione all'assemblea del condomino soggetto a pignoramento. Fatto e decisione

La Corte di cassazione, con ordinanza n. 29070 pubblicata il 19 ottobre 2023, ha respinto il ricorso presentato da alcuni condomini avverso la sentenza di secondo grado con la quale, a conferma di quanto deciso dal Tribunale, era stato negato l'annullamento di una delibera assembleare motivato con la illegittima partecipazione alla riunione del proprietario di un immobile sottoposto a pignoramento.

Infatti, avendo il giudice dell'esecuzione nominato il custode in data anteriore alla riunione assembleare, sarebbe stato questi a dovervi prendere parte.

A tale fine, inoltre, il voto espresso dal condomino esecutato era stato determinante per l'approvazione della delibera.

La decisione di rigetto del ricorso si è richiamata all'art. 586 c.p.c. il quale stabilisce che, quando il prezzo offerto per la vendita è giudicato congruo, il giudice dell'esecuzione pronuncia decreto di trasferimento del bene all'aggiudicatario, disponendo per gli ulteriori adempimenti.

Solo in questo momento - ad avviso della Corte - la proprietà passa dall'esecutato all'aggiudicatario e questo anche nel caso in cui l'immobile sia compreso in un edificio condominiale, per cui il debitore, che fino a tale momento è ancora il legittimo proprietario, "conserva la legittimazione a partecipare all'assemblea e alle relative deliberazioni, per la quota millesimale di sua spettanza, fino a quando non sia stato emesso il decreto traslativo, essendo detta legittimazione collegata allo status di condomino, e quindi alla titolarità del diritto dominicale sull'immobile medesimo".

La Cassazione, che ha osservato come nel caso specifico fosse stato nominato un custode del bene pignorato in persona diversa dal debitore, si è soffermata sull'analisi di tale figura che non è titolare di una autonoma posizione di diritto ma un ausiliario del giudice, con l'incarico di provvedere alla conservazione (svolgimento di attività necessarie perché il bene sia mantenuto nella sua efficienza e integrità, materiale e funzionale) e all'amministrazione del bene pignorato o sequestrato (ovvero sua gestione economica e produttiva), ma sempre sotto la diretta vigilanza del giudice, il quale stabilisce i criteri ed i limiti dell'amministrazione (art. 676, co. 1, c.p.c., dettato in materia di sequestro conservativo, ma ritenuto valido per tutte le custodie e amministrazioni giudiziarie del bene).

L'intero sistema normativo, come ricostruito, ha portato, quindi, la Corte ad affermare che "i poteri del custode sono quelli derivati direttamente dalla legge o determinati con provvedimento giudiziale, per cui in assenza di un'espressa previsione normativa ad hoc, e salvo che il giudice dell'esecuzione abbia fornito sul punto specifiche istruzioni operative, contenute nel provvedimento di nomina del custode o in altro successivo, la partecipazione alle assemblee condominiali non può ritenersi inclusa tra i compiti dell'ausiliario".

Considerazioni conclusive

Il fresco provvedimento emesso dalla Corte di cassazione (riferito a fattispecie verificatasi nel vigore della normativa precedente alla riforma introdotta dal D. Lgs. n. 149/2022) è nuovamente al centro di un vivace dibattito.

Va detto che le argomentazioni della Corte hanno preso le mosse dal testo dell'art. 1136 c.c. il quale, al primo comma, quando parla di partecipazione all'assemblea, fa riferimento ai "condomini" ed ai "partecipanti al condominio".

Ma dobbiamo anche ricordare che l'art. 66, co. 3, disp. att. c.c. dice che la convocazione deve raggiungere gli "aventi diritto", dando atto che il legislatore abbia voluto fare riferimento solo all'usufruttuario il quale, esercitando il diritto di voto per gli affari che attengono all'ordinaria amministrazione, deve essere necessariamente convocato all'assemblea.

Il secondo dato che ha determinato la Corte a pronunciare i principi qui richiamati, è il fatto che le disposizioni inerenti all'esecuzione forzata dovrebbero rappresentare un punto decisivo: fino a quando il giudice dell'esecuzione non emette il decreto di trasferimento la proprietà dell'immobile resta in capo al condomino esecutato il diritto di prendere parte all'assemblea e di esprimere il proprio voto.

Inoltre, essendo stato più volte affermato dalla giurisprudenza che i poteri del custode sono quelli che gli derivano direttamente dalla legge o dai diversi provvedimenti giudiziali (ex multis tra i più recenti Cass. sez. III, 10 novembre 2020, n. 25278), la stessa conclusione - sempre secondo il giudice di legittimità - si dovrebbe trarre nel caso della partecipazione dell'ausiliario ad un'assemblea di condominio.

A tale rilievo vogliamo aggiungere che questa attività non rientrerebbe nelle mansioni tipiche dell'incarico di custode, come specificamente indicate nell'art. 65, co. 1, c.p.c.

Ma, come anticipato, non tutti sono in accordo con tale orientamento visto che parte della giurisprudenza ritiene sussistente, nella fattispecie, la legittimazione del custode. Ad esempio, per il merito, il Tribunale di Cosenza (sez. I, 11 gennaio 2021, n. 62) opterebbe per una distinzione tra assemblea deliberante su argomenti afferenti all'ordinaria o straordinaria amministrazione: nel primo caso il custode sarebbe legittimato a partecipare alla riunione, nel secondo caso dovrebbe chiedere l'autorizzazione al Magistrato.

Peraltro, in passato, gli stessi giudici di legittimità (Cass. sez. I, 11 novembre 2005, n. 21858) avevano ritenuto che nell'ambito del sequestro preventivo penale che interessi una società per azioni (art. 321 c.p.p.) il diritto di intervento e di voto nelle assemblee, anche in ordine alla nomina o eventuale revoca degli amministratori spetta al custode nominato in sede penale.

Interessante la motivazione: la legittimazione del custode sarebbe un effetto naturale della misura cautelare in questione, che è quella di evitare che la "libera disponibilità" di una cosa pertinente al reato (come azioni o quote sociali; esercizio di diritti e delle facoltà ad essi inerenti) possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato medesimo, oppure agevolare la commissione di altri reati.

Decisione, poi, confermata nella sostanza in tempi successivi (Cass. sez. II, 20 agosto 2021, n. 23255) con una puntualizzazione: il vincolo di indisponibilità derivante dal sequestro preventivo penale, avente ad oggetto le unità immobiliari di proprietà individuale e le parti comuni di un edificio in condominio si estende all'intera vita condominiale in tutti i suoi aspetti e manifestazioni.

La stessa ratio, pertanto, potrebbe essere trasferita in ambito condominiale, là dove il condomino esecutato dovesse continuare ad esercitare il proprio ruolo dopo l'applicazione della misura cautelare.

Sentenza
Scarica Cass. 19 ottobre 2023 n. 29070
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