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Il condominio non è tenuto a pagare all'Inps i contributi non versati dalla impresa che ha l'appalto delle pulizie

La questione è stata già affrontata nel 2022 dalla Cassazione che però è arrivata ad una diversa conclusione.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento (art. 29, comma 2, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276). In ogni caso viene precisato che le disposizioni di cui al comma 2 non trovano applicazione qualora il committente sia una persona fisica che non esercita attività di impresa o professionale (art. 29, comma 3-ter, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276).

Tenendo conto della disciplina sopra detta è corretto affermare che, nell'ambito di un appalto del servizio pulizie in condominio, l'amministratore deve verificare la legittima posizione contributiva e previdenziale dei dipendenti della ditta, in quanto responsabile in solido con quest'ultima, per la posizione contributiva e fiscale dei dipendenti dell'impresa?

Il condominio committente quale responsabile in solido, al versamento degli oneri previdenziali e contributivi ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003

Secondo una decisione della Cassazione, la mancata o inesatta esecuzione dell'obbligo di consegna del DURC da parte dell'impresa di pulizie, esporrebbe il condominio committente quale per responsabile in solido, al versamento degli oneri previdenziali e contributivi ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003.

In quest'ottica l'amministratore di condominio è tenuto a chiedere alle aziende tutti i documenti necessari a dimostrare la loro regolarità a livello legale e di tutela della sicurezza dei dipendenti.

Non solo. Per la stessa tesi, a fronte dell'inadempimento, da parte dell'appaltatore, dell'obbligo di presentazione del DURC, il committente-condominio sarebbe legittimato a sospendere il pagamento delle prestazioni, ai sensi dell'art. 1460 c.c., stante l'esposizione del committente al rischio di rispondere in solido del versamento degli oneri previdenziali e contributivi ex art. 29 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276. Del resto si evidenzia che la predetta disposizione è stata introdotta dal legislatore per garantire un utilizzo corretto dei contratti di appalto, inducendo il committente a selezionare imprenditori affidabili, per evitare che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione si ripercuotano negativamente sui lavoratori.

Una tesi contraria: il "datore di lavoro" che, in alternativa all'imprenditore, è responsabile solidale ai sensi dell'art. 29 d.lgs. n. 276/ 2003, comma 2, non può identificarsi puramente e semplicemente con lo stesso committente-condominio

La tesi sopra espressa è stata smentita da una recente decisione della Cassazione (Cass. civ., sez. lav., 10/07/2023, n. 19514). La vicenda che ha portato all'ordinanza prendeva l'avvio dalla pretesa dell'INPS di ottenere da un condominio, in applicazione dell'art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003, il pagamento dei contributi non versati da una società, per due proprie dipendenti occupate nel servizio di pulizie presso il detto caseggiato nel periodo luglio 2012 gennaio 2016. Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso proposto dal condominio contro il verbale di accertamento ispettivo notificato dall'INPS, mentre la Corte d'Appello ribaltava la decisione del Tribunale, rigettando il ricorso in opposizione: in altre parole la Corte confermava i contenuti dell'accertamento ispettivo; secondo la stessa Corte il soggetto passivo della solidarietà, di cui al comma 2 dell'art. 29 d.lgs. n. 276 del 2003, doveva individuarsi nel committente imprenditore o datore di lavoro, mentre l'ultimo comma escludeva dalla solidarietà solo la persona fisica che non esercita attività di impresa o professionale; i giudici di secondo grado sottolineavano che il condominio non può essere considerato una persona fisica.

La Corte d'appello evidenziava come il condominio committente, seppure non impresa, fosse da ritenere "datore di lavoro" perché, in modo incontestato, le lavoratrici interessate dall'omissione contributiva prestavano l'attività di pulizia oggetto d'appalto nel palazzo e lo stesso condominio non aveva negato la "qualifica di datore di lavoro".

Lavori in condominio: committente e datore di lavoro

La Cassazione non ha ritenuto condivisibili la tesi dei giudici di secondo grado. Secondo i giudici supremi il "datore di lavoro" che, in alternativa all'imprenditore, è responsabile solidale ai sensi dell'art. 29 d.lgs. n. 276/ 2003, comma 2, non può identificarsi puramente e semplicemente con lo stesso committente.

La Cassazione esclude la sussistenza dei presupposti di operatività dell'obbligo di solidarietà in questione in capo al condominio.

Per questa opinione lo stesso obbligo presuppone la qualità di imprenditore o di datore di lavoro del committente, mentre per effetto del comma 3 bis la solidarietà è esclusa per le persone fisiche che non esercitano attività d'impresa o professionale. La Cassazione, quindi, esclude la solidarietà tanto per la persona fisica che appalta i lavori di ristrutturazione di un proprio immobile, quanto per il condominio; del resto il condominio, non svolge attività d'impresa, non partecipa per propri scopi istituzionali al decentramento produttivo e non assume, soprattutto ai fini lavoristici, un rilievo giuridico diverso da quello dei singoli condomini posto che si tratta di un ente di gestione dei beni comuni.

Sentenza
Scarica Cass. 10 luglio 2023 n. 19514
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