Con ordinanza emessa in data 13 aprile 2023, n. 9937, la Corte di Cassazione, Sezione III, si è pronunciata su due motivi di censura, in virtù di azione intrapresa da un locatore contro un conduttore, alla luce di contratto di locazione ad uso abitativo, chiedendo il pagamento dei canoni impagati e degli oneri condominiali non versati, dopo il rilasciato l'appartamento, ed i danni arrecati all'immobile.
Canoni versati in eccedenza dal conduttore in un contratto di locazione. Fatto e decisione
I ricorrenti con ricorso ex 447 bis c.p.c., intentavano il giudizio innanzi al Tribunale di Sondrio, per tale condanna; la convenuta si costituiva spiegando domanda riconvenzionale, chiedendo la condanna del locatore alla restituzione delle somme versate in eccedenza rispetto al canone indicato nel contratto scritto e registrato, previo accertamento della nullità relativa alla pattuizione, ex art. 13, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
Il Tribunale adito, con sentenza 30 ottobre 2017, rigettava la domanda riconvenzionale, ritenendola preclusa dal maturato termine semestrale di decadenza prevista dal comma 2 della menzionata disposizione ed accoglieva la domanda dei ricorrenti.
La Corte d'appello di Milano, con pronuncia del 22 giugno 2018, rigettava l'appello e confermava la decisione di prime cure.
Avverso la sentenza della Corte territoriale il conduttore proponeva ricorso in Cassazione adducendo due motivi di censura, resistevano con controricorso i locatori.
La Cassazione accoglieva il primo motivo di censura e dichiarava inammissibile il secondo.
La Suprema Corte nell'analisi della contesa rilevava l'erronea interpretazione della statuizione contenuta nell'art. 13, l. n.431/1998 (disciplina contratti di locazione per uso abitativo), relativa alla prescrizione del credito azionato in riconvenzionale dal conduttore.
Finalità di tale norma è quella rendere nullo un patto aggiunto relativo alla misura del canone e alla contrarietà della sua causa con la norma tributaria imperativa che impone l'obbligo della registrazione del contratto (Cass. civ. S.U. 17 settembre 2015, n. 18213).
Rispetto alla diversità dell'impianto di fondo con riferimento all'art. 79 legge n.392/1978 , lo stesso si inseriva in un provvedimento legislativo volto a sottrarre alle parti contraenti numerosi spazi di autonomia, sostituendo alle loro libere determinazioni uno schema negoziale in larga parte predefinito inderogabilmente dal legislatore; in questa prospettiva, i riferimenti alla misura del canone e alla durata del contratto operati non facevano altro che ribadire la natura imperativa degli artt. 1 e 12 ss. della medesima legge, così da confermare che l'eventuale presenza di clausole difformi avrebbe portato alla loro dichiarazione di nullità, in piena coerenza con gli artt. 1418 e 1419 cc.
La Corte territoriale riteneva non condivisibile l'orientamento interpretativo della granita giurisprudenza di legittimità, secondo cui il mancato rispetto del termine semestrale di decadenza comportava il rischio di vedersi eccepire la prescrizione dei crediti per i quali questa fosse già maturata e non poter recuperare i relativi importi, giusto comma 2, art. 13, l. n. 431/1998 (Cass. civ. sez. III, 26 maggio 2004, n. 10128).
Gli ermellini, in virtù di un principio sicuramente condivisibile, indicano che: "Il termine semestrale di decadenza, previsto dall'art. 13, comma 2, legge 9 dicembre 1998, n. 431 (ratione temporis applicabile), per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato, fa sì che, se l'azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore è esposto al rischio dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto fino al momento della riconsegna dell'immobile locato, il che si traduce nella inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione".
In conclusione, la Suprema Corte accoglieva il primo motivo di ricorso; dichiarava inammissibile il secondo; cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; rinviava la causa alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Considerazioni conclusive
La Cassazione mette in rilievo che il termine semestrale di decadenza previsto per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme sotto qualsiasi forma corrisposte dal conduttore in violazione dei limiti e dei divieti previsti dalla legge, fa) sì che, se l'azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore è esposto al rischio dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto fino al momento del rilascio dell'immobile locato; il che si traduce nella inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione (Cass. civ. 24 ottobre 2022, n. 31321; Cass. civ. 30 settembre 2014, n. 20554; Cass. civ. 07 febbraio 2014, n. 2829; Cass. civ. 17 dicembre 2010, n. 25638; Cass. civ. 07 luglio 2010, n. 16009; Cass. civ. 06 maggio 2010, n. 10964; Cass. civ. 16 ottobre 2008, n. 25274; Cass. civ. 13 agosto 2008, n. 11897; Cass. civ. 26 maggio 2004, n. 10128).