In un condominio, un bene comune può essere utilizzato da ogni proprietario senza alcun permesso degli altri, dell'amministratore o autorizzazione assembleare, purché sia rispettata la destinazione del bene e non sia impedito il parimenti uso del medesimo ai vari condòmini.
Si tratta di una regola che trova puntuale riconoscimento nell'art. 1102 del codice civile "Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto".
In ragione di questo principio, ad esempio, è possibile utilizzare le mura perimetrali di un fabbricato per l'installazione delle tubazioni conduttrici del metano ai vari appartamenti. In pratica, proprio ciò che è avvenuto nella vicenda oggetto di una recente sentenza del Tribunale di Catania.
Infatti, in un condominio, allo scopo di accedere alla fornitura del gas, una proprietaria aveva fatto uso dell'androne del fabbricato e, all'interno di questo, previo concerto coi tecnici deputati all'intervento, aveva collocato le diramazioni che avrebbero condotto il metano sino al suo appartamento posto al quinto piano dello stabile.
Si è trattato, però, di un intervento verso il quale l'assemblea condominiale ha fatto opposizione con tanto di delibera con cui ha indicato alla proprietaria di spostare le tubazioni all'esterno del fabbricato.
Ebbene, l'assemblea poteva fare ciò? Con la delibera in questione il consesso ha vietato l'uso di un bene comune? In tema di disciplina d'uso di un bene comune, quale potere è riconosciuto all'assemblea di un condominio?
Non ci resta che verificare come ha risposto a queste domande l'ufficio etneo.
Uso dei beni comuni: può essere vietato dall'assemblea?
L'assemblea di un fabbricato non può vietare l'uso delle cose comuni. In caso contrario, infatti, si verificherebbe un'illegittima compressione dei diritti dei singoli condòmini sui medesimi beni. Conferma tale conclusione anche la giurisprudenza (ex multis Tribunale di Roma sent. n. 11876 del 3 settembre 2020).
Del resto, in tema di norme contenute in un regolamento condominiale, è lo stesso codice civile a decretare il divieto descritto "le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni (art. 1138 co. 4° cod. civ.)".
Viceversa, l'assemblea condominiale può decidere, a maggioranza, di disciplinare l'uso dei beni comuni.
Bene comune: l'assemblea può disciplinarne l'uso?
Secondo la giurisprudenza di legittimità, opportunamente richiamata dal Tribunale di Catania, l'assemblea condominiale può decidere, a maggioranza, di disciplinare l'uso dei beni comuni.
In quest'ottica, quindi, il consesso può determinare le modalità d'uso del cespite oppure può modificare quella già in atto, poiché ritenute, ad esempio, meno onerose per l'interesse collettivo oppure più idonee "rientra nei poteri dell'assemblea del condominio il potere di disciplinare la gestione dei beni e dei servizi comuni, ai fini della migliore e più razionale utilizzazione di essi da parte dei condomini [...].
In definitiva, in tema di utilizzazione dei beni comuni, l'assemblea di condominio, con deliberazione presa a maggioranza, ha il potere di deciderne modalità concrete o di modificare, nell'interesse collettivo, quelle in atto ove accerti che queste sono divenute onerose ovvero che vanno sostituite con altre idonee modalità di utilizzo.
In tal caso il provvedimento, se non sottrae il bene comune alla sua destinazione principale o non ne impedisce l'uso paritario a tutti i condomini secondo il loro diritto, ben può essere adottato a maggioranza, trattandosi di una modificazione delle modalità di utilizzazione del bene o di svolgimento del servizio, che non incidono sul diritto di cui sono titolari i singoli condomini (Cass. civ. n. 7711/2007)".
L'assemblea, perciò, nel decidere l'uso di un bene comune, deve, soltanto, evitare d'impedirne l'utilizzo paritario per tutti e di alterarne la destinazione.
Ebbene, tornando al caso in commento, l'assembla aveva, praticamente, interdetto alla proprietaria di utilizzare le pareti dell'androne per appoggiare le diramazioni del gas, ordinando alla medesima di spostare le condotte all'esterno del fabbricato. Ciò era avvenuto a seguito di una perdita nell'impianto che, un po' per prudenza, un po' per mera opportunità, aveva, evidentemente, suggerito questa decisione.
Di contro, la proprietaria aveva impugnato il deliberato sostenendo che le era stato, indebitamente, vietato l'uso di un bene comune. Ciò poteva essere deciso solo dall'unanimità dei partecipanti al fabbricato e non con una votazione a maggioranza, così com'era avvenuto.
A quanto pare, però, il Tribunale di Catania non ha aderito a questa conclusione.
Per l'ufficio etneo, l'assemblea condominiale non aveva espresso alcun divieto, ma aveva solo esercitato il suo legittimo potere di disciplina dei beni e dei servizi comuni stabilendo che i tubi del gas venissero collocati sulle pareti esterne dello stabile. Ciò era ed è consentito dalla legge.