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I beni e servizi comuni in condominio

Nel presente approfondimento si pone l'accento sull'importanza delle parti comuni in condomini e regole per la fruizione da parte dei condomini.
Avv. Nicola Frivoli Avv. Nicola Frivoli 

Aspetti generali

Per comprendere la natura e l'importanza dei beni comuni condominiali occorre un rapido cenno storico-giuridico.

Il codice civile del 1865 non conteneva una vera e propria disciplina della proprietà condominiale limitandosi a regolare il regime delle spese delle spese di manutenzione per l'ipotesi in cui i diversi piani di una casa appartenessero a proprietari diversi e i titoli di proprietà non prevedessero in materia (artt. 562 e 563).

Soltanto col r.d.n. 56 del 1934 venne introdotta nell'ordinamento italiano una normativa organica sull'istituto del condominio e sulla disciplina delle cose comuni con la fissazione di alcuni principi basilari e soprattutto quello della indivisibilità delle parti comuni necessarie nonché quello della irrinunciabilità del diritto dei condomini.

Questi principi sono stati ribaditi dal codice civile del 1942, art. 1117 c.c. ha elencato espressamente le parti comuni dell'edificio, nell'art. 1118 c.c. ha stabilito il criterio della proporzionalità del diritto di ciascun condomino al valore del piano a lui appartenente nonché l'irrinunciabilità al diritto sulle cose comuni, nell'art. 1119 c.c. ha ribadito l'indivisibilità delle cose comuni, salva la possibilità della divisione che non renda più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino.

La legislazione successiva all'entrata in vigore della Costituzione ha conservata l'immunità della disciplina normativa del codice civile riguardante il condominio. Soltanto dopo il legislatore è intervenuto ispirandosi al perseguimento di interessi generali e affidandosi per l'attuazione delle misure previste ai meccanismi di funzionamento del sistema condominiale, ossia del quorum deliberativi delle assemblee.

Tali interventi si riferiscono in particolare all'abbattimento per le barriere architettoniche (l.n. 13 del 1989), all'incentivazione per la creazione di parcheggi (l.n. 122 1989), al risparmio energetico (l.n. 10 del 1991), al recupero edilizio negli edifici condominiali (l.n. 179 del 1992), il D.P.R. 380/2001 per gli adeguamenti afferenti l'impianto di ascensore e dell'impianto termico.

Sino a giungere alla riforma del condominio (l.11.12.2012 n.220), con una serie di modifiche ed aggiunte afferenti le norme contenute degli articoli del codice civile.

In particolare l'art. 1117 c.c, ove si definisce i beni oggetto di godimento comune, nonché si precisano le parti comuni, l'art. 1117 bis c.c., indica l'ambito di applicabilità del Capo II del codice civile, con l'art. 1117 ter c.c., si giunge alla modalità di modificazione delle destinazione d'uso dei beni comuni, l'art. 1117 quater c.c., pone l'accento sulla tutela delle destinazioni d'uso e con l'art. 1118 c.c., si sottolineano i diritti di ciascun condomino sulle parti comuni, sino a giungere al principio contenuto nell'indivisibilità della parti comuni nell'art. 1119 c.c. ed a quel principio contenuto dell'art. 1122 c.c. relativo alle opere sulle parti comuni o uso individuale, l'art. 1123 c.c. per la ripartizione delle spese dei servizi e beni comuni.

Tipologia dei beni comuni

Ai sensi dell'art. 1117 c.c. sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo, suddividendoli in:

  1. beni comuni necessari: sono tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
  2. beni comuni di pertinenza: sono le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune;
  3. beni comuni accessori: sono le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.

Caratteristiche

Si considerano beni comuni sia per la loro attitudine oggettiva al godimento comune sia per la concreta destinazione del bene al servizio comune. Chi vuole vincere la presunzione di comunione ha l'onere di fornire la prova della proprietà esclusiva, non hanno rilievo, a questo proposito, né le risultanze dell'eventuale regolamento di condominio, né l'eventuale inclusione del bene nelle tabelle millesimali, come proprietà esclusiva del singolo condomino poiché le tabelle millesimali non costituiscono fonte di prova, ma attengono solamente al riparto degli oneri condominiali tra i vari partecipanti alla comunione (Cass. civ. sez. II, 23 agosto 2007, n. 17928).

Al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c. occorre fare riferimento all'atto costitutivo del condominio e, quindi, al primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dell'originario proprietario ad altro soggetto.

Pertanto, se in occasione della prima vendita la proprietà di un bene potenzialmente rientrante nell'ambito dei beni comuni risulti riservata ad uno solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni.

Devono considerarsi beni comuni non solo quelli espressamente indicati nell'art. 1117 c.c., ma anche quelli ad essi assimilabili in relazione alla destinazione al comune godimento o al servizio delle proprietà esclusive. Comunque l'art. 1117 c.c. non è né esaustivo né inderogabile, ciò implica che beni possono aversi casi di condomini nei quali vi siano beni comuni che il codice civile non ha indicato ed, inoltre, che lo stesso bene indicato tra i beni comuni citati nel menzionato articolo, può invece essere di proprietà del singolo condomino, come ad esempio può accadere quando il costruttore, in sede di alienazione del singolo appartamento, ceda all'acquirente l'intera proprietà del solaio di copertura del fabbricato.

Sulla scorta di quest'ultima considerazione è evidente che, al fine di individuare quali sono i beni comuni, occorre risalire al momento della nascita del condominio e, quindi, l'amministratore deve a aver riguardo non solo a quanto disposto dall'art. 1117 c.c., ma anche agli originari contratti di alienazione e regolamento condominiale contrattuale richiamato, posto il "ruolo di gestione" assegnato dalla riforma del condomino allo stesso, alla luce dell'obbligo della tenuta del registro di anagrafe condominiale sancito dall'art. 1130, comma 1, n. 6 c.c., ove la cui violazione nella tenuta comporterebbe anche la possibilità di revoca del detto amministratore (art. 1129, comma 12, n. 7 c.c.).

Sicché l'amministratore nell'individuazione dei beni comuni deve sempre tener conto della presenza di un patto esplicito nell'atto di proprietà affinché il bene possa essere considerato di proprietà di un singolo condomino e che, in mancanza, il semplice silenzio determinerà la proprietà comune del bene. Pertanto il primo atto di vendita di un immobile contribuisce alla nascita del condominio, quindi è a questo momento che bisogna risalire per verificare se i beni identificati abbiano, o meno, natura di beni comuni (Cass. civ. sez. II, 27 maggio 2011, n.11812).

Presunzione di condominialità

In base all'articolo 1117 c.c. costituiscono oggetto di proprietà comune un'ampia serie di beni, che la norma elenca in modo meramente esemplificativo, purché il titolo non disponga diversamente.

Non sono mancate in passato dispute intorno alla natura della norma ed in particolare riferite alla qualità di presunzione semplice (e dunque superabile con qualsiasi prova contraria) o meno della regola ivi dettata, questione di non poco momento sul versante probatorio.

La lettera dell'articolo, però, non pare lasciar spazio a grandi dubbi ermeneutici nel richiedere espressamente un titolo che provi una situazione difforme dalla condominialità rispetto ad un determinato bene, essendosi del resto osservato che opinando nel senso di ritenere idonea a superare la presunzione una qualsiasi prova contraria si stravolgerebbe la stessa intenzione del legislatore, che non ha inteso dettare una norma suppletiva, che regoli il fenomeno in assenza di diversa manifestazione di volontà da parte dei partecipanti, ma piuttosto una norma dispositiva che risponde all'esigenza di dettare una disciplina (derogabile ma) uniforme.

Le stesse Sezioni Unite della Corte di cassazione, del resto, si sono espresse nel senso di non riconoscere alla norma natura presuntiva (Cass. civ., S.U., 7 luglio 1993, n. 7449) ha infatti affermato che "La norma dell'art. 1117 del c.c. stabilendo che: Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo", le cose in essa elencate nei nn. 1, 2 e 3, non ha sancito una presunzione legale di comunione delle stesse, come erroneamente si è affermato in alcune sentenze di questa Corte, ma ha disposto che detti beni sono comuni a meno che non risultino di proprietà esclusiva in base a un titolo che può essere costituito o dal regolamento contrattuale o dal complesso degli atti di acquisto delle singole unità immobiliari o anche dall'usucapione.

Ovviamente, un conto è l'indagine concernente il regime proprietario -esclusivo o comune- della res, altro conto è l'uso che della cosa può essere fatto; non tutti i beni presi in considerazione dall'art. 1117 c.c., infatti, sono suscettibili di un'utilizzazione separata, o in ragione di un'incorporazione fisica e di un naturale asservimento all'edificio stesso, non"immaginabile" senza determinate sue parti (si pensi al suolo su cui sorge, ai pilastri dell'edificio, alle travi portanti o alle fondamenta), ovvero in ragione della necessarietà di un bene al godimento di un servizio comune; deve allora ritenersi che tali parti dell'edificio rimangano destinate alla fruizione collettiva anche laddove un titolo contrario idoneo ne smentisca la proprietà condominiale.

Si è persino giunti, in talune occasioni, secondo gli ermellini, a considerare che: "In tema di condominio, le parti dell'edificio (locali per la portineria e per l'alloggio del portiere ecc.) indicate al n. 2) dell'art. 1117 cod. civ. - che, al pari di quelle indicate ai nn. 1) e 3) dello stesso articolo, sono oggetto di proprietà comune se il contrario non risulta dal titolo - sono anche suscettibili, a differenza delle parti dell'edificio di cui ai citati nn. 1) e 3), di utilizzazione individuale, in quanto la loro destinazione al servizio collettivo dei condomini non si pone in termini di assoluta necessità.

Pertanto, in relazione ad esse, occorre accertare se l'atto, che nel caso concreto le sottrae alla presunzione di proprietà comune, contenga anche la risoluzione o il mantenimento del vincolo di destinazione derivante dalla loro natura, configurandosi, nel secondo caso, l'esistenza di un vincolo obbligatorio «propter rem», fondato su una limitazione del diritto del proprietario e suscettibile di trasmissione, in favore dei successivi acquirenti dei singoli appartamenti, anche in mancanza di trascrizione" (Cass. civ., sez. II n. 6474/2005).

Diritti ed obblighi

I condomini hanno diritto di usare e godere dei beni e servizi comuni. Contropartita di tale diritto è l'obbligo, da parte dei condomini medesimi, di farsi carico, pro quota, delle spese necessarie alla conservazione e manutenzione di quegli stessi beni e servizi.

Si tratta di un'obbligazione reale, in quanto connessa alla con titolarità del diritto dominicale sui beni comuni. Detta obbligazione nasce come diretta conseguenza della comproprietà dei beni comuni, indipendentemente dalla misura dell'uso del singolo condomino faccia dei beni stessi.

Per quanto attiene alla ripartizione delle spese, i condomini devono farsi carico delle spese per la gestione dei beni condominiali ed, in particolare, delle spese che attengono alla conservazione, alla manutenzione e all'utilizzazione di tali beni (spese ordinarie e spese straordinarie).

Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell'unità immobiliare che gli appartiene (art. 1118 c.c. comma 1, c.c.). Il criterio per la identificazione delle quote di partecipazione al condominio derivando dal rapporto fra il valore dell'intero edificio e quello relativo alla proprietà singolo, esiste prima ed indipendentemente dalla formazione delle tabelle millesimali, la cui esistenza, pertanto, non costituisce requisito di validità delle delibere assembleari.

Modifica destinazione beni comuni

Per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l'assemblea, con un numero di voti che rappresenti quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell'edificio, può modificare la destinazione d'uso delle parti comuni.

La convocazione dell'assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati e deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione.

La convocazione dell'assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d'uso.

La deliberazione deve contenere la dichiarazione espressa che sono stati effettuati gli adempimenti sopra prescritti.

Sono vietate le modificazioni delle destinazioni d'uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico.

In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d'uso delle parti comuni, l'amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l'esecutore e possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie.

L'assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con la maggioranza prevista dal secondo comma dell'art. 1136 c.c. Va sottolineato che le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio (art. 1119 c.c.).

Vietato eseguire opere che danneggino le parti comuni

Va precisato che nell'unità immobiliare di proprietà del condomino ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio.

In ogni caso è data preventiva notizia all'amministratore che ne riferisce all'assemblea (art. 1122 c.c.) Ad esempio, devono ritenersi vietate tutte quelle modifiche che comportino un peggioramento del decoro architettonico del fabbricato; al riguardo, il decoro è correlato non solo all'estetica - che è data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato imprimendogli una determinata armonia complessiva - ma anche all'aspetto di singoli elementi o di singole parti dell'edificio che abbiano una sostanziale e formale autonomia o siano suscettibili per sé, di considerazione autonoma. È illegittimo l'uso esclusivo che il condomino faccia del bene comune: ad esempio, trasformi il lastrico solare condominiale in terrazza ad uso esclusivo.

La norma trova applicazione solamente in mancanza di norme regolamentari di natura contrattuale limitative della destinazione e dell'uso delle porzioni immobiliari di proprietà esclusiva di un edificio condominiale (Cass. civ. sez. II, 29 aprile 29.4.2005, n. 8883).

In conclusione.

I beni e servizi comuni sono fondamentali per le dinamiche della vita del Condominio e sono gestiti dall'amministratore di condominio, che in virtù delle sue attribuzioni stabilite dall'art. 1130 c.c., è garante del godimento degli stessi da parte dei condomini ed, allo stesso tempo, garante della sicurezza (art. 1130 n. 4 c.c.).

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