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Uso dei beni comuni: tra competenza e poteri del giudice

Controversie sui diritti e le modalità d'uso delle parti comuni: quale giudice è competente? Misure di coercizione indiretta per violazioni condominiali.
Avv. Mariano Acquaviva - Foro di Salerno 

«La tua libertà finisce dove inizia quella degli altri». Si tratta di una frase celeberrima attribuita a Martin Luther King. Mutuando questa meravigliosa espressione e trasferendola in ambito giuridico, possiamo affermare che in nessun altro contesto come in quello condominiale si disquisisce, praticamente ogni giorno, sull'utilizzo dei beni.

La compresenza, all'interno dello stesso edificio, di parti comuni e di parti private rende talvolta difficile comprendere cosa si può e cosa non si può fare. Con questo articolo ci soffermeremo su uno specifico tema: vedremo cosa dice la legge a proposito dell'uso dei beni comuni, qual è la competenza e quali sono i poteri del giudice.

Secondo un recente arresto giurisprudenziale (Tribunale di Brescia, sentenza 24 marzo 2021 n. 287), nel caso di controversia circa l'esistenza (o l'inesistenza) del diritto di usare le cose comuni per determinati fini, la competenza a giudicare spetta al tribunale e non al giudice di pace, il quale invece è competente nel caso di controversia circa le modalità d'uso della cosa comune.

Peraltro, sempre nella medesima sentenza, è stato stabilito che il giudice può adottare misure di coercizione indiretta di cui all'art. 614-bis c.p.c. in presenza dei veicoli in sosta nella corsia di transito e di manovra antistante l'autorimessa condominiale. Approfondiamo questi argomenti.

Uso della cosa comune: cosa dice la legge?

Secondo l'art. 1102 c.c., ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

Insomma, chi si trova in condominio può senza dubbio servirsi del cortile, dell'ascensore, dell'androne, del lastrico solare e di ogni altra parte comune, purché:

  • non venga modificata la destinazione d'uso del bene (un cortile non può essere adibito a parcheggio, ad esempio);
  • non si impedisca agli altri di goderne allo stesso modo (ad esempio, non è possibile precludere l'accesso al cortile comune apponendo una catena all'ingresso).

Ai limiti all'uso della cosa comune sopra elencati si aggiungono quelli (eventuali) del regolamento di condominio.

Va subito detto che solamente un regolamento di natura contrattuale, cioè un regolamento approvato all'unanimità oppure inserito nell'atto di acquisto di tutti i proprietari, può derogare a quanto previsto dalla legge e imporre restrizioni particolari.

Ad esempio, secondo il regolamento, alcune parti che la legge considera normalmente comuni possono essere attribuite alla titolarità (o all'uso esclusivo) solamente di un condomino. È il caso del lastrico solare, il quale può essere concesso in esclusiva al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio.

La competenza del giudice sull'uso della cosa comune

Il Tribunale di Brescia, con la sentenza in commento (24 marzo 2021 n. 287), ha stabilito che, quando si controverte in tema di abuso dell'esercizio del diritto sul bene comune, la competenza è del tribunale e non del giudice di pace.

Richiamando consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. Sez VI-2, 10 aprile 2015, n. 7239 e n. 2571/16), quando si contesta in radice il diritto ad un determinato uso della cosa comune e non si tratta, quindi, di decidere in merito alla modalità d'uso dei beni comuni, ma di valutare o meno se uno specifico utilizzo sia o meno consentito, la competenza a decidere è del tribunale.

Al contrario, quando si controverte in tema di modalità d'uso della cosa comune, senza contestazione del diritto sulla parte comune, allora la competenza è del giudice di pace: ai sensi dell'art. 7, comma terzo, nr. 2), c.p.c., infatti, il giudice di pace è sempre competente, a prescindere dal valore, «per le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case».

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Dunque, se, come nel caso affrontato dal Tribunale di Brescia, il ricorrente lamenta l'occupazione illegittima del suolo antistante il parcheggio condominiale, la competenza spetta al tribunale, in quanto l'oggetto della controversia riguarda la contestazione in radice di un diritto che non si dovrebbe possedere.

La legittimazione ad agire nel caso di abuso in condominio

Sempre secondo il Tribunale di Brescia, il singolo condomino può agire in giudizio per far rispettare la legge e il regolamento, anche in caso di inerzia dell'amministratore, in quanto il condominio è un ente privo di autonomia giuridica.

Secondo la Suprema Corte (ex ceteris, Cass. 7891/00; Cass. 1011/10; Cass. n. 25288/2015), «Configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l'esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l'amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà ad agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti l'edificio condominiale, né, di conseguenza, di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata assunta dall'amministratore».

Pertanto, il singolo condomino è legittimato ad agire in giudizio autonomamente nel caso di violazione del regolamento condominiale. Nel caso di specie, l'attrice adiva il tribunale per veder rispettata la disposizione regolamentare che vietava di parcheggiare gli automezzi in prossimità delle curve, degli accessi ai singoli box o in zone ristrette, ostacolando in tal modo la libera circolazione e l'eventuale accesso ai mezzi di soccorso e/o di pronto intervento.

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I poteri del giudice nel caso di abuso condominiale

La sentenza del Tribunale di Brescia si segnala infine per un ulteriore aspetto, cioè per la possibilità, in capo al giudice, di avvalersi delle misure di coercizione indiretta per scoraggiare le violazioni condominiali.

Il Tribunale di Brescia, appurando effettivamente la violazione degli artt. 1102 e 1117 del c.c. nonché del regolamento di condominio, accoglie la richiesta di parte attrice ex art 614-bis c.p.c., fissando la somma a carico di ogni trasgressore per ogni successiva violazione, determinata in via equitativa un importo pari a 40 euro.

Insomma: nel caso di violazione del regolamento condominiale, il giudice può fissare, a carico dei futuri trasgressori, una somma da pagare nel caso di violazione. Il provvedimento di condanna costituisce peraltro titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza.

Sentenza
Scarica Trib. Brescia 24 marzo 2021 n. 287
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