In tema di cause condominiali, qualunque sia la natura della controversia, le parti devono rivolgersi al giudice del circondario nel cui ambito è ubicato l'edificio in condominio.
L'art. 23 del codice di procedura civile, infatti, prevede una riserva di competenza territoriale per questi uffici giudiziari.
Sull'applicazione della norma non manca la giurisprudenza volta a darle un significato concreto.
Giudice competente per le controversie condominiali
Una pronuncia che merita menzione per particolare chiarezza, oltre perché conforme al pressoché unanime orientamento giurisprudenziale, è stata l'ordinanza n. 9071 del 18 aprile 2014 resa dalla Suprema Corte di Cassazione.
La parte che intenda rivolgersi ad un giudice per la tutela dei propri diritti, prima di farlo, deve individuare il giudice competente a occuparsi della vicenda.
Detta fuori dal linguaggio giuridico, la competenza altro non è che l'ambito nel quale lo specifico ufficio giudiziario è chiamato a risolvere le controversie sottoposte alla sua attenzione.
Salvi i casi in cui la legge preveda delle riserve di competenza assoluta per uno specifico ufficio giudiziario (si pensi al Tribunale per le controversie relative alla nomina o revoca, o il giudice di pace per quelle sulla misura d'uso dei beni comuni), solitamente per la determinazione della competenza è necessario guardare due parametri:
a) il valore della controversia;
b) il luogo del fatto o il luogo in relazione alle parti in causa.
Così, ad esempio, per le cause riguardanti beni mobili in cui valore non superi € 5.000,00 (si pensi alle cause aventi ad oggetto pagamenti) è competente il giudice di pace.
Rispetto al giudice di pace, rectius giudice onorario di pace, il trasferimento delle maggiori competenze in termini di valore economico delle controversie e per materia inizialmente previste stabilite per il 31 ottobre 2021, ad opera del d.lgs n. 117/16, sono state spostate in avanti al 31 ottobre 2025 dal d.l. n. 162/2019 conv. in L. 8/2020.
Cause condominiali, la competenza per territorio
Per capire, poi, se è competente il giudice di pace di Roma o quello di Napoli piuttosto che di Milano, è necessario guardare al luogo di residenza o dimora del convenuto (art. 18 c,p.c.) ed in alcuni casi anche all'oggetto del contendere.
Così, per portare un esempio concreto, per le cause relative a diritti di obbligazione (si pensi al diritto a vedere pagato la prestazione eseguita in ragione di un contratto) è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio (art. 20 c.p.c.).
Nel caso del condominio, il codice di procedura civile prevede una riserva di competenza territoriale. Recita l'art. 23 c.p.c.:
Per le cause tra soci è competente il giudice del luogo dove ha sede la società; per le cause tra condomini, ovvero tra condomini e condominio, il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi.
Tale norma si applica anche dopo lo scioglimento della società o del condominio, purché la domanda sia proposta entro un biennio dalla divisione.
Una disposizione all'apparenza molto chiara.
Cause condominiali e la competenza per territorio la giurisprudenza
In claris non fit intepretatio, recita il brocardo latino.
Eppure l'applicazione concreta delle norme ci dice che non è così.
Nella causa risolta dalla Cassazione con l'ordinanza n. 9071, il ricorrente per Cassazione lamentava l'erronea applicazione dell'art. 23 del codice di rito.
A suo dire essa riguarda esclusivamente le controversie aventi ad oggetto diritti reali e non anche quelle che, pur riguardando rapporti condominiali, hanno ad oggetto rapporti obbligatori.
Gli ermellini, sulla scorta del proprio consolidato, sostanzialmente unanime, orientamento si sono pronunciati in senso opposto.
Si legge in sentenza che . secondo una lettura sistematica e teleologica dell'art. 23 cod. proc. civ. [...], alla luce anche della ratio legis del foro speciale stabilito per le cause condominiali e per le cause societarie, qualunque controversia che insorga nell'ambito condominiale per ragioni afferenti al condominio, senza differenza tra rapporti giuridici attinenti alla proprietà, all'uso e godimento delle cose comuni o al pagamento dei contributi condominiali, quand'anche veda contrapposto un singolo partecipante a tutti gli altri, ciascuno dei quali è singolarmente rappresentato dall'amministratore, è perciò sempre una controversia «tra condomini», la cui cognizione ratione loci spetta, esclusivamente e senza alternative, al giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi, atteso che il condominio non è un soggetto dotato di una propria personalità, sia pure attenuata, o di una propria autonomia patrimoniale rispetto ai soggetti che ne fanno parte.
Deve, dunque, ritenersi che nell'ambito delle cause «tra condomini» di cui all'art. 23 cod. proc. civ. rientrino anche le controversie - come quella in oggetto - promosse dal singolo condomino nei confronti dell'amministratore del Condominio per il risarcimento danni che si assumono derivati dalle parti comuni" (Cass. ord. 18 aprile 2014 n. 9071).
Insomma si tratti di debiti verso il condominio, di richiesta di risarcimento danni del condomino alla compagine o di controversie sull'uso delle cose comuni o magari sulla rivendicazione della proprietà dei beni, gli uffici giudiziari competenti sono sempre quelli del circondario del luogo in cui è ubicato l'immobile.