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Legittimazione passiva dell'amministratore in materia di risarcimento danni e effetto del giudicato su una delibera specie a contenuto negativo e successivi poteri dell'assemblea

L'amministratore di condominio ha legittimazione passiva autonoma per il caso di risarcimento danni? Come si concilia l'effetto della decisione processuale con il contenuto di delibera assembleare? Cosa può disporre successivamente l'assemblea?
Avv. Anna Nicola - Foro di Torino 

Rappresentanza processuale dell'amministratore

Com'è noto, la rappresentanza processuale dell'amministratore di condominio sancita dall'art. 1131 c.c. è lo specchio delle attribuzioni conferitegli sul piano sostanziale dall'art. 1130 c.c.

Si suole distinguere tra legittimazione attiva e legittimazione passiva del mandatario dello stabile a seconda che il condominio sia rispettivamente attore o convenuto in giudizio, cioè rivesta il ruolo di chi promuove la vertenza o di chi invece la subisce perché convenuto nel processo.

L'art. 1131 c.c. dispone che "Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio...".

Sulla scorta del diverso tenore dei due commi di questa norma, si suole affermare che sotto il profilo attivo l'amministratore ha la rappresentanza processuale nei limiti di legge e regolamento mentre sotto quello passivo si discute se si tratti di poteri a tutto campo o se debbano operare gli stessi limiti che esistono sul lato attivo.

Legittimazione amministratore condominio per risarcimento danni, quali limiti al potere?.

Di recente è intervenuta la Corte di Cassazione n. 2127 del 29 gennaio 2021, interpellata in merito ad una fattispecie di legittimazione a resistere in giudizio da parte dell'amministratore per il caso di impugnazione di delibera assembleare.

Questa decisione ha aderito all'orientamento dominante che ritiene che si tratti di legittimazione passiva autonoma.

Nel caso di specie si trattava di danni da infiltrazioni subite dall'unità immobiliare di un condomino a causa di difetto di manutenzione di bene condominiale. La delibera impugnata era relativa alla proposta transattiva del giudizio radicato dal condomino che lamenta il risarcimento danni per queste infiltrazioni.

La decisione assembleare era di contenuto negativo, disponendo di non accettare la transazione proposta.

Il condomino si è visto rigettare la domanda di annullamento di questa delibera in entrambi i giudizi di merito. Ha portato quindi la questione all'attenzione della Suprema Corte, il cui esito tuttavia anche questa volta è stato a lui contrario.

Legittimazione amministratore condominio per risarcimento danni, i principi di diritto

Il primo principio di diritto evidenziato da questa decisione è che spetta in via esclusiva all'amministratore del condominio la legittimazione passiva a resistere nei giudizi promossi dai condomini per l'annullamento delle delibere assembleari, ove queste non attengono a diritti sulle cose comuni.

Ne consegue che poiché l'amministratore è l'unico legittimato passivo nelle controversie ex art. 1137 c.c., in forza dell'attribuzione conferitagli dall'art. 1130, n. 1, c.c., e della corrispondente rappresentanza in giudizio ai sensi dell'art. 1131 c.c., allo stesso spetta la facoltà di gravare la relativa decisione processuale, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea.

Il principio non muta nel caso di vertenza attinente alla domanda di risarcimento dei danni derivati al singolo condomino o a terzi per difetto di manutenzione di un bene condominiale, essendo l'amministratore comunque tenuto a provvedere alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio ai sensi dell'art. 1130, n. 4, c.c.

Infatti questa conclusione deriva dal potere - dovere dell'amministratore di "compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio", come previsto dall'art. 1130, n. 4, c.c.: il mandatario ha la conseguente autonoma legittimazione processuale attiva e passiva, ex art. 1131 c.p.c., in ordine alle controversie in materia di risarcimento dei danni, qualora l'istanza appaia connessa o conseguenziale alla conservazione delle cose comuni.

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Quanto fin qui detto deriva dal fatto che il potere dell'amministratore di rappresentare il condominio nelle liti proposte contro il medesimo di cui all'art. 1131 c.c., nell'ambito delle attribuzioni conferitegli a norma dell'art. 1130 c.c., deriva direttamente dalla legge e non può soffrire limitazioni né per volontà dell'amministratore né per deliberazione della assemblea.

La valenza della clausola regolamentare

Nel caso di specie vi era una specifica clausola che disponeva che l'amministratore dovesse sempre essere munito di autorizzazione assembleare salvo i casi di condomino moroso e di urgenza.

Il Supremo Collegio ha concluso sul punto che la clausola contenuta in un regolamento condominiale secondo cui l'autorizzazione a stare in giudizio, anche se deliberata a maggioranza qualificata, non ha efficacia giuridica, anche ove di natura contrattuale perché assunto per mutuo accordo tra tutti gli originari condomini.

A norma dell'art 1138 c.c. tra le disposizioni inderogabili vi è anche l'art 1131 c.c. in tema di rappresentanza processuale dell'amministratore.

Giudicato esterno

Altra questione molto interessante affrontata dalla Suprema Corte nella decisione in esame attiene alla formazione e valenza del giudicato esterno di altra decisione emessa nei confronti del medesimo condominio.

Nel caso di specie se è pur vero che il condomino abbia indicato la sentenza non ha però individuato i motivi di attinenza, non avendo individuato le statuizioni di quella pronuncia che dovrebbero fornire fondamento all'opponibilità dell'invocato effetto preclusivo derivante dal giudicato formatosi nell'altro giudizio.

Si tratta di presupposto necessario per permettere al giudice di legittimità le indagini e gli accertamenti necessari, anche di fatto.

Esclusa l'applicazione del principio dell'apparenza del diritto nei rapporti tra condominio e condomino.

Peraltro, nel caso di specie si trattava di impugnazione di delibera assembleare operata da altro condomino, che quindi non può fare stato nel giudizio coinvolgente altro condomino.

La Corte poi evidenzia che la sentenza di annullamento di una delibera assembleare ha solo effetto caducatorio, e non anche effetto costitutivo per l'assemblea o per l'amministratore.

L'efficacia preclusiva e precettiva del giudicato di annullamento di una delibera condominiale è meramente negativa, perché pone soltanto un limite all'esercizio dell'attività di gestione dell'assemblea, impedendole di riapprovare un atto affetto dagli stessi vizi, atto che sarebbe altrimenti a sua volta invalido.

Giudicato su delibera a contenuto negativo

Volendo ricercare un'efficacia più intensa, essa può essere rinvenuta nel giudicato di invalidità caduto su una deliberazione avente contenuto negativo: poiché questa rifiuta proposte o richieste, deriva dalla conseguente sentenza di annullamento un obbligo di assumere la decisione illegittimamente rigettata.

Efficacia verso tutti i condomini

La Suprema Corte ricorda poi che la sentenza di annullamento resa ai sensi dell'art. 1137 c.c. ha effetto nei confronti di tutti i condomini, anche se non abbiano partecipato direttamente al giudizio di impugnativa.

L'ampliamento dell'efficacia del giudicato a tutti i componenti dell'organizzazione condominiale è dato dalla stessa definizione del condominio quale ente di gestione, cioè collettività di soggetti, quindi coerente col disposto del primo comma dell'art. 1137 c.c., per cui le deliberazioni prese dall'assemblea sono obbligatorie per tutti i condomini.

Non è infatti pensabile che la delibera annullata giudizialmente venga rimossa per l'impugnante e rimanga invece vincolante per gli altri comproprietari.

Precedente giudiziario

Il Supremo Collegio spiega inoltre che l'annullamento, con sentenza passata in giudicato, di una deliberazione dell'assemblea, impugnata da un condomino per violazione di una norma del regolamento condominiale, non determina (al di fuori dei casi e dei modi previsti dall'art. 34 c.p.c.) il giudicato sulla validità della stessa disposizione regolamentare, la cui conformità, o meno, a norme imperative di legge può essere oggetto di un successivo giudizio tra le medesime parti.

La pronuncia relativa alla validità della deliberazione dell'assemblea dei condomini concernente la costituzione in giudizio del condominio non costituisce giudicato esterno con riguardo a distinte delibere del medesimo consesso aventi analogo oggetto: non si tratta di precetto normativo, che fissa la regola del caso concreto, obbligando il giudice davanti al quale venga invocata ad accertarne, in ogni stato e grado, l'esistenza e la portata; se del caso, può valere come precedente giurisprudenziale, dal quale il giudice può avere un eventuale orientamento.

In questo caso non deve dimostrare esplicitamente l'infondatezza o la non pertinenza rispetto al nuovo caso da decidere, poiché si tratta di fattispecie diversa.

Sentenza
Scarica Cass. 29 gennaio 2021 n. 2127
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