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Beni comuni non censibili, cosa sono?

I beni comuni non censibili sono quelle porzioni che non hanno alcuna autonoma capacità reddituale.
Avv. Alessandro Gallucci 

Molto spesso in condominio si sente parlare di beni comuni non censibili: a quali parti dell'edificio s'intende fare riferimento con questa locuzione?

L'esistenza di beni comuni non censibili allude automaticamente alla presenza di beni comuni censibili?

Rispondere a queste domande è utile per comprendere come catastalmente vengono ad essere considerate le parti comuni di un edificio, ma sicuramente non per dirimere controversie in ordine all'appartenenza di parti dell'edificio.

Catasto fabbricati

Varie sono le norme che disciplinano il catasto edilizio urbano, altrimenti noto come catasto fabbricati. Svariati i progetti e tentativi di riforma, tutt'ora in corso.

Certo è che fino ad una completa ed organica disciplina di modificazione del sistema vigente, due sono le norme fondamentali di riferimento per il così detto N.C.E.U. (acronimo di nuovo catasto edilizio urbano), ossia:

  • il regio decreto legge n. 652/1939, poi convertito in legge n. 1249/1939;
  • il d.p.r. n. 1142/49.

A che cosa serve il catasto edilizio urbano?

Quando fu approvata la legge che lo istituiva, gli scopi erano 2:

  • accertare le proprietà immobiliari urbane e determinarne la rendita;
  • costituire un catasto generale dei fabbricati e degli altri immobili urbani che si denomina nuovo catasto edilizio urbano.

Il censimento a fini probatori perde la sua utilità in ragione della esistenza dei pubblici registri immobiliari e del sistema delle trascrizioni, che svuota di valore probatorio, lo vedremo in seguito, le risultanze catastali.

Attraverso il catasto, dunque, si censiscono gli immobili, secondo le modalità ed istruzioni contenute nel d.p.r. n. 1142/1949 e gli si attribuisce una rendita utile ai fini del calcolo delle imposte fondiarie.

Beni comuni non censibili

Fondamentale, ai fini del calcolo della rendita catastale e più in generale dell'accatastamento, è il concetto di unità immobiliare. L'art. 3 del regio decreto legge n. 652/1939 definisce l'unità immobiliare come «ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio».

Ogni unità immobiliare, poi, si compone di uno o più vani che, in ragione delle loro caratteristiche concorrono a fare attribuire alla medesima una classe, una categoria e quindi una rendita.

Come s'intuisce dalla definizione, affinché un bene sia considerabile unità immobiliare ai fini dell'accatastamento, è necessario che sia un grado di produrre reddito.

Se un bene non produce reddito e per di più è comune a più unità immobiliari - si pensi alle scale, agli androni, in alcuni casi i cortili, ecc. - esso viene detto bene comune non censibile, ovvero un bene che catastalmente non ha alcun valore e quindi non dev'essere censito, ovvero accatastato ai fini dell'attribuzione di una rendita.

Le norme disciplinanti le attività di accatastamento sono sempre state molto incerte sul punto. Il riferimento normativo, o meglio il riferimento documentale cui bisogna guardare per avere certezze in merito è una circolare del Ministero delle Finanze, più nello specifico la n. 2 del 20 gennaio 1984.

Come si accatastano le pertinenze condominiali?

In questo documento, i beni comuni non censibili sono definiti come quelle porzioni:

  • che non hanno alcuna autonoma capacità reddituale:
  • che sono comuni tutte o ad alcune delle unità immobiliari per destinazione o per la specifica funzione di utilizzazione indivisa.

La circolare n. 2/84 specifica altresì che, per quanto beni comuni non censibili, le porzioni di edificio succitate devono comunque essere rappresentate nell'elaborato planimetrico destinato al deposito assieme alla documentazione utile per l'accatastamento delle unità immobiliari.

Il medesimo atto ministeriale, in relazione all'opportunità di attribuire un subalterno (elemento numerico identificante la singola unità immobiliare) specifica altresì che l'attribuzione di tale identificativo non è obbligatoria, ma è lasciata alla discrezionalità di chi presenta l'accatastamento.

In questo contesto, disse allora il Ministero, è «opportuno suggerire, allorché non sussistono validi motivi in contrario, che alle porzioni comuni non censibili godute da uno stesso insieme di u.i. si attribuisca un medesimo subalterno, anche se poste su piani diversi e non contigue (ad esempio: androne, scale, accesso esterno, ascensore, ecc.)».

Foglio, particella e subalterno

Come dire: in un palazzo di dieci piani, le scale dal primo piano all'ultimo e assieme ad esse tutti gli altri beni comuni non censibili è bene che siano raggruppati ed individuati da un unico subalterno.

Valore probatorio delle risultanze catastali

È pacifico in giurisprudenza che ciò che è scritto in catasto non sia vincolante ai fini dell'accertamento della proprietà d'un bene (si veda ad es. Cass. 5 dicembre 2013, n. 27296).

Come dire: se in catasto l'unità immobiliare X risulta intestata al sig. Tizio, ove sorgano controversie sulla sua proprietà, quell'intestazione non è comunque elemento vincolante per il giudice chiamato a dirimere la controversia.

Lo stesso dicasi per i beni comuni non censibili. Le scale, ad esempio, che sono considerate tali a livello catastale, potrebbero in virtù d'una specifica disposizione pattizia essere considerate bene di proprietà esclusiva e quindi aversi la necessità di un correttivo delle risultanze catastali per adeguarlo allo status giuridico proprio di quella porzione di edificio.

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